BREVI NOTIZIE SUL REGNO DI NAPOLI
A cura di Gennaro De Crescenzo Premesse Napoli ? una citt? "stratificata": la storia, l'arte, l'architettura, la musica, il nostro modo di pregare e di mangiare, di bere e di gesticolare, di parlare e di vivere: tutto ? legato ai tanti cordoni ombelicali che ci portiamo con noi da tutti questi anni. Siamo un popolo antico ma non vecchio, che accumula e stratifica per continuare a "vivere sopra" a ci? che ? passato, pietra di tufo o parola greca. Per questo siamo l'unica citt? al mondo ad avere un centro storico vivo dove, cio?, a differenza di altri centri storici come quello di Roma o Atene, ad esempio, si vive esattamente nei luoghi dove vivevamo prima, casa su casa, trattoria su trattoria, chiesa su tempio, senza interruzioni, come se il tempo non fosse passato, come in quei presepi dove il tempo si ferma e che solo noi sappiamo riconoscere e amare a Natale, costruendo le nostre cucine sui sedili del teatro romano a via San Paolo, affacciandoci da un balcone piantato in una torre spagnola a Porta Nolana o giocando a pallone sulle porte della chiesa della Pietrasanta ai Tribunali. Ed ? questo che andrebbe capito, valorizzato ed utilizzato ancora oggi. Napoli tra Medioevo ed et? moderna "Gli edifici sono grandi e et magnifici: molte case vi sono splendide, infiniti templi bellissimi et con solennit? coltivati; la citt? per tutto ? pavimentata con selici che per ogni tempo sta pulitissima, piena di giardini amenissimi e di fontane vive". Sono le parole usate da Borso d'Este in una lettera inviata al fratello a Ferrara per descrivere la citt? di Napoli nel 1444. Poche citt? in Italia e nel resto del mondo avrebbero potuto vantare una simile descrizione negli stessi anni. La lettura che in genere si fa della storia della nostra citt? ? spesso condizionata da semplificazioni o da approfondimenti eccessivi. E' opportuno, forse, vista anche la finalit? del corso, leggere "in positivo" la nostra storia. Senza negare verit? oggettive ma cercando di dare uno spazio maggiore a ci? che di concreto, reale e bello abbiamo ereditato da oltre duemila anni di greci, romani, normanni, svevi, angioini, aragonesi, francesi o spagnoli. E con un'altra necessaria premessa: ha vinto sempre, anno, per anno, secolo per secolo, la nostra cultura, quella della nostra citt? e del nostro popolo, capace di cambiare e di conservare, di assimilare e di condizionare, nella pittura come nell'architettura, nella lingua come nella letteratura. Ed ? facile, allora, seguire un percorso che si basi quasi esclusivamente sulle tracce e sui resti di ci? che siamo stati e che abbiamo perduto, dimenticato o conservato in questi oltre duemila anni di storia o, nel nostro caso, in questi ultimi due secoli di storia. Non a caso abbiamo citato quella descrizione relativa ad un periodo pi? antico: parliamo della Napoli tra Medioevo ed et? moderna, una Napoli poco conosciuta ma ricca di spunti che potrebbero allargare le nostre conoscenze. Anche nella Napoli tra XII e XVII secolo possiamo rintracciare esempi e testimonianze di una grande civilt? che rendono difficoltosa la successiva definizione di un'epoca "moderna" contrapposta a quella "medioevale". Negli stessi anni della descrizione citata prima e della realizzazione della famosa Tavola Strozzi che ci rende l'idea di un tessuto urbanistico che si sviluppava in maniera organica e armoniosa, un altro cronista imparziale del tempo, Francesco Bandini, poteva scrivere: "qui non si sentono gli urtamenti, dei cittadini, le repulse, le sedizioni, le strida degli oppressi, qui non si vede mutazione di fortuna [...], qui la giustizia pi? dritta e pi? incorrotta che in luogho del mondo si serva". Le piante e le vedute della Napoli del Seicento, insieme alle tantissime testimonianze culturali (quadri, affreschi, chiese, monumenti, opere letterarie in lingua napoletana) ci dimostrano la ricchezza di un periodo storico ancora tutto da studiare e da approfondire. Il Barocco napoletano sintetizza pi? di qualsiasi altro stile, forse, i contrasti di una cultura e di un momento storico che alternava pestilenze e Caravaggio, eruzioni e Fanzago, rivoluzioni e macchine da festa, splendori