ANCORA SU BARBERO (A NAPOLI), FENESTRELLE E ALCUNE DOMANDE ARCHIVISTICHE ALLE QUALI DA OLTRE 5 ANNI NESSUNO HA
MAI RISPOSTO. Qualche
osservazione mentre una libreria e un centro sociale (!) invitano a
Napoli il prof. Barbero a parlare del valore della storia o del rapporto
tra “potere e popolo”. Ognuno è libero ovviamente di invitare chi vuole
tanto più se si tratta di un personaggio come in
questo caso famoso anche per le sue numerose apparizioni televisive (è
docente di storia medioevale -la storia del mondo dal 476 al 1492- ma
interviene spesso in Rai per parlare di Gesù come di Hitler o di
“risorgimento”). A questo proposito e a proposito della famosa
deportazione di soldati “meridionali” a Fenestrelle a Bari ebbi con lui
un vivace e interessante confronto e scrissi (in risposta alle sue tesi)
un piccolo libro del quale sintetizzo qui sotto le principali domande
(archivistiche) alle quali il prof da oltre 5 anni non ha mai risposto.
Per Barbero, allora, a Fenestrelle i soldati deportati furono pochi e i
morti pochissimi, i soldati erano trattati bene (cita anche i menu e il
vino che gli veniva dato) e poi dal 17 marzo 1861 quelli non erano
soldati “napoletani” ma “italiani” (si tratta di un cavillo burocratico
sabaudo, aggiungiamo noi). Sul resto, poi, per il prof durante
l’unificazione i morti ci furono ma “la guerra è guerra” e la guerra del
“brigantaggio” fu guerra di meridionali contro altri meridionali.
Librerie e centri sociali, allora, sono liberi di invitare un
intellettuale che sostiene queste tesi a Napoli e al Sud ma noi siamo
altrettanto liberi di non condividere questa scelta magari con la
domanda delle domande da porre al prof in quel centro sociale (come
giudica il prof la metodologia usata dai Savoia contro il popolo
meridionale, visto che si parla di “potere e popolo” e di soggetti,
soldati semplici o briganti, che loro chiamerebbero “proletari”?).
Intanto la questione-Fenestrelle nasce come vi raccontiamo. Diversi anni
fa un nostro amico scrisse al direttore dell’Archivio di Stato di
Torino una lettera nella quale chiedeva se esisteva il REGISTRO DEGLI
UOMINI DESTINATI IN PUNIZIONE AL CORPO DEI CACCIATORI FRANCHI (è lì che
inserivano i soldati napoletani con l’idea di rieducarli e di punirli,
visto che non volevano “passare” nell’esercito sabaudo e non volevano
tradire il giuramento fatto al loro antico re e alla loro antica
patria). In Archivio, infatti, risultava l’esistenza di quel registro
solo tra il 1858 e il 1861 (si tratta del documento-base per capire
quanti uomini erano entrati lì e quanti ne erano usciti e se ne erano
usciti). La risposta dell’Archivio (allegata) fu chiara e amara: quel
registro era solo una parte di quello che si poteva rintracciare e la
“documentazione successiva al 1861 può essere dunque reperita in
‘Ministero della Guerra 1861-1870, Direzione Generale Leve, Prima
Divisione’ ecc. Spiace però comunicare che questa parte del Ministero
non è dotata di strumenti di corredo e perciò la ricerca si presenta
abbastanza lunga”… Riepilogando,
inventari torinesi alla mano, la ricerca di quel registro e di altre
notizie poteva e potrebbe essere realizzata su circa 2773 “unità
archivistiche” (o fasci, come li definiamo in archivio a Napoli) e per
giunta quei faldoni non hanno inventari e la ricerca è quasi “alla
cieca”. In sintesi la continuazione di quel registro forse non c’è più
o, se c’è, la troveremmo in mezzo a tutte quelle carte. Intanto Barbero
ha consultato solo 65 di quei faldoni con diversi numeri a campione di
un solo battaglione e per giunta solo tra parte del 1860 e parte del
1862 decretando chiusa la questione dopo essersi “affidato alla sua
coscienza” (è quello che mi disse nel confronto a Bari suscitando
reazioni non del tutto positive nel folto pubblico). La domanda che ogni
tanto qualcuno ci rivolge è sempre la stessa: PERCHE’ NON FATE VOI UNA
RICERCA E NON TROVATE LE PROVE CHE A FENESTRELLE MORIRONO TANTI SOLDATI
NAPOLETANI? La risposta è semplice: 1) un paio di docenti universitari
stanno concludendo in questi mesi alcune ottime ed esaurienti ricerche;
2) noi non siamo docenti universitari, non abbiamo borse di studio e
finanziamenti per stare in archivio a Torino diversi mesi (i tempi
necessari per ricerche complicate come questa: se qualcuno di quelli che
ci rivolgono questa domanda volesse per caso finanziarci ci ritenga a
sua totale disposizione); 3) chi frequenta davvero gli archivi sa bene
che gli archivi conservano un centesimo di quello che si produce (pochi
anni fa sono stati scoperti solo per caso “gli armadi della vergogna”
all’Archivio Centrale di Roma con i documenti -occultati per tanto tempo
con le ante rivolte verso il muro- delle stragi nazifasciste e parliamo
di storie molto più vicine nel tempo rispetto a quelle di Fenestrelle);
4) perché mai le fonti (ufficiali-militari) utilizzate da Barbero sono
attendibilissime e giornali e cronache del tempo che denunciarono le
vergogne di Fenestrelle non lo sono? 5) Perché mai, se gli volevano così
bene e se ormai erano soldati italiani, pensarono di portarli (la
parola esatta sarebbe “deportarli” ma a Barbero non piace) a oltre 1000
km da casa loro e a circa 2000 metri di altezza invece di lasciarli
dalle nostre parti evitando costi e vittime? 6) Perché mai il Museo dei
Carabinieri di Roma intorno al 1930 (epoca fascista nella quale non
doveva essere affatto facile parlare “male” del Risorgimento) collocò
sotto una pianta di Fenestrelle una targa nella quale si attestava che
vi furono deportati oltre 40.000 soldati napoletani? E si tenga conto
che in quelle gelide strutture, con “catene da 6 a 18 maglie,
bastonature e banchi di rigore” (fonte: un libro con prefazione di
Barbero), in condizioni ordinarie la mortalità era del 18% circa… P.S.
Il fatto che qualcuno l’abbia fatta rimuovere pochi mesi fa dimostra
solo che quella notizia doveva essere “imbarazzante” per qualcuno poiché
frutto di fonti che evidentemente i Carabinieri di quel tempo avevano e
poiché all’epoca non c’erano i neoborbonici e, evidentemente, se il
prof o qualche suo fan anche napoletano per la “leggenda nera di
Fenestrelle” volesse prendersela con qualcuno non dovrebbe rivolgersi ai
neoborbonici ma… ai Carabinieri che in tempi non sospetti l’hanno, con
grande onestà, raccontata. Gennaro De Crescenzo
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