IL PRIMATO INCONTESTABILE DELLA PASTA NAPOLETANA. INTERESSANTE ARTICOLO DI VESUVIOLIVE E DIVERTENTE POLEMICA CON QUALCHE SOLITARIO “ANTI-PRIMATISTA”. Interessante articolo sulla seguitissima rivista online Vesuviolive con diversi spunti sulla storia dei nostri maccheroni famosi nel mondo, dalle origini greco-romane agli “uomini
di bronzo”, dalle
fabbriche alle esportazioni con qualche notizia divertente in merito
alle (false) notizie riportate dai soliti solitari “anti-primatisti” con
loro annessi e grossolani errori dovuti alla mancata lettura delle
“fonti” da loro stessi riportate… Le parole del “legato napoletano a
Parigi” per la mostra universale del 1856, del resto, erano chiare:
“trovandosi una cassetta con collezione delle paste napoletane per uso
mio, pensai dovesse figurare in mezzo alle paste d’Italia e di Francia.
Lungi dall’augurarmi queste eccellenti produzioni sono state con plauso
ammirate ed alle altre preferite, di modo che si è dato la medaglia di
bronzo à la ville de Naples pour une collection de pâtes”. In
conclusione: giù le mani dai primati delle Due Sicilie e dalla nostra
pasta…
La
pasta è da sempre un primato napoletano, di cui l’Italia come al solito
si vanta nel mondo. Fin dall’antichità, le “laganae” (lasagne o
fettuccine di pasta) erano già conosciute e di esse era golosissimo lo
stesso Mecenate, secondo quanto ci riferisce il poeta Orazio. Da lì ai
primi maestri amalfitani in contatto con i mercanti orientali e poi a
Gragnano, a Torre Annunziata, a Portici, a Napoli e alle leggende dei
maghi-pastai raccontate dalla Serao fino alle potenti corporazioni dei
Maccaronari nel Seicento e nel Settecento, con pastifici che iniziarono
ad esportare i loro prodotti anche grazie alle prime meccanizzazioni. Fu
così che il piatto nazionale della “minestra maritata” (felice
matrimonio tra carni e verdure) fu sostituito e diventammo
“mangia-maccaroni” (ci definiva così anche l’infelice Leopardi). E così
da “dolce” (“semmenate de zuccaro e cannella”, come dicevano i poeti
seicenteschi) spaghetti, vermicelli, candele, rigatoni, penne, pennoni e
paccheri diventarono la base della celeberrima e salutare “dieta
mediterranea”. Fu Ferdinando IV di Borbone a volere una “maccaroneria”
nelle sue residenze e l’ultimo re di Napoli, Francesco II, di certo non a
caso era chiamato affettuosamente “lasa”. Nell’ambito della politica
per l’industrializzazione borbonica, lo sviluppo di tante fabbriche
anche grazie alla nuova “macchina per togliere l’uso abominevole di
impastare coi piedi”: nacque così “l’uomo di bronzo”, una nuova
impastatrice con lamine di bronzo destinata ad avere un grande successo
fino ad oggi, con la produzione di una pasta ruvida e capace di
trattenere meglio i condimenti. Circa un centinaio, complessivamente,
gli stabilimenti e in molti si erano diffusi ormai gli impianti azionati
a vapore. New York, Rio, Odessa, Algeri, Atene, Malta, Pietroburgo o
Amburgo le principali destinazioni delle esportazioni dalle Due Sicilie.
A quel periodo si lega anche uno dei primati più famosi: il premio
ottenuto nella mostra di Parigi del 1856. A questo si legano alcuni
recenti interventi di una categoria interessante sul piano
culturale-antropologico e che Gennaro De Crescenzo, nel suo libro “I
primati del Regno delle due Sicilie” dedicato proprio ai primati
borbonici, definisce “anti-primatisti”: personaggi in cerca di
visibilità e che vedono con astio e rancore la diffusione ormai
inarrestabile della verità storica e dell’orgoglio meridionale, cercando
in ogni modo e inutilmente di negare sia la storia che l’orgoglio.
Secondo qualcuno, infatti, quel premio non sarebbe vero. In questo caso
l’anti-primatista si è accanito nella lettura solitaria di un vecchio
libro sempre di De Crescenzo sulle industrie del Regno (2012)
evidenziando che nell’elenco dei primati si faceva riferimento ad una
medaglia di bronzo per la pasta alimentare napoletana in una “mostra
industriale di Parigi del 1856”, che le Due Sicilie non avevano
partecipato alla mostra industriale (del 1855) e che se la medaglia era
di bronzo, evidentemente altri ne avevano avute d’oro e argento e quello
non era un primato. Chi scrive non è uno storico ma è un appassionato
di storia che si limita a leggere davvero i libri di cui parla. Peccato,
allora, che nel testo di De Crescenzo si spieghi chiaramente la
faccenda (a volte basterebbe leggere i libri di cui si parla). Nel
testo, infatti, si cita la “mostra internazionale di Parigi” (p. 22) e
“l’Esposizione Universale di Parigi” (p. 36) e in entrambi i casi si
parla del 1856, anno della “Exposition Universelle Agricole” allestita
pochi mesi dopo quella “industriale” alla quale, tra l’altro, nei
padiglioni delle Belle Arti, le Due Sicilie pure avevano partecipato,
come dimostrano i documenti conservati presso l’Archivio di Stato di
Napoli (fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fascio 246) e
avevano pure ottenuto diversi premi per “corde e per stamperia
galvanoplastica applicata” con un bottino complessivo significativo di
“dodici grandi medaglie di oro, settantotto pure di oro ma di ordinaria
dimensione, 105 d’argento, 215 di bronzo, 95 menzioni onorevoli”. In
quanto alla pasta, l’anti-primatista di turno commette un errore
grossolano: per dimostrare che il premio non era importante (era “solo”
una medaglia di bronzo) cita una pubblicazione francese insinuando il
dubbio che altri concorrenti potessero aver superato i napoletani.
Peccato che anche in questo caso non abbia letto il libro perché nelle
87 pagine non risultano altri “premiati” per le paste alimentari (con
l’eccezione di una medaglia sempre di bronzo ad un pastaio algerino) su
centinaia di medaglie assegnate per vini (compreso quello di Florio per
il “vino di Marsala”), salse, formaggi o olio. Le parole del “legato
napoletano a Parigi”, del resto, riportate anche da De Crescenzo e da
tanti grandi studiosi del tema (Capecelatro Gaudioso, Petrocchi, Mangone
o Selvaggi, tra gli altri), erano chiare: “trovandosi una cassetta con
collezione delle paste napoletane per uso mio, pensai dovesse figurare
in mezzo alle paste d’Italia e di Francia. Lungi dall’augurarmi queste
eccellenti produzioni sono state con plauso ammirate ed alle altre
preferite, di modo che si è dato la medaglia di bronzo à la ville de
Naples pour une collection de pâtes“. In conclusione: giù le mani dai
primati delle Due Sicilie e dalla nostra pasta… Emilio Caserta
ARTICOLO
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