UN LIBRO CONTRO LE FAKE NEWS BORBONICHE USA FAKE NEWS GARIBALDINE? Secondo un recente libro dedicato agli “Italiani per forza” (oltre 40 pagine dedicate ad una nostra intervista e alle nostre tesi) da Dino Messina e secondo uno degli slogan più diffusi da sempre nella storiografia italiana, i meridionali volevano l’unità d’Italia. Del resto,
se è vero com’è vero
(dati alla mano, molti ammessi anche in quel libro e in diversi libri
accademici) che l’unificazione portò al Sud più svantaggi che vantaggi,
era ed è l’unica tesi spendibile per dimostrare che in fondo la
questione meridionale è stata (è e sarà) stata anche colpa dei
meridionali (“Dalla Campania per l’Italia” il titolo chiaro di un
convegno organizzato a Napoli dalla massoneria per i 150 anni
dell’Italia unita)… Collegata a questa tesi è una notizia ripetuta più
volte nel libro e nelle interviste: “l'esercito di Garibaldi, dagli
iniziali 1086 volontari alla fine ne conta circa 50mila e due terzi sono
meridionali”. Quindi in quell’esercito ci sarebbero stati oltre 32.000
soldati meridionali e circa 18.000 del resto dell’Italia. Considerato
che si tratta di un libro scritto per smentire alcune fake news
“borboniche” ci siamo divertiti a fare una piccola ricerca archivistica
per smentire quella che potrebbe essere una… fake news “garibaldina”. Gran
parte dei documenti per ricostruire la storia di quei garibaldini è
presso gli Archivi di Stato di Torino e Genova. Da anni a Torino è in
corso un progetto per la ricerca dei “garibaldini scomparsi”. Ebbene,
dall’unica ricerca archivistica finora pubblicata i numeri sono
nettamente diversi: su 13.976 garibaldini risulta solo un 30% circa di
meridionali e di essi ben il 16% dalla Sicilia (con caratteristiche che
evidenzieremo dopo). Intanto, come da corrispondenza del 31/3/21 con
l’Archivio di Stato di Torino, non risultano altre ricerche dello stesso
archivio. Premesso che i meridionali della prima spedizione (quella
“dei mille”) erano significativamente non più di una novantina, la
situazione peggiora ancora sempre a livello archivistico per la
successiva campagna del 1866 quando “sui nominativi di 43.543
garibaldini quelli meridionali erano 1.190 (35.285 i garibaldini
dell’Italia centro-settentrionale con l’aggiunta di numerosi
stranieri)”. Non
vogliamo entrare nel merito della “qualità” dei meridionali presenti
tra le fila di Garibaldi ma se in tanti sono pronti a fare le pulci
magari ai “briganti” filoborbonici, qualche peso dovrebbero avere
ricerche pure accademiche che evidenziano “la partecipazione all'impresa
di Garibaldi di uomini primitivi, selvaggi e violenti”, inviati
dall'aristocrazia terriera siciliana a dare man forte al generale
nizzardo insieme ad una buona quota di aree delinquenziali-mafiose
(Benigno, Fiore, Sales): la guerra siciliana del 1860 “fu poco adatta a
essere inserita in visioni oleografiche del Risorgimento e tanto meno a
soddisfare i criteri del liberalismo europeo e le sue prerogative
irrinunciabili (Macry e Mieli). Inutile dire che anche per i famosi mille la situazione era simile, alla luce di recenti testi e di atti processuali in essi pubblicati tra "ladri, spie, mercenari, sfruttatori della prostituzione ed altri ceffi da galera" (M. Novelli). Stesso schema per i volontari lucani più
volte citati e assoldati dai "latifondisti contrari alla lottizzazione
dei beni demaniali e tutt'altro che mossi da ideali garibaldini" (Pedio
con larga parte della storiografia marxista). Tornando
ai dati, la premessa di una ricerca archivistica in corso e tutt’altro
che conclusa presso l’Università di Urbino, è chiara: si parla di
“35-000/40.000 uomini dell’esercito meridionale” (e non di 50.000).
Altri dati emergono dalla stessa ricerca: il numero enorme di disertori
dallo stesso esercito anche pochi giorni dopo l’arruolamento (altro che
“volontari” e altro che “sentimenti italiani”; aggiungiamo noi), la
“disaffezione dei volontari, che per vari motivi non vollero essere
inquadrati nell’esercito meridionale o che addirittura decisero di
abbandonare l’impresa anzitempo” (“in Archivio di Stato di Torino,
Esercito Italia meridionale, Ruoli matricolari”) e una conclusione che
ci fornirebbe il diritto di chiedere agli autori che certificano i
famosi “due terzi meridionali” dove abbiano preso quei dati: “la
storiografia garibaldina, per quanto sterminata, lamenta ancora oggi
l’assenza di uno studio complessivo che […] risponda all’esigenza di
ricostruire la provenienza e le esperienze dei volontari”. Sempre nella
stessa ricerca emerge la necessità di ricostruire la storia e i numeri
consistenti (diverse migliaia ) dei “volontari stranieri”. E a questi
numeri si aggiungono quelli ancora più rilevanti riscontrabili presso
l’Archivio di Stato di Genova: non meno di 23.000 i volontari tutt’altro
che meridionali e partiti da Genova con 20 navi e 33 viaggi solo tra il
24 maggio e il 3 settembre (cfr. “Le spedizioni di volontari per
Garibaldi, cifre e documenti complementari al Resoconto Bertani -
estratto dal Corriere Mercantile di Genova”, Genova, 1861, rist. Napoli,
2019, a cura di Antonio V. Boccia). Intanto per la Rivista Militare
Italiana (Ministero della Guerra, IV, 1930) risultavano in tutto “20.000
uomini nell’esercito di Garibaldi”. Intanto, per diverse fonti, i
garibaldini impegnati nella battaglia del Volturno (ottobre 1860) erano
tra i 20.000 e i 24.000 (Trevelyan, Appendix J e Arnaldi, Storia
d'Italia, Volume 4, UTET, Torino, 1965). Intanto è poco probabile che
Garibaldi per una battaglia così importante abbia potuto utilizzare
volontari poco preparati e in sostanza “raccolti” per strada in maniera
non sempre organizzata e non volontari già militarizzati come quelli
provenienti dal Nord (e dall’esercito sabaudo, tra migliaia di
misteriosi “congedati” o altrettanto misteriosi “disertori”). Intanto, a
questo proposito, nello stesso Archivio di Torino anni fa ritrovai
diversi documenti significativi e relativi alla vera natura “volontaria”
di quei “volontari”: tra i tanti “ruolini” quello di un Enrico Scuri,
soldato sabaudo, disertore per arruolarsi garibaldino, arrestato al
ritorno, liberato e decorato dopo poche ore. Detto
questo, è chiaro, comunque, che il dato dei garibaldini è totalmente
secondario rispetto ai danni e alle conseguenze che l’unificazione ebbe
nell’immediato (massacri, saccheggi, arresti, deportazioni) e negli anni
(questione meridionale nata allora e mai risolta). Detto questo,
com’era quel fatto dei pifferai suonatori? Gennaro De Crescenzo |