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"È STORIA"? NOTIZIE NON CORRETTE SULLA NOSTRA STORIA IN UN ALTRO LIBRO SCOLASTICO? NOTA E RISPOSTA PDF Stampa E-mail

Èstoria.PerleScuolesuperiori.VOL.2.Conebook.Con...
"È STORIA"? NO, NON È STORIA... ANCORA NOTIZIE OFFENSIVE SUL SUD NEI LIBRI DI SCUOLA DEI NOSTRI RAGAZZI. INVIATA NOTA CON RICHIESTA DI RETTIFICHE ALLA CASA EDITRICE SEI (DI TORINO)... Gentili responsabili della SEI, diversi messaggi ci segnalano alcuni passaggi forse poco corretti sulla storia del Sud nel testo scolastico "È storia" di Paolo Di Sacco vol. 2 (2018). Come docente che

ogni anno fa le sue scelte tra i libri (anche della vostra casa editrice), in contatto con molti colleghi e molti agenti editoriali e anche come ricercatore specializzato in Archivistica, vi segnalo questi passaggi con i relativi chiarimenti storici e con le relative fonti. Le rettifiche potrebbero essere opportune anche per evitare che la questione possa diffondersi, come in altri casi, sui social, sul web e tra i prof che magari potrebbero adottare i vostri testi. Sui libri scolastici ricadono delle importanti responsabilità tanto più se veicolano notizie e luoghi comuni in sostanza discriminatori tra i giovani ed in particolare tra i giovani del Sud che da oltre 150 anni vivono immotivati "complessi d'inferiorità" e, sulla propria pelle, una questione meridionale sempre più drammatica più che mai in questi giorni.

1) Per il vostro libro, quello delle Due Sicilie era "lo stato più arretrato della penisola: oltre alla generale mancanza di libertà, la società era ingessata con ricchi e nobili da una parte e la gran massa della popolazione dall'altra".

La storia si studia in maniera sincronica: in quali stati italiani ed europei di quegli anni si potevano trovare società poco "ingessate" e "libertà"? In quale paradiso, nell'Ottocento (e anche oggi), non c'erano divisioni tra nobili/ricchi e "masse"? Era "ingessata" una società come quella napoletana che vantava la più alta percentuale di riviste e libri pubblicati annualmente o il più alto numero di teatri o una scuola musicale tra le prime al mondo o il doppio degli iscritti all'università del resto dell'Italia? C'era "libertà" in Piemonte se lo stesso Piemonte dopo il 1860 sequestrò a Napoli decine di giornali non "allineati" con decine di migliaia di fucilati, arrestati e deportati per reati di opinione in tutto il Sud? C'era libertà in quegli stati italiani nei quali (è attestato 20 righe dopo nel vostro stesso libro) si avvertì "il "pugno duro della restaurazione"?

2) Al Sud "mancava o era poco sviluppato quel ceto medio borghese che in altre realtà costituiva il motore dello sviluppo sociale ed economico... Solo in Lombardia e in Piemonte ci fu un discreto sviluppo e quelle regioni misero in moto l'industrializzazione italiana mentre il Sud rimaneva ai margini".

Secondo il vostro libro, allora, le oltre 5000 fabbriche contate presso l'Archivio di Stato di Napoli solo nel Sud continentale (in particolare presso il Fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio) erano gestite da extraterrestri e non da imprenditori? Il doppio degli operai del Sud (oltre 1.600.000) rispetto al Nord (dati-censimento 1861) lavoravano nelle 4 o 5 fabbriche citate per una media di circa 400.000 operai per fabbrica? Forse all'autore saranno sfuggite non solo le mie ricerche archivistiche ma anche ricerche accademiche recenti come quelle di Daniele, Malanima, Fenoaltea, Ciccarelli, Collet o De Matteo che attestano uno sviluppo industriale al Sud (oltre che redditi o pil) in molte aree pari o superiore a quello del Nord. La forza lavoro impiegata nelle industrie in Lombardia era pari al 25%, 15% in Piemonte, 16% in Veneto: 28%, 32% e 34% in Campania, Calabria e Sicilia...
E gli saranno sfuggiti anche gli studi di Nitti o quelli recentissimi di Vito Tanzi che attestano, oltre ai famosi depositi bancari (443 milioni di lire al Sud sui 686 complessivi di tutte le banche italiane messe insieme), condizioni finanziarie disastrose in quel Piemonte "vicino al default". E gli sarà sfuggito anche il recente saggio di John Davis con un'affermazione chiara e oggettiva: "la tesi dell'arretratezza del Sud preunitario è una tesi falsa e fu inventata fagli artefici dell'unificazione per giustificare i loro fallimenti".

3) "Vari fattori ostacolavano lo sviluppo industriale del Sud" e tra essi la presenza di capitali stranieri nelle industrie e la merce che "faticava a raggiungere i mercati europei per mancanza di strade e ferrovie".

Peccato, per l'autore, che poche righe dopo citi, come esempio dello sviluppo del Nord, la fabbrica del (britannico) Taylor e la Società (elvetica) e anche quelle fabbriche metalmeccaniche bresciane che si svilupparono solo dopo l'unità italiana e per giunta dopo la graduale e deliberata dismissione dei colossi meridionali di Pietrarsa (1050 operai a fronte dei 480 dell'Ansaldo) e Mongiana con i suoi 2000 operai e operai e macchinari "trasferiti" anche a Brescia (cfr. Archivio Comunale di Piombino). In quanto al commercio l'autore ha dimenticato il... mare se è vero che le Due Sicilie vantavano la prima flotta mercantile italiana (M. Kolb, 1847) ed erano ai primi posti in Europa per presenze di navi ed esportazioni ad esempio in Francia e negli Stati Uniti.
Del resto è oggettivo che, mentre nel resto dell'Italia e dell'Europa già si contavano migliaia di emigranti, dalle Due Sicilie fino al 1860 non partiva nessuno così come è oggettiva la crescita demografica senza paragoni al Sud (popolazione raddoppiata dal 1750 al 1850) in una terra che non era di certo un "paradiso" ma che almeno assicurava sopravvivenza e uno sviluppo interrotto esattamente nel 1860 se guardiamo i trend di crescita positivi e di segno opposto solo dal 1860 in poi.

4) Per il vostro libro l'impresa di Garibaldi fu un "miracolo" grazie al suo "piccolo esercito" in grado di "disintegrare un regno antiquato e pericolante".

Anche in questo caso all'autore è sfuggita qualche fonte e l'autore dimostra di aver usato fonti parziali e agiografiche forse superate da tempo. Diamo per scontato che l'autore non abbia letto Croce quando sostiene che il Regno cadde "per un urto esterno".

Dando un occhio, ad esempio, però, al volumetto pubblicato nel 1861 ("Le spedizioni di volontari per Garibaldi, cifre e documenti complementari al Resoconto Bertani - estratto dal Corriere Mercantile di Genova") scoprirebbe che quel "piccolo esercito" dopo poche settimane era già forte di circa 40.000 uomini, in gran parte soldati sabaudi misteriosamente "congedati o disertori". Un occhio, poi, non sarebbe male rivolgerlo anche ai recenti studi della massoneria (su tutti quelli di A. Mola) che rivendicano anche i diversi milioni di euro attuali usati per corrompere alcuni ufficiali borbonici.
PS In una nota si definisce Garibaldi come "il più disinteressato degli uomini" e, al di là della sua oggettivamente scarsa capacità di amministrare i suoi beni, anche questa è una notizia non corretta: tra "doni nazionali", pensioni varie, un panfilo, una intera isola e un'azienda agricola con dipendenti e capi di bestiame (regalo del re), il suo patrimonio era ingente e comprendeva anche quell'imbarazzante e successivo
prestito da lui garantito e mai restituito di 200.000 lire al figlio Menotti (v. carteggio conservato presso l'Archivio del Banco di Napoli).

5) "L'opinione pubblica era da tempo ostile a quella monarchia lontana e passiva".

Al di là dei numeri (meno di 100 in tutto i famosi "esuli napoletani antiborbonici" a Torino), forse l'autore dovrebbe ancora una volta dare un occhio ai documenti dell'Archivio di Stato di Napoli (Fondo Questura e Archivio Borbone) e scoprirebbe oltre 18.000 incarcerati in 23 giorni dall'arrivo di Garibaldi solo nel Napoletano. Con qualche studio presso i vari archivi centrali e locali, poi, scoprirebbe centinaia di migliaia di vittime (fucilati, uccisi negli scontri, arrestati o deportati dopo la Legge Pica del 1863) o migliaia di soldati che preferirono il carcere e la morte al tradimento del giuramento fatto al loro re (Francesco II di Borbone) e alla loro patria (napoletana). Altro che "opinione pubblica" contro i Borbone...

In attesa di un vostro riscontro e a vostra disposizione per eventuali e ulteriori approfondimenti,
cortesi saluti
prof. Gennaro De Crescenzo

RISPOSTA DELLA CASA EDITRICE (3/6/20)
Gentile prof. De Crescenzo, la ringraziamo dell’attenzione critica che ha rivolto all’opera "È storia" di Paolo Di Sacco. Abbiamo provveduto a trasmettere le sue note all’Autore e sin d’ora ne prendiamo ottima nota in vista di una prossima stesura.
Con un grato e cordiale saluto

CONTROREPLICA
Gentili responsabili della SEI, ringraziandovi per la cortese risposta, restiamo in attesa di ulteriori riscontri sui contenuti eventualmente modificati e dei quali informeremo, ovviamente, tutti coloro che ci seguono (in particolare docenti e genitori degli allievi). Cortesi saluti. Prof. Gennaro De Crescenzo
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