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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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ANCORA UN LIBRO SUL "BORBONISMO" CON UNA (DIVERTENTE) ETEROGENESI DEI FINI PDF Stampa E-mail

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ANCORA UN LIBRO SUL "BORBONISMO" CON UNA (DIVERTENTE) ETEROGENESI DEI FINI: "VI DOVREMMO SPIEGARE PERCHÉ I NEOBORBONICI HANNO TORTO MA VI SPIEGHIAMO PERCHÉ HANNO VINTO (E CONTINUERANNO A FARLO)". I "briganti"? Cattivissimi e da sempre infestavano il Sud. Pontelandolfo e Casalduni? Poche vittime e se l'erano pure cercata. Le Due Sicilie?
Arretrate e incivili. I plebisciti? Democratici, validi e senza brogli. Il 1848? L'Inghilterra e le massonerie non c'entravano nulla e i Borbone dovevano lasciare il trono. La questione meridionale? Tutta colpa del Sud. Circa 300 pagine per una serie di saggi sul "borbonismo" per dire, in sintesi, le stesse, identiche cose che la storiografia ufficiale dice da oltre 150 anni. 8 autori tutti militarescamente schierati dalla stessa parte (non si pretenderebbe democraticamente di partecipare ma fanno sorridere le scelte e le assenze di tanti loro colleghi accademici -onesti e coraggiosi- tutt'altro che "allineati") per attaccare Borbone, borbonici, neoborbonici e (ovviamente) Pino Aprile. Vi sottoponiamo, divertendoci insieme, il testo introduttivo con alcune nostre osservazioni/interpretazioni in parentesi quadra e con una certezza: quella di Memoria e Orgoglio è davvero la strada giusta per il Sud se accademie, accademici e opinionisti più o meno famosi sono costretti ancora ad occuparsene e in maniera ormai quasi ossessiva anche se con colpevole e fallimentare ritardo... TESTI (ACCADEMICI) E COMMENTI (NON ACCADEMICI).
"Non va sottovalutato quanto forte sia l’interesse per questi argomenti [...] L’impressionante quantità di eventi pubblici, presentazioni di libri, ricostruzioni storiche, costituiscono nel complesso un fenomeno largamente positivo, segno di una considerevole crescita civile [pur fingendo di esserne contenti, non possiamo non prendere atto del successo "impressionante"/dilagante di certi temi e certe tesi neoborboniche che ci hanno costretto a scrivere -preoccupati- anche questo libro]. Gli studiosi hanno il dovere di offrire materiali e ricerche capaci di rispondere alle sollecitazioni del presente, ma sempre all’interno di percorsi scientifici che non siano viziati dalla necessità di rispondere ad appartenenze partigiane o a facili applausi di gruppi compiacenti abituati alle politiche del risentimento e del vittimismo [queste tesi ormai sono maggioritarie, cercheremo di parlare degli stessi temi ma cercando, anche a costo di arrampicarci sugli specchi, di non dare ragione ai neoborbonici perché c'è il rischio che i meridionali sempre più consapevoli possano fare "due più due" e inizino a capire che sono vittime di un'Italia duale da oltre 150 anni e magari, dopo oltre 150 anni, inizino un po' a "risentirsi" e a chiedere pari condizioni in un'Italia finalmente più giusta]. In questa direzione, gli interventi qui proposti sulla questione del Borbonismo, costituiscono una sintesi problematica indirizzata a dialogare col mondo scientifico e col discorso pubblico senza nessuna pretesa di completezza [di fronte al successo dilagante di questi qui cerchiamo di creare qualche barriera ma sappiamo bene che non ci riusciremo e che magari questi faranno altre ricerche di successo e noi saremmo costretti a riconoscere che abbiamo sbagliato ma non lo faremo mai]. Gli autori sono consapevoli che la ricca tradizione storiografica sulla questione del Mezzogiorno nonché le significative ricerche in corso, testimonianza di un interesse mai venuto meno all’interno della comunità degli studiosi, non sono facilmente riducibili a sintesi ["lo avevamo sempre detto anche noi": ma dove? Ma quando? In che modo? In quale sparuto e dimenticato saggio o in quale derelitta nota?]. L’obiettivo di queste pagine, insomma, non è quello di sancire una sola legittima storia, ma di verificare le condizioni di legittimità a partire dalle quali tentare di elevare toni e contenuti del dibattito civile sulla storia del nostro Paese [facciamo finta di essere democratici ma noi siamo belli e bravi e quelli che non dicono quello che diciamo noi sono bruttisporchiecattivi]".
Gennaro De Crescenzo
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