L’INCALZANTE (MA INUTILE) MITOLOGIA ANTI-NEOBORBONICA. Sappiamo bene gli sforzi che il mendacio cerca di produrre soprattutto negli ultimi tempi ai danni della ricerca neoborbonica nell’ambito della divulgazione storica. Il loro grottesco tentativo è di trasformare la
sacrosanta
rivendicazione storica dei neoborbonici in “vittimismo fanatico”,
sfoderando il peggio della mitologia risorgimentale. Lo scopo è sempre
lo stesso: portare avanti indisturbati la gestione della cultura
ufficiale sulla quale sono fondate la maggior parte delle istanze
politiche italiote da oltre 160 anni, tutte vergognosamente
nord-centriche. Ma, purtroppo per loro, oltre ad un’agguerrita schiera
di ricercatori e scrittori del mondo neoborbonico, diversi autorevoli
studiosi, anche di livello internazionale, hanno confutato le
traballanti tesi dei cattedratici di regime, con la pubblicazione di
saggi ottimamente argomentati, generando tra alcuni storici prezzolati
reazioni scomposte che spesso hanno assunto i connotati di una
vergognosa intolleranza culturale e razziale nei riguardi dei
neoborbonici. Addirittura, nel vano tentativo di arginare il dilagare
della pubblicistica identitaria neoborbonica, hanno dato sfogo ad una
retorica risorgimentale antica, riproponendo l’esaltazione acritica e
faziosa del primo risorgimento. Non tenendo conto nemmeno di quanto loro
stessi hanno in precedenza ammesso, in alcuni programmi televisivi
specializzati hanno presentato tesi storiche ottocentesche,
abbondantemente superate grazie al ritrovamento di importanti fonti
archivistiche. Infine, messi di fronte a devastanti ed inconfutabili
verità, hanno avuto il coraggio di suggerire “l’oblio di questa parte di
storia per amor di patria”. Tuttavia, in questo scontro culturale
impari per i mezzi di diffusione a disposizione dei detentori
dell’informazione storica italiana, si sta verificato un effetto
collaterale da loro non previsto: al dibattito storico, seppur a
distanza, si sono sovrapposte questioni politiche in alcuni casi
preoccupanti. Infatti, alcuni risorgimentalisti estremisti, per
soffocare ogni esigenza identitaria neoborbonica, sono arrivati al punto
di chiedere la restaurazione di un centralismo vetero-savoiardo senza
precedenti nella storia della Repubblica, riproponendo simboli, nomi ed
“eroi” appartenuti ad una monarchia aberrante, razzista e sanguinaria.
Di fronte a questo contrasto tra verità storica, dettata da un’esigenza
di riscatto morale e sociale, e mitologia risorgimentale, finalizzata
alla conferma del potere dell’informazione e della cultura, chi trae i
propri interessi sono sempre loro, i “baroni universitari”, coloro che
devono le loro fortune alle conferenze con pubblico “pagato”, alla
vendita forfettaria di libri ad enti ed istituzioni culturali dello
Stato ed a trasmissioni televisive super blindate, dove nulla, nemmeno
per qualche secondo, può permeare la stantia cultura del mendacio. In
questo clima di aspra contrapposizione culturale, si sta verificando un
altro incredibile paradosso: gli avversari della cultura di regime, i
neoborbonici, hanno assunto il ruolo di veri moderati, mentre i
difensori di una storia falsa e manipolata diventano sempre più
intolleranti estremisti. E’ chiaro che alla base di tutta la questione
ci sta il netto rifiuto da parte di chi, detenendo il potere della
cultura e dei mass media, non accetta un confronto paritetico,
documentale e, soprattutto, faccia a faccia con i neoborbonici, con il
risibile pretesto di non ritenerli degni di trattare la storia.
Preferisce sentenziare a distanza, trincerandosi vigliaccamente dietro
il monopolio dell’informazione e colpendo di tanto in tanto i
vulnerabili mezzi informatici dei neoborbonici. Una vivace
contrapposizione che, subendo proprio in questi giorni una notevole
recrudescenza, richiederà ai neoborbonici ed ai loro amici un ulteriore
ma senz’altro proficuo e vincente impegno sui vari fronti di discussione
a distanza ed una più oculata e capillare diffusione della verità
storica. Alessandro Romano |