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LA RAI PARLA ANCORA DEI NEOBORBONICI: ENNESIMA E GRAFICANTE ATTESTAZIONE DI UN SUCCESSO CRESCENTE PDF Stampa E-mail

RaiStoria

LA RAI PARLA ANCORA DEI NEOBORBONICI (SENZA I NEOBORBONICI): L’ENNESIMA, GRATIFICANTE E DIVERTENTE ATTESTAZIONE DI UN SUCCESSO CRESCENTE…  Diverse persone ci hanno segnalato un’intervista di Michela Ponzani a Federico Palmieri (Rai Storia, Storie contemporanee, 1/1/21). L'intervistato, “dottorando” in storia all’Università di Bari, in questi anni ha
avuto, con altri colleghi, “in affidamento il cantiere” (sono le sue parole) relativo alla ricerca sugli spazi social e web dei “Neoborb” e già qui si apre una parentesi involontariamente comica per chi ha inventato questa definizione che non è in lingua italiana, non è in lingua inglese e neanche in lingua… napoletana. Evidentemente è solo la trovata “geniale” di qualcuno che, pur di non citare i “neoborbonici”, ha preferito inventarsi un nuovo termine (da ora in poi magari chiameremo “Accad” gli accademici che non accettano dibattiti). L’intervistato, allora, sintetizza le sue ricerche evidenziando, con la presentatrice, il grande successo dei neoborbonici, la “loro pervasività nel discorso pubblico”, la loro capacità di comunicare e il loro grande seguito fino a “spopolare con la loro narrazione e a diventare senso comune” e di questo non possiamo che ringraziare la Ponzani per avere preso atto di quello che è realmente successo evidenziando, nel contempo, il grande, enorme ritardo accumulato dagli “Accad” nell’accorgersi di un fenomeno solo quando ormai è diventato addirittura “senso comune” pure in presenza di un monopolio totalitario accademico durato oltre un secolo e mezzo e pure in presenza dei nostri poveri e pochi mezzi a disposizione… Tutto, allora, sarebbe nato nel 2017 nel “mondo accademico” in opposizione al “giorno della memoria” per ricordare le vittime meridionali dell’unità d’Italia: poco importante, per il “mondo accademico” che quel giorno sia stato approvato di fatto all’unanimità da diversi enti pubblici (e la linea somiglia molto alla tesi secondo la quale “la democrazia vale solo se decidi quello che voglio io”). Si tratterebbe, per il dottorando, allora, di “un immaginario borbonico tardo-ottocentesco”: peccato, però, che nell’intervista non si spieghi come sia stato possibile fare un salto di circa un secolo per far rinascere quell’immaginario (opera evidentemente legata alla nascita del Movimento Neoborbonico nel 1993 e allo straordinario successo, in seguito, di Terroni di Pino Aprile, mai citato nel corso del programma). Le tesi? Per l’intervistato, in sintesi, quelle del saccheggio, del complotto straniero, dei “presunti massacri”. Peccato per lui che ormai le stesse tesi siano state documentate e anche attestate da diversi accademici e, tra gli altri, Tanzi, Daniele, Malanima, Ciccarelli, Fenoaltea, Collet, De Matteo, Di Rienzo (con il suo corposo e inconfutabile testo relativo agli interessi inglesi) o Davis (“la tesi dell’arretratezza borbonica fu inventata dagli artefici dell’unificazione per coprire i loro fallimenti”) o Gangemi (di prossima pubblicazione un documentatissimo studio sulle tantissime vittime meridionali) per non dire dei nostri testi forse “neoborb” ma nei quali le fonti archivistiche sono sempre presenti e numerose. Esempi? Uno su tutti quello delle gabbiette con le teste dei briganti che non erano briganti. Qui, però, è troppo facile pensare alla storia del dito e della luna: non sappiamo chi abbia creato e diffuso quella fotografia con le teste decapitate riferendole al nostro brigantaggio ma sappiamo, però, che nella Busta 60 del Fondo Brigantaggio dell’Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, un documento riporta le parole scritte da un ufficiale sabaudo per evitare la diffusa pratica della decapitazione dei briganti uccisi (“pratica legata alla comodità di trasporto” delle vittime). Falsa quella foto ma vera la notizia ed è vergognoso non che qualcuno abbia usato quella fotografia ma che qualcun altro per oltre un secolo e mezzo abbia ignorato o cancellato quella notizia e forse dovremmo anche ringraziare l’autore di quel fotomontaggio per aver divulgato la stessa notizia.  Falsa, allora, anche la fotografia di Angelina Romano che gira sul web ma non falsa la verità che essa sottolinea e che per oltre un secolo e mezzo gli accademici avevano ignorato o nascosto (i documenti sono chiari e parlano di una bambina di 9 anni uccisa dai “militibus regis Italiae”). Ed è vergognosa ancora una volta non la fotografia ma la notizia occultata o ignorata per tutti questi anni. Il motivo di tutto questo? “Una visione consolatoria e vittimaria”. Preferiamo evitare di parlare di grammatica italiana e dell’aggettivo che il dottorando usa anche nei suoi testi (“vittimario” è un sostantivo riferito, nella Roma antica, “al personale subalterno addetto all'azione sacrificale”) ma sulla tesi della “auto-consolazione” e del “rifugio in un’età mitica” sono necessari diversi spunti ovviamente “saltati” da conduttrice e intervistato. Premesso che nessun neoborbonico pensa di scappare dal presente per rifugiarsi nel passato, da circa 30 anni le nostre ricerche sono finalizzate ad evidenziare la drammatica continuità delle scelte delle classi dirigenti italiane che nel 1860 hanno creato una questione meridionale mai conosciuta prima e che per oltre un secolo e mezzo non sono state capaci di risolvere questioni meridionali sempre più drammatiche soprattutto per il nostri giovani e questo secondo aspetto cancella anche i dubbi di qualcuno che magari non condivide il primo aspetto (sparlano dei Borbone ma hanno avuto 160 anni per risolvere i problemi del Sud e delle due l’una: o sono incapaci le classi dirigenti o sono “inferiori” i soliti meridionali “brutti sporchi e cattivi”). Detto questo, allora, non è casuale che durante la trasmissione, come durante i tanti convegni organizzati sui “neoborb” ma senza i “neoborb”, non si parli della questione meridionale e della sua attualità (altro che quel generico “clima di anti-politica” come giustificazione alla nascita dei “neoborb”). Qui di “auto-assolutorio” c’è solo l’atteggiamento delle classi dirigenti nazionali e locali (intellettuali e “formatori” accademici inclusi) ai quali, evidentemente, non importa poi così tanto della risoluzione della questione meridionale e questa non è un’ipotesi ma una certezza confermata da oltre un secolo e mezzo di tesi storiche e scelte politiche che non l’hanno risolta mentre i “neoborb” da 160 anni non amministrano neanche un condominio di casa loro e non detengono quel monopolio della cultura “ufficiale” citato prima. Ovvio, allora, che non si sia parlato magari degli 840 miliardi sottratti dal Nord al Sud solo negli ultimi 17 anni (dati-Svimez, febbraio 2020) o della diaspora dei meridionali iniziata nel 1870 e mai finita con centinaia di migliaia di giovani emigrati in questi anni. Ovvio che non si sia parlato di quella Lega (Nord) che ha governato e governa a livello locale e nazionale e che ha condizionato e condiziona le scelte di partiti e governi. Ovvio che non si sia parlato neanche del “partito unico del Nord”, forte, compatto e trasversale e che fa sempre e comunque gli interessi del Nord, dai recenti “regionalismi differenziati” (“secessione dei ricchi”) ai prossimi finanziamenti del Recovery Fund (34% al Sud mentre gliene spetterebbe il doppio). E così diventa involontariamente tragicomica anche la conclusione: “parleremo ancora di quel pezzo di Italia che fa fatica a riconoscersi in una comune identità nazionale”, mentre è vero l’esatto contrario. Gli studi (e il dito) dovrebbero essere puntati sull’altra parte dell’Italia, quella che dice (solo) di riconoscersi in quella comune identità e poi penalizza o magari insulta il Sud, quella che fa le trasmissioni contro i neoborbonici senza chiedersi e senza chiedere ai neoborbonici cosa vogliono davvero e quali sono i loro veri obiettivi (si chiamerebbe “democrazia” e renderebbe forse anche più interessanti le trasmissioni di una tv che sarebbe comunque ancora pubblica). Su tutto, però, prevale il nostro ringraziamento per l’ulteriore, ennesima e gratificante attestazione del successo dei neoborbonici che, senza alcun dubbio e senza alcuna pausa, continueranno le loro difficili ma evidentemente importanti attività.
Prof. Gennaro De Crescenzo

 
P.S. Il dottorando intervistato ha fatto ricerche sui nostri spazi social. Noi ne abbiamo fatta una empirica sui suoi spazi social pubblici con una breve e divertente premessa: gli accademici che organizzarono una petizione online contro il giorno della memoria, nonostante il coinvolgimento di alunni e media, arrivarono a circa 1500 firme (i promotori del giorno della memoria a oltre 10.000). Sul profilo dell’intervistato risultano circa 30 post dedicati a temi “storici”: la media è di circa 9 like. Di maggior successo i suoi post legati ad una delle sue attività (guida turistica nella meravigliosa Puglia) o ad eventi singoli (con picchi di 18 like per un -ottimo- post su Maradona e di circa 50 like per un panino di un -evidente- ottimo livello in un pub a Polignano). 2 i like di un post relativo ad un video-convegno su Pontelandolfo, circa 700 le visualizzazioni totali: se nel nostro mondo contassimo (con i loro mezzi, compresi dottorandi, borse di studio, media, cattedre e istituti culturali vari) questi numeri, tutti noi saremmo già in preda alla depressione più cupa…



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