LOMBROSO RAZZISTA CON I MERIDIONALI: VI SPIEGO PERCHÉ (REPLICA SU "IL GIORNALE"). Ogni tanto si ritorna a parlare (nostro malgrado) di Lombroso. Il senatore De Bonis ha chiesto la chiusura del museo legato allo scienziato e le reazioni sono state tante. Ultime
quelle del prof.
Addante sul Giornale. Nello stesso articolo, in premessa, si ammette che
quel museo si basa sugli errori di valutazione del suo “intestatario"
ma, al di là dei tanti aspetti macabri che colpiscono i visitatori
(spesso giovanissimi), tra tanti resti umani e oggetti e strumenti vari
legati comunque a sofferenze umane, da anni stiamo cercando precedenti
storici e scientifici di personaggi o scienziati sostenitori di tesi
folli e ai quali, però, siano stati dedicati musei per dimostrare che
erano folli. Non ci risultano, ancora, per esempio, musei dedicati a
Ivanov, Thomas o Denikhov con i loro animali "incrociati", drogati o a
due teste. È vero, allora, che i “musei non si chiudono ma si aprono” ma
di certi musei si ha il diritto e il dovere di discutere. Nel 2009 feci
scoppiare il caso-Lombroso inviando una lettera approvata, poi, dal
sindaco Colacino e dal comune di Motta Santa Lucia per chiedere la
restituzione dei resti del “brigante” Villella e da anni ripetiamo
questi concetti. Addante non ha trovato "nulla di razzista nel Museo
Lombroso" ma forse bastava leggere qualche passo di recenti ricerche
specialistiche per capire chi era Lombroso. Lombroso fu all’origine di
tanti pregiudizi antimeridionali e, secondo diversi scienziati anche
attuali, di diverse tesi riferibili al razzismo nazista. “Pregiudizio e
razzismo vero e proprio dilagano nella sua opera, c'è solo l’imbarazzo
della scelta e alcune pagine sono davvero imbarazzanti; non ha
risparmiato le donne, le 'razze colorate', gli zingari, gli omosessuali,
persino gli ebrei [...]. Lombroso sostenne poi l’inferiorità 'razziale,
genetica, psicologica delle popolazioni meridionali (Rassegna Italiana
di Criminologia, 2/2018). “L'influenza più forte sulla criminologia
tedesca [nel periodo nazista] fu quella di Lombroso; i temi razziali
della biocriminologia fascista convergono anche nella criminalizzazione
degli italiani del Sud” (Nicole Rafter, Criminology’s Darkest Hour; cfr.
anche Gibson e Gangemi, 2018). Fu tutto questo Lombroso, fu anche
questo Lombroso. Intanto qualcuno continua a non prenderne atto; intanto
qualcuno continua a non rispettare chi associa quel razzismo alle
discriminazioni antimeridionali iniziate per giustificare il massacro
dei “briganti” nel 1860 e continuate con questioni meridionali mai
risolte sempre perché è “tutta colpa del Sud e dei meridionali”; intanto
qualcuno si è battuto per anni per non restituire i resti del
“brigante” Villella e se non fu "brigante" la sua deportazione e la sua
umiliazione furono ancora più vergognose e (stia tranquilla
l'articolista) Villlella non sarebbe stato affatto contento del fatto
che il museo "lo abbia sottratto da oblio e anonimato" e, se avesse
potuto, di certo avrebbe preferito morire a casa sua ed essere
cristianamente sepolto ("richiesta" che gli è stata negata da un secolo e
mezzo). Addante poi, attacca anche quelle che definisce "panzane" ma
cade lui stesso in qualche errore: quando, ad esempio, parla ancora
della ferrovia Napoli-Portici come trenino del re "per andare da una
reggia all'altra" (e dimentica il dato degli oltre 15 milioni di
biglietti staccati in meno di 20 anni), quando parla ancora di industrie
più sviluppate al Nord (e dimentica i dati archivistici e anche i
recenti studi di Daniele, Malanima, Ciccarelli, De Matteo o Davis con
percentuali di industrializzazione e di operai al Sud pari o superiori
in molte zone rispetto al Nord). Il prof mette, infine, sullo stesso
piano i neoborbonici e la Lega e dobbiamo rendergli noto che da circa 30
anni la Lega è al potere (locale e nazionale) e condiziona in senso
"padano" la politica italiana mentre quelli neoborbonici erano e restano
movimenti culturali ed è vergognosa oltre che calunniosa qualsiasi tipo
di associazione tra neoborbonici e "leghe meridionali colluse con la
criminalità organizzata". Anche noi "siamo in uno stato unitario e ce lo
teniamo stretto" ma (dopo 160 anni) vorremmo semplicemente che al Sud
toccassero gli stessi diritti che toccano al resto dell'Italia dopo 160
anni di lavoro, redditi, pil o servizi quasi dimezzati e di emigrazioni
drammatiche e mai terminate. E si tratta di scelte culturali e politiche
sbagliate che abbiamo il diritto e il dovere di denunciare. A meno che
qualcuno non pensi che in fondo Lombroso aveva ragione e che forse sia
giusto che i meridionali "inferiori" abbiano meno diritti... Prof. Gennaro De Crescenzo Movimento Neoborbonico
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