"PANDEMIA 1836. LA GUERRA DEI BORBONE CONTRO IL COLERA", IL NUOVO INTERESSANTISSIMO LIBRO DI GIGI DI FIORE. Quei decreti di Ferdinando II (prima di quelli di Conte)… “Chi sa
mai
se tornerà utile”: sono le parole del medico Gennaro Fermarello
impegnato in prima persona nella difficile battaglia contro una malattia quasi
sconosciuta ma pericolosissima nell’Italia dell’Ottocento. Gigi Di Fiore
le riporta nel suo libro e quelle parole sono più che mai appropriate
perché quella battaglia e questo libro sono entrambi “utili”. Stiamo
parlando di “Pandemia 1836. La guerra dei Borbone contro il colera”, il
nuovo libro di Gigi Di Fiore, il giornalista del Mattino che in questi
anni (tra Controstorie e Vinti del Risorgimento fino ai Briganti, a
Francesco II e alla Nazione Napoletana) ha fornito un contributo
fondamentale nella ricostruzione della verità storica diventando un
riferimento anche per tanti accademici (spesso poco disponibili a
riconoscerlo). Le “armi”? Il rigore delle fonti, la passione con la
quale affronta i temi, l’estrema leggibilità dei suoi libri e due
caratteristiche rare: il rispetto e l'affetto per i fatti e le persone
al centro suoi libri. E sono queste le caratteristiche anche del suo
nuovo libro (200 pagine, Edizioni Utet) con un valore aggiunto:
l’attualità spesso drammatica della storia che ci racconta. Si tratta
dell’epidemia di colera che (proveniente dal Nord dell’Italia) colpì il
Regno delle Due Sicilie nel 1836. E così si passa dai “timori e dai
preparativi” con l’angosciosa e preoccupata attesa degli eventuali
contagi al blocco dei confini o della circolazione di uomini e merci (i
nostri cordoni sanitari), dalla crisi del commercio alle registrazioni
obbligatorie di alberghi e ristoranti (le nostre “app” di oggi), tra i
panieri ai balconi per gli isolati e le "bolletta sanitarie" per
viaggiare. Si passa dai tentativi di cure e rimedi (acqua e aceto come
disinfettante, il “vino anticolerico” dell’Ospedale Loreto) al tragico
elenco di ricoveri e morti (il grande Leopardi incluso), dalla “guerra
al morbo" all’illusione della fine dell’incubo e poi alla vera fine
dell’incubo. Come si fa a non pensare ai nostri lockdown o all’amuchina
o, a proposito di cure, alle polemiche sulla linea Napoli-Milano
sorprendentemente simili quelle ottocentesche? E così Di Fiore racconta
gli esperimenti, le ipotesi, le previsioni, le iniziative di
beneficenza, la “Commissione Superiore di Sanità” (il nostro Comitato
Tecnico Scientifico) o le “vittime in camice bianco”. Decreti e
preghiere, allora, al centro di queste pagine che lasciano anche
un’emozione viva nel lettore quando, ad esempio, raccontano la voglia di
normalità nel Natale del 1836, nella speranza che tutto fosse finito e
Di Fiore racconta poeticamente i mercatini colorati e carichi di calore
dei quartieri popolari e ti sembra anche di sentire, invece, il suono di
quelle campanelle che segnalavano per le strade il ritorno di malattie e
paure. Di Fiore alterna analisi dettagliate dei resoconti medici a
notizie di storia relative in particolare a Ferdinando II di Borbone e
ci colpisce, come capita spesso quando analizziamo i provvedimenti e le
scelte del penultimo sovrano borbonico, la sua capacità di governare, la
rapidità di quegli interventi, la pianificazione (oltre 4000 posti
letto, non pochi neanche oggi), l’affetto che lo circondava tutte le
volte (tante) nelle quali andava per strada (tra gli applausi) a
confortare e a rassicurare i Napoletani o si recava in visita presso gli
ospedali con la carità cristiana tipica della sua dinastia. Sullo
sfondo anche vicende che sarebbero diventate importanti negli anni
successivi con le accuse di “complotti” (una sorta di fake news, anche
quelle molto attuali) che i Siciliani mossero al governo e con le
iniziative e i viaggi che re Ferdinando fece per placare polemiche e
tensioni. “La storia non è solo studio di eventi politici o militari, ma
è approfondimento di vicende sociali, urbanistiche, architettoniche,
criminali e, in questo caso, anche sanitarie”, scrive giustamente ed
efficacemente Di Fiore. E nel suo libro si fondono tutti questi aspetti
aprendo una vera e propria finestra sulla storia, sulla nostra storia.
La “missione” del libro è chiara ed è più che mai importante in un
momento in cui in tanti (anche nel dibattito storico) scelgono strade
diverse e segnate da tensioni e polemiche o (sembra una nuova e
inquietante linea) dalla volontà di cancellare la memoria e dare più
spazio all’oblio: “perché di conoscenza storica e di speranza -scrive
invece Di Fiore- in questo periodo, ce n’è davvero tanto bisogno”. E noi
siamo perfettamente d’accordo con lui e la lettura di questo libro è più che "utile": è necessaria e (mai aggettivo fu più appropriato) "salutare"... Gennaro De Crescenzo
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