e miserie, ori e neri. Nel 1631 la citt? vive uno dei momenti pi? drammatici della sua storia: un'eruzione violentissima del Vesuvio che spinse la lava fino all'ingresso della citt? presso il Ponte della Maddalena dove, secondo una diffusa tradizione testimoniata da una statua ancora esistente in quel luogo, San Gennaro portato in processione dal popolo ferm? il pericolo incombente con un semplice gesto della mano. Nel 1647 scoppia una delle rivoluzioni pi? famose del mondo, quella del pescivendolo Masaniello che riusc? a guidare il popolo oppresso dalle eccessive gabelle contro il vicer? e i nobili locali: tradito da alcuni compagni e da una misteriosa pazzia sopraggiunta dopo una festa organizzata per lui presso il palazzo vicereale, fu ucciso presso il convento del Carmine e lungamente rimpianto dal popolo pentito di averlo abbandonato solo dopo la sua morte. Quella di Masaniello ? una storia che, come il secolo in cui si svolse, contiene in s? tante luci e tante ombre che sarebbero ancora da approfondire magari partendo dalle tantissime cronache dell'epoca conservate presso le nostre biblioteche (in testa quella della Societ? Napoletana di Storia Patria) o dalle puntuali ricerche effettuate da Bartolommeo Capasso, uno dei pi? grandi storici mai vissuti a Napoli. Dopo pochi anni la peste del 1656 sconvolse tutto il Regno riducendo quasi di due terzi la popolazione della capitale: le testimonianze pittoriche di Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro ci possono aiutare nella ricostruzione di questa grande tragedia. Arte, storia e beni culturali ancora esistenti nel nostro territorio si sposano bene anche in questi casi se pensiamo appunto alle opere di Micco Spadaro o a quegli obelischi (caratteristici della nostra citt?) "figli" delle "macchine da festa" di moda in quegli anni, innalzati per ricordare la fine dell'eruzione del Vesuvio (a piazza Riario Sforza nei pressi del Duomo) o la fine della peste a piazza San Domenico Maggiore). E che la cultura nonostante i tanti problemi (o forse proprio per effetto di certi problemi) fosse vivacissima in quel tempo ce lo testimoniano artisti come lo Stanzione, Luca Giordano, Salvator Rosa, Mattia Preti o architetti come Domenico Fontana o Cosimo Fanzago, letterati come il grande Basile, Giulio Cesare Cortese o il Marino, filosofi dell'importanza di Giambattista Vico, nato e cresciuto tra i vicoli del centro storico, tra piazza dei Gerolomini e via San Biagio dei Librai. Di un secolo generalmente definito buio e che spesso ? stato associato alle origini della famosa "questione meridionale" per la presenza opprimente degli spagnoli nella nostra politica e nella nostra economia, ci piace ricordare ci? che esso ci ha effettivamente lasciato e che oggi possiamo recuperare e utilizzare sotto l'aspetto turistico: ci piace ricordare il trionfo barocco della chiesetta di San Gregorio Armeno chiamata anche "Santa Patrizia" poich? conserva il corpo della santa (con la sua bella storia) trasportato l? dall'originario convento presso gli Incurabili solo nel secolo scorso; ci piace ricordare il Caravaggio conservato presso il Pio Monte della Misericordia o, tra i tanti vicer?, quel Pedro da Toledo che attu? un grande, efficace e moderno "piano regolatore" della capitale o quell'altro vicer? che volle farsi seppellire sull'uscio della chiesa del Carmine con il volto rivolto con umilt? verso i piedi dei napoletani che aveva amato e rispettato nella sua vita. Ci piace ricordare le tante definizioni che di Napoli "gentile" si erano diffuse a livello letterario in tutta l'Italia: "Non sai che Napoli ? Napoli gentile?" (Cola Francesco Vacantiello, 1569); "o canzune massicce dove se conservava doce comme a lo mele la mammoria de Napole ientile" (G. B. Basile); "O bonomo si' stato per lo mundo? Hai tu vedute cheste citate famose come ei Roma la santa, Milana la grande, Firenze la bella e napole la gintile?" (Loise De Rosa, 1452); "Chillo bello Napole, sciore de Talia, schiecco dell'Europa, gioiello dello Munno" (Giulio Cesare Cortese, 1632); "La gentelissema cetate nostra de Napole [...] ave partoruto nn'ogne siecolo uommene de sobrimm' azzellenzia" (B. Zito)...
