OTTIMO ARTICOLO (3 PAGINE) DEDICATO DA “STORIA IN RETE” AL NUOVO “LIBRO DEI PRIMATI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE” DI GENNARO DE CRESCENZO. CON IL FAMOSO ELENCO AGGIORNATO, DOCUMENTATO (135 PRIMATI, OLTRE 100 IMMAGINI). ESTRATTO ALLEGATO… «Dai lavori pubblici al diritto, dalle produzioni specialistiche alle scoperte
scientifiche, dalle
conquiste sociali alle tecnologie più avanzate: spesso, leggendo tra i
documenti della nostra storia le notizie relative ai primati del Regno
di Napoli, di Sicilia e delle Due Sicilie (useremo l’ultima definizione
per sintesi) viene fuori un quadro inedito di una nazione che stava
seguendo un suo percorso politico, sociale, economico e culturale
sostanzialmente coerente con le scelte delle sue classi dirigenti e con
le aspettative dei popoli governati. In qualche caso si trattò di
episodi importanti ma isolati, altri hanno costituito le basi e le
premesse per ulteriori progressi. Quei primati restano la
rappresentazione più efficace della storia di un regno, delle sue
popolazioni e dei suoi governanti, oltre che l’esempio di ciò che
sapevamo fare appena un secolo e mezzo fa: una sorta di “spot”, di
“simboli” e di “icone” in un’epoca nella quale si vive sempre di più di
spot, simboli e icone, di immagini che siano in grado di raccontare e di
spiegare (ed è questo, forse, uno dei motivi del loro successo e della
loro diffusione). Del resto, che molti di questi primati siano il frutto
di una proficua armonia tra governanti e governati, oltre che, in
alcuni casi, della genialità dei singoli, è nella logica piuttosto che
nei giudizi storiografici limitati, spesso, da ideologie e preconcetti:
se Mozart o Paisiello non avessero avuto in regalo un pianoforte,
sarebbero mai diventati i musicisti che ammiriamo? Allo stesso modo, se
architetti o ingegneri o economisti tra Settecento e Ottocento non
fossero stati messi nelle condizioni di studiare e di operare magari con
l’assegnazione di una cattedra universitaria o l’affidamento di questo o
quel lavoro, avremmo così tanti primati da elencare? E così il famoso
“elenco dei primati” pubblicato intorno al 2000 sul sito neoborbonici.it
e, forse per la prima volta a livello editoriale, nel mio libro “Le
industrie del Regno di Napoli” (Grimaldi, 2002), è stato uno dei testi
più copiati e riprodotti del web nel mondo del meridionalismo e non
solo. Parallelamente, però, a questa “voglia di orgoglio” ben
rappresentata da quell’elenco, ha risposto una “voglia di
ridimensionare” quell’elenco (e quell’orgoglio). “Il primo che
incontriate per strada o altrove può farvi dotte lezioni sui cento e
cento primati del Regno delle Due Sicilie, sulla rapina delle ricchezze
meridionali dopo il 1860”… “Dobbiamo stare molto attenti ai primati
borbonici: i primati borbonici possono essere pericolosi”: sono solo
alcune delle tesi esposte dai più