UNA LAPIDE, UNA TARGA E SEMPRE LA STESSA STORIA (NEL GIORNO DELLA BATTAGLIA DEL VOLTURNO). È chiaro che da neoborbonici ci fa piacere che dopo anni nei quali certe parole erano di fatto bandite e anche dopo decenni di nostre battaglie, oggi si parli di “orgoglio partenopeo” o di “nazione delle Due Sicilie”. È chiaro anche, però, che
possiamo e dobbiamo
analizzare certi fenomeni. A distanza di poche ore due eventi (una
quindicina di presenti in entrambi i casi). Nel primo una targa per la
“giornata dell’orgoglio partenopeo” con un testo “strano” dedicato a
figlie e figli di Napoli che “lottano per la difesa e il progresso della
nostra terra come nelle Quattro Giornate del 1943”. Nei vari comunicati
stampa numerosi riferimenti ai “partigiani” e alla “resistenza” con
l’aggiunta del luogo: piazza Sette Settembre, definita semplicemente
“una delle più rappresentative” della città (è la piazza dedicata a
Garibaldi e al suo ingresso a Napoli). Eppure la promotrice
dell’iniziativa, Flavia Sorrentino, aveva scritto, in estate, di fronte
ai dubbi di qualcuno di noi, che si sarebbe trattato di un omaggio ai
“resistenti contro Garibaldi”. E al di là del fatto che associare
l’orgoglio semplicemente alle Quattro Giornate non richiedeva targhe e
date nuove ma ci si poteva serenamente riferire al 25 aprile, il dubbio
di tanti è che qualcuno possa pensare che “i resistenti
anti-garibaldini” (“briganti” e non solo) abbiano usato come loro
modelli i partigiani di oltre 80 anni dopo… Nella giornata della
Battaglia del Volturno, con il sacrificio eroico dei soldati delle Due
Sicilie (quelli che salvavano i garibaldini feriti dall’annegamento nel
fiume, quelli che furono deportati anche a Fenestrelle), poi, una lapide
per ricordare il luogo del “parlamento nazionale delle Due Sicilie” che
fu “travolto dal tradimento del Re” e fu “gloria meridionale per
l’Unità d’Italia”. Lo schema è sempre lo stesso, nonostante le premesse
del promotore (Marco Esposito del Mattino) a proposito della correttezza
e dell’esigenza di raccontare “tutta la storia” (messaggio da rivolgere
non a noi ma magari al suo giornale o alle accademie o alle istituzioni
presenti alla cerimonia): con decine di primati, di date e luoghi
borbonici che si potevano ricordare si è scelto il primato più
antiborbonico per quei moti che gli stessi liberali definivano inutili,
legati ad interessi personali (e non dei popoli delle Due Sicilie) e a
“sette massoniche”. Sembra l’estremo e inutile tentativo di utilizzare
temi anche neoborbonici per finalità che ancora non conosciamo (in
qualche caso, forse, elettorale). Chiaro che sindaci, docenti e
giornalisti abbiano il diritto di mettere lapidi e targhe dove e come
vogliono. Chiaro anche che noi abbiamo il diritto di scrivere quello che
pensiamo e di farlo saperFenestrelle), poi, una lapide per ricordare il
luogo del “parlamento nazionale delle Due Sicilie” che fu “travolto dal
tradimento del Re” e fu “gloria meridionale per l’Unità d’Italia”. Lo
schema è sempre lo stesso, nonostante le premesse del promotore (Marco
Esposito del Mattino) a proposito della correttezza e dell’esigenza di
raccontare “tutta la storia” (messaggio da rivolgere non a noi ma magari
al suo giornale o alle accademie o alle istituzioni presenti alla
cerimonia): con decine di primati, di date e luoghi borbonici che si
potevano ricordare si è scelto il primato più antiborbonico per quei
moti che gli stessi liberali definivano inutili, legati ad interessi
personali (e non dei popoli delle Due Sicilie) e a “sette massoniche”.
Sembra l’estremo e inutile tentativo di utilizzare temi anche
neoborbonici per finalità che ancora non conosciamo (in qualche caso,
forse, elettorale). Chiaro che sindaci, docenti e giornalisti abbiano il
diritto di mettere lapidi e targhe dove e come vogliono. Chiaro anche
che noi abbiamo il diritto di scrivere quello che pensiamo e di farlo
sapere ai tanti che ci seguono con affetto, passione e disinteresse… Gennaro De Crescenzo
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