Settecento e Ottocento Si apre cos? uno dei secoli forse pi? importanti per la storia della nostra citt?: il Settecento. Prima dell'arrivo di Carlo di Borbone si pass? da un vicereame spagnolo ad un breve vicereame austriaco dal 1707 al 1734. Furono 27 anni sotto tutti gli aspetti quasi tutti di transizione per i conflitti continui e le alleanze alterne e varie che caratterizzarono tutta la storia europea di quegli anni. Il 10 maggio del 1734, per?, inizia una nuova storia per Napoli e per tutto il Regno che da essa prendeva il nome (il nostro ? l'unico caso nel mondo di una citt? che, evidentemente per le sue forti caratteristiche culturali, ? stata capace di identificarsi con un regno intero). Figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, il diciottenne Carlo divent? re di un regno finalmente autonomo dopo una serie numerosa di guerre che videro prevalere l'esercito spagnolo. Carlo fu poi famoso con il nome di Carlo III perch? fu effettivamente, dopo la sua partenza da Napoli, III di Spagna ma dovrebbe definirsi VII di Napoli. A prescindere per? dai numeri, con l'ingresso di Don Carlos da Porta Capuana il 10 maggio del 1734 cambiarono il destino e l'aspetto di Napoli. Sconfitti definitivamente gli austriaci a Bitonto il 24 maggio e incoronato re a Palermo il 3 luglio, diventammo presto una delle poche capitali del mondo insieme a Londra, Parigi, Vienna e Madrid. Amante dell'arte e della cultura (oltre che, come tutti i Borbone, della caccia e della pesca), con l'aiuto del suo fidato ministro Bernardo Tanucci, il nuovo re fece di Napoli un grande cantiere continuamente in attivit?: sono di questi anni figure come quelle del Filangieri, del Gravina, del Genovesi, del Galiani, del Giannone, di Sant'Alfonso dei Liguori o dello stesso Principe di Sansevero (scienziato e alchimista famoso per la sua splendida e misteriosa cappella nei pressi di piazza San Domenico Maggiore); sono di questi anni le costruzioni della reggia di Portici, di Caserta (la nostra Versailles) o di Capodimonte (e dei suoi boschi disegnati scenograficamente a "ventaglio"), la ricostruzione della stessa reggia di Napoli, di palazzo Tarsia (con le sue scalinate, i suoi giardini e le sue fontane che lo rendevano unico in Europa), la costruzione in 270 giorni del Teatro San Carlo (primo in Italia per prestigio) con gli annessi conservatori musicali (sono gli anni di musicisti come Cimarosa e Paisiello, autore anche dell'Inno Nazionale delle Due Sicilie), la fabbrica di porcellane di Capodimonte, gli scavi di Pompei ed Ercolano con l'annessa Accademia Ercolanense, il Camposanto (su disegno del Fuga), il palazzo dei Regi Studi diventato Reale Museo Borbonico con la collezione Farnese ereditata dalla madre di re Carlo (attuale Mueseo Nazionale), l'acquedotto di Maddaloni, la strada di Mergellina e di Posillipo, l'Immacolatella al Porto, il largo Mercatello (detto poi Foro Carolino con le statue raffiguranti appunto le virt? di Carlo, attuale piazza Dante); la citt? tende ad espandersi verso i borghi di Chiaia e della stessa zona di Polilllipo seguendo una linea di sviluppo che andava verso l'esterno (campagne e colline) e non come nel Seicento verso il centro della citt?; rientrava in un progetto complessivo di sviluppo anche la costruzione dell'Albergo dei Poveri (che raccoglieva, ospitava e avviava al lavoro diverse migliaia di persone bisognose) alla fine di una via Foria selciata, allargata e utilizzata come ingresso "d'onore" della capitale seguendo una linea di sviluppo prospettica che partiva dalla parte pi? alta di via del Campo lungo la facciata maggiore dell'Albergo progettato dal Fuga (350 metri), vera e propria citt? quasi autonoma anche se perfettamente inserita nel tessuto urbanistico cittadino. Il progetto complessivo risulta ancora pi? chiaro dalla lettura della famosa pianta settecentesca del Duca di Noja (con una visuale che parte dalla costa verso Portici). E sono degli stessi anni (uscendo dalla citt?) i prestigiosi siti reali di Carditello, Persano, Venafro, Fusaro o degli Astroni. Migliorano anche i commerci e si avvia la costituzione quasi di una "zona industriale" presso il Ponte della Maddalena e i Granili Pubblici. A 22 anni il timido e malinconico re di Napoli aveva sposato una quattordicenne bionda, altera e con gli occhi azzurri: Maria Amalia di Sassonia dalla quale avrebbe avuto (tradizione borbonica e meridionale) ben 13 figli.
Part? dalla sua Napoli per andare a prendere il trono di Spagna il 6 ottobre del 1759: si tolse anche un anello che gli era stato regalato durante gli scavi di Pompei perch? "apparteneva allo Stato". Gli successe a Napoli non il primo figlio Filippo (malato fisicamente e mentalmente e sepolto in una maestosa tomba presso la cappella dei Borbone a Santa Chiara) ma il piccolo Ferdinando.
A otto anni, affidato al Tanucci e agli altri ministri della corte, Ferdinando IV regn? per 65 anni. Fu protagonista di moltissimi avvenimenti e fu soprattutto al centro delle vicende relative alla Rivoluzione Francese, a Napoleone e alla Rivoluzione Napoletana del 1799. Sul piano urbanistico e artistico e per quanto concerneva le opere pubbliche continu? la politica paterna. Si ricordano con Ferdinando IV diventato dopo il Congresso di Vienna I re delle Due Sicilie: la costituzione della prima colonia "socialista" e delle seterie a San Leucio presso Caserta nel 1789, il grande sviluppo della flotta militare e mercantile (prima in Italia e terza in Europa), l'istituzione del prestigioso Collegio Militare della Nunziatella, lo sviluppo delle prime industrie, la definitiva sistemazione delle regge che costituivano, tra l'altro, un prezioso strumento per la propaganda e le pubbliche relazioni internazionali oltre che (soprattutto nel caso di quella di Caserta) delle vere e proprie scuole di arte, architettura e cultura in generale. Con Ferdinando IV sono portati a termine i lavori relativi alle strade per comunicare con gli Abruzzi, Roma, le Calabrie, le Puglie; prende le vie del mare il primo battello a vapore in Italia; vengono risistemati il Foro Carolino e piazza Mercato; viene costruita la villa della Floridiana donata alla moglie morganatica del re Lucia Migliaccio; vengono fondati diversi orfanatrofi e collegi come quello del Carminiello (piazza Mercato) presso il quale venivano ospitate e avviate ai lavori tessili le ragazze orfane; viene istituito l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte e vengono costruiti il palazzo dei Ministeri (attuale Palazzo San Giacomo) e la chiesa di San Francesco di Paola in Largo di Palazzo con le due statue equestri e neoclassiche di Carlo (opera del Canova) e di Ferdinando I (la chiesa era praticamente un ex voto per essere ritornato sul trono dopo gli stravolgimenti napoleonici e dopo il Congresso di Vienna). E a proposito di Napoleone tra il 1806 e il 1815 il regno di Napoli fu governato da Giuseppe e da Gioacchino Murat. Nel segno di una sostanziale continuit? tra la politica precedente e quella che sarebbe poi seguita, fu costruito il Corso Napoleone (dal Museo a Capodimonte con il Ponte della Sanit?) e furono fondati vari educandati ed istituti di cultura e per lo sviluppo delle industrie e dell'economia. Anche di Francesco I diventato re a 50 anni e per soli 5 anni si possono riportare poche notizie: fu un re non molto popolare anche se impegn? i suoi anni di governo per continuare riforme e opere pubbliche avviate in precedenza. Si spos? innamoratissimo con la dolce e triste Maria Isabella morta a soli 25 (si rispos? con Maria Isabella di Borbone Spagna dalla quale ebbe moltissimi figli). Ferdinando II fu, come lo definiva Salvatore Di Giacomo, "l'ultimo grande re di Napoli". Diventato re a vent'anni, il suo orgoglio e la sua tenacia stavano portando il regno verso la totale autonomia anche sotto il profilo economico. Si sviluppa con lui una vera e propria industrializzazione favorita da un forte protezionismo iniziale e da un'attenta politica economica e finanziaria: il bilancio dello stato fu risanato e le navi delle Due Sicilie raggiungevano tutti i porti del mondo e soprattutto del Mediterraneo. Del governo di Ferdinando II si ricordano: l'inaugurazione della prima ferrovia italiana Napoli-Portici nel 1839 (progettata per favorire il commercio e la comunicazione verso la parte meridionale dell'attuale Campania); il primo ponte in ferro sul Garigliano; il bacino di raddobbo nel porto; l'ampliamento e la costruzione di porti in tutto il regno (e la vera e propria "costruzione" di Ischia); i fari lenticolari per la prima volta adottati in Italia; i problemi legati ai moti costituzionali del 1848; la costruzione della prima "tangenziale" napoletana, corso Maria Teresa (attuale Corso Vittorio Emanuele...); lo sviluppo di fabbriche come quelle di Castellammare (1200 operai solo nei cantieri navali), di Sava a Porta Capuana (che forniva pantaloni anche agli eserciti stranieri), di Mongiana (ferriere della profonda Calabria) o di Pietrarsa (prima fabbrica metalmeccanica italiana con i suoi 1050 operai). Dal suo primo matrimonio con Maria Cristina di Savoia ("la Santa", come veniva definita dai napoletani), morta di parto, ebbe un solo figlio, Francesco, affettuosamente chiamato "lasa" per la sua predilezione gastronomica. Si rispos? con Maria Teresa ("Tetella"), un'austriaca che impar? presto ad amare quel re cos? "napoletano" e al quale regal? naturalmente tanti figli. Mor? nel 1859 ammalandosi durante il viaggio che aveva intrapreso per andare ad accogliere la moglie del figlio, Maria Sofia di Wittelsbach (sorella della famosa imperatrice Sissi) celebrata per la sua bellezza, per il coraggio e l'intraprendenza anche da Gabriele D'Annunzio. Francesco II chiuse la storia della dinastia borbonica a Napoli. A 27 anni, impreparato per l'inaspettata morte del padre, timido e riservato, molto cattolico e fedele ad ideali tradizionalisti che in tanti non rispettavano pi?, fu l'ultimo re di Napoli. I pochi dati relativi al suo governo (maggio 1859-settembre 1860) confermano nella sostanza le linee politiche paterne: fu autore, ad esempio, di un progetto di un vero e proprio "centro direzionale" della capitale che sarebbe stato costruito proprio nella zona scelta poi oltre un secolo dopo. Travolto dall'arrivo di Garibaldi (7 settembre 1860), si arrese alla corruzione di molti suoi generali con una rassegnazione profondamente cristiana. Si difese eroicamente per circa 100 giorni con i suoi soldati pi? fedeli nella fortezza di Gaeta che cadde la notte del 13 febbraio del 1861 chiudendo la storia di un regno che era stato, a prescindere da giudizi personali, antico e grande. Fin? i suoi giorni da primo emigrante meridionale il 27 dicembre del 1894 ad Arco di Trento dove si presentava come un semplice "signor Fabiani". Fu sepolto solo nel 1983 nella cappella della sua famiglia a Santa Chiara. Cos? scriveva, con sincera retorica, lo storico borbonico Giacinto De' Sivo a proposito della fine del regno: "La patria nostra era il sorriso del Signore. La Provvidenza la faceva abbondante e prospera, lieta e tranquilla, gaia e bella, aveva leggi sapienti, morigerati costumi e pienezza di vita, aveva esercito, flotta, strade, industrie, opifici, templi e regge meravigliose, aveva un sovrano nato napolitano e dal cuore napolitano. L'invidia, l'ateismo e l'ambizione congiurarono insieme per abbatterla e spogliarla". Con l'unificazione italiana Napoli divent?, da capitale, una delle tante province del Regno d'Italia. Tra problemi antichi e nuovi (la guerra al "brigantaggio" si concluse solo dopo il 1870 e i bastimenti cominciavano a partire per le Americhe), la citt? doveva perdere i suoi antichi (circa sei secoli) privilegi di capitale. L'opera avviata sul finire del secolo dalla "Societ? pel Risanamento" (con i famosi "sventramenti" e la costruzione di edifici e strade come il Corso Umberto o la Galleria) cambi? anche il volto e l'identit? della citt? stessa. Si afferma una nuova Napoli che spesso coincide con l'immagine stereotipata della Napoli attuale: si afferma, ad esempio, la Napoli delle canzoni e delle Piedigrotte, dei Di Giacomo e dei Ferdinando Russo, dei Caff? e dei teatri, delle pizzerie e dei ristoranti. Tutte caratteristiche che ancora oggi rendono famoso questo pezzo di terra tra il Vesuvio e il mare e che ancora oggi potrebbero essere adeguatamente valorizzate ed utilizzate nell'ambito di un'efficace gestione di un'economia realmente fondata sul turismo.
Fonti e strumenti per ulteriori ricerche Pu? essere utile, in conclusione, qualche indicazione relativa alle fonti storiche che possono essere utilizzate per ricerche e approfondimenti su questi temi. Oltre alla enorme quantit? di testimonianze visibili per le strade della nostra citt? (chiese, monumenti, palazzi, lapidi, statue, ponti, fabbriche ecc.), di quadri, di piante o vedute antiche e oltre all'enorme quantit? di libri sulla storia di Napoli pubblicati da secoli e conservati nelle nostre biblioteche (si pensi anche solo alla Biblioteca Nazionale presso il Palazzo Reale con la sua Sezione Napoletana o alla biblioteca della Societ? Napoletana di Storia Patria presso il maschio Angioino), esistono infatti altre fonti preziose, imparziali e oggettive e non sempre valorizzate in modo adeguato: le fonti archivistiche ed in modo particolare i documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli (piazzetta Grande Archivio presso via Duomo-piazza Nicola amore) o anche presso l'Archivio Diocesano (via Santissimi Apostoli), custodi della memoria di oltre dieci secoli. Nel caso specifico vanno citati giornali e pubblicazioni periodiche come il Giornale delle Due Sicilie (bollettino ufficiale di aggiornamento sulla vita politica del Paese e dell'estero), il Poliorama Pittoresco (rivista per la diffusione della cultura locale e italiana, ricca di notizie varie e di curiosit? oltre che di splendide incisioni), gli Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, con approfondimenti monografici relativi alle scienze, alla politica, all'economia: una sintesi preziosa e poco conosciuta della cultura del tempo. Tra i fondi pi? utili conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli ricordiamo senz'altro il fondo Monasteri Soppressi (con indicazioni varie e preziose relative alla vita e alla storia dei chiese e monasteri napoletani), l'Archivio Borbone (con le memorie della famiglia reale, lettere private e corrispondenze varie, opuscoli e materiale molto vario dal 1734 al 1870 circa), i fondi Questura e Alta Polizia (per conoscere la situazione dell'ordine pubblico pre e post-unitario), i fasci dei fondi Ministero Interno e Genio Civile (soprattutto per le opere pubbliche), quelli del Ministero Finanze e del Ministero Agricoltura Industria e Commercio (per le notizie relative alla situazione dell'economia e del commercio nel regno).
Indicazioni bibliografiche
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