IL POPULISMO BORBONICO: UN ALTRO PRIMATO POSITIVO CON BUONA PACE DEL (SOLITO E DIVERTENTE) MATTINO. Il solito Mattino con il solito giornalista e le solite tesi dei soliti accademici (e la nostra solita replica). Questa volta si tratta di un libro che, secondo il solito
titolone, vuole
dimostrare che "il populismo nacque a Napoli con i Borbone". Anche in
questo caso ci dispiace comunicare all'articolista che ha di nuovo
scritto una cosa dimostrandone un'altra (si chiama eterogenesi dei
fini). In sintesi, lui e Il Mattino, in una sorta di ripetitiva e in
fondo divertente “ossessione”, vorrebbero ancora una volta dimostrare
che i Borbone erano bruttisporchiecattivi ma dimostrano il contrario.
Dalle ricerche del prof in questione, infatti, risultano "centinaia di
migliaia di sudditi delle Due Sicilie" che richiesero a Ferdinando II di
ritirare concessioni e costituzioni dopo i moti del 1848. Il tutto in
40 faldoni, 2300 petizioni (solo 60 comuni su 1800 non elaborarono una
propria petizione) e in maniera del tutto "trasversale" con, tra i
firmatari, "ricchi possidenti e clero" ma anche "molti contadini,
artigiani, commercianti". Qui è involontariamente surreale anche la
domanda dello sconcertato articolista: "È comprensibile l'adesione dei
potenti ma come mai firmarono anche molti del popolo?". Per l'autore del
libro sarebbe prevalsa la "moral suasion", una sorta di condizionamento
o anche la speranza di ricavare un vantaggio tra i firmatari. Peccato,
però, che in quei giorni prevalesse il partito della costituzione e
quindi poteva essere più "vantaggioso" schierarsi dall'altra parte.
Peccato anche che lo stesso autore ci faccia sapere, per giunta, che
addirittura i Borbone "all'inizio" (quindi proprio mentre la gente
firmava) non appoggiarono quelle petizioni e "cercarono addirittura di
bloccarle"! Contraddittorio anche il successivo messaggio: il populismo
sarebbe stato una tendenza di molte monarchie europee e fu "inaugurata
in Italia dai Borbone che usarono anche lo strumento della petizione con
connotazioni reazionarie e conservatrici". Ovvio, aggiungiamo noi, che i
Borbone prendessero atto di quella volontà popolare ma se qualche riga
prima è stato scritto che si erano opposti a quelle petizioni, il
ragionamento non fila in maniera del tutto lineare. In
conclusione possiamo dedurre che centinaia di migliaia di persone di
tutti gli strati sociali erano dalla parte dei Borbone e arrivarono
addirittura a firmare una petizione e possiamo solo immaginare il numero
(ancora più alto) di coloro che quella petizione non la firmarono ma
sostenevano la stessa causa. Per conseguenza, è vero quello che i
neoborbonici dicono da decenni: il consenso dei Borbone era largo e
diffuso e quella dei liberali/unitari era una esigua minoranza.
Ulteriore conseguenza è il fatto che quella esigua minoranza fece di
tutto (deportazioni, epurazioni e massacri inclusi) per cancellare
quella maggioranza diventando classe dirigente ieri e cercando di
continuare a negare queste verità oggi. Singolare anche l'uso della
parola "populismo" in un'accezione solo negativa e attualizzata, con gli
accademici che uniscono il passato al presente (linea spesso
rimproverata ai neoborbonici). "Oggi i cittadini cercano di farsi parte
attiva con il populismo: nelle Due Sicilie, invece, volevano tornare
sudditi". Qui non si vuol capire un'evidenza chiara e semplice: chi
firmava quelle petizioni e stava con i Borbone voleva solo conservare
una dimensione culturale, politica, sociale e religiosa che considerava
ottimale e che, dati relativi a redditi medi, pil, indici demografici,
livelli di industrializzazione o assenza di emigrazione, era la
dimensione assicurata dai Borbone e perduta solo dal 1860 in poi e fino
ad oggi senza alcuna discontinuità. Del resto fu lo stesso deputato
Giuseppe Ferrari a gridare in Parlamento che “potevano chiamarli
briganti ma combattevano sotto la loro bandiera nazionale e i padri di
quei briganti avevano riportato due volte i Borbone sul trono di
Napoli”. Del resto fu lo stesso Settembrini ad ammettere l’eccesso di
tolleranza nei confronti dei rivoluzionari colpevoli dei loro stessi
eccessi in moti comunque “eterodiretti” e di matrice non lontana dai
soliti inglesi, come riconobbe lo stesso Croce quando ringraziò il
Borbone per “aver conservato la Sicilia all’Italia”. E con un misto di
compiacimento e di divertimento, dobbiamo ancora una volta ringraziare
Il Mattino per averci fornito, pur senza volerlo e pur senza accettare
mai dei democratici dibattiti, spunti per confermare le nostre tesi (e
rafforzare i nostri crescenti consensi)... Prof. Gennaro De Crescenzo
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