GRAZIE. GRAZIE DI TUTTO. E NON SOLO DEI GOL. "Maradona ha rappresentato per Napoli qualcosa di molto importante: è stato il riscatto, il vanto della città e quello che ha fatto lui a Napoli lo hanno fatto solo i Borbone e Masaniello" (Pino Daniele). Diego, Pino, Massimo... i nostri miti, quelli di una generazione intera e forse anche di più. E li abbiamo persi e al dolore
vero, come se avessimo perso un parente, anche in questo caso si
accompagna il dolore di aver perso un pezzo della tua vita, forse quello
più bello, quello di quando eravamo più piccoli. In un vecchio e
bellissimo film, "L'uomo dei sogni", si racconta che il paradiso è
quello che tu vuoi che sia e nel film era un campo di baseball con
l'erba bagnata e le luci di notte. E sarà quello il paradiso di Diego,
da oggi: campo verde e luci accese come quelle bellissime del San Paolo
stanotte. Io ero lì, in curva A, dietro quella porta, per quella
punizione che fu magia vera e per giunta contro la Juve, gocce di
pioggia sulla faccia, lacrime e voce stracciata ad abbracciare gente che
non conoscevo. Ero sempre lì a salutarlo il giorno in cui arrivò dopo
nottate di ansia da Barcellona, arriva o non arriva. Ed ero lì a
festeggiare i due scudetti con i due abbonamenti che mio padre mi
regalò, in una città che era diventata tutta azzurra e non avevo mai
fatto caso al fatto che il nostro cielo fosse così uguale alle nostre
bandiere. Petto in fuori su tutti i campi, Napoli prima, Napoli
capitale: solo lui poteva accettare la follia di caricarsi sulle spalle
il peso di una storia e di un popolo intero. Napoletano tra i
Napoletani, da quando salì per le scale di quello spogliatoio fino a
oggi e per sempre, senza tradire mai e (perdonatemi il paragone) come i
re antichi, a capo dei popoli antichi, quelli che leggi nei libri e che
racconti ai figli. "Per 365 giorni vi dicono che non siete Italiani e
ora dovreste fare il tifo per l'Italia"? E io non lo feci il tifo per
l'Italia. Non ero ancora neoborbonico, per la prima volta qualcuno aveva parlato di Nord e Sud in quel modo e io (avevo 16 anni e avevo letto solo qualche libro "alternativo") gridai e saltai come un bambino
quando Diego vinse contro l'Italia e, se il tifo è appartenenza, io
quella notte (e tanti con me) sentii forte dentro di me l'orgoglio di
quel ragazzo argentino e napoletano che non aveva studiato ma aveva
capito tutto. E Diego era più forte e correva e scartava difensori e
nemici, insulti volgari, insulti sottili ("l'uomo, il calciatore" e
ancora continuano), tutta roba che non avrebbe mai subito se non avesse
avuto, stampata sulla pelle, quella maglietta azzurra. Diego cadeva e si
rialzava, di scatto, come se nessuno gli avesse mai fatto niente e
spesso sorrideva proprio come sanno fare da quasi tremila anni i
Napoletani, i Napoletani veri. Il paradiso, stanotte, è sotto quelle
luci accese dello stadio Maradona. Grazie. Grazie di tutto e non solo di
tutti i tuoi gol. Gennaro De Crescenzo
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