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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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LE GRANDI INDUSTRIE AL NORD, QUASI IL DESERTO AL SUD (E PRIMA ERA IL CONTRARIO) PDF Stampa E-mail

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LE GRANDI INDUSTRIE AL NORD, QUASI IL DESERTO AL SUD (E PRIMA ERA IL CONTRARIO). Non amo grafici e cartine ma questa volta possono servire e, se ci perdete 5 minuti, questa breve analisi mi sembra chiara. Nella prima mappa elaborata da M24A come sintesi della presenza di grandi aziende in Italia forse manca qualche

integrazione ma il quadro è chiaro: sono quasi tutte al Nord. A questo punto qualcuno potrebbe dire: "è perché al Nord sono più bravi e hanno una mentalità che al Sud non abbiamo". E allora servono i neoborbonici per fare 2 più 2 e per capire che si tratta di un trend che dura esattamente da 160 anni anche se i ministri per il Sud di turno o i rappresentanti di istituti "meridionalisti" di turno non vogliono ammetterlo e prendono le distanze da quei "cattivoni rivendicazionisti dei neoborbonici". Prima del 1860 le differenze nell'industria tra Sud e Nord non c'erano o se c'erano erano a favore del Sud come "grido" da anni nei miei libri fin dal primo sulle industrie del lontano 2002 grazie alle mie prime ricerche archivistiche. Dal primo censimento del 1861 risultano al Sud oltre un milione e mezzo di operai e al Nord mezzo milione di operai in meno. Come attestano i recenti studi di Daniele, Malanima, Fenoaltea o Ciccarelli (e com'è evidente nei grafici) le differenze aumentano dal 1870 fino a oggi e in sostanza senza pause. Due possibilità.
1) Se pensate che i meridionali appartengano ad una razza inferiore rispetto ai padani siete razzisti anche se non avete il coraggio di ammetterlo e coprite il razzismo con la solita tesi "tutta colpa del Sud" che da 160 anni assicura carriere, cattedre e successi sui media. 2) Si tratta di scelte politiche, economiche e fiscali che durano da 160 anni e quelle scelte hanno creato un paese duale con una "colonia interna" grazie a quelli che sostengono la tesi 1 e grazie a classi dirigenti nazioni colpevoli e a classi dirigenti locali subalterne e interessate a difendere ruoli e privilegi (personali). Noi abbiamo il diritto e il dovere di credere alla seconda possibilità e di cambiare, finalmente e veramente, questo Paese assicurando pari diritti a tutti. E i conti, quelli veri, senza storia e senza verità non si possono fare.
Gennaro De Crescenzo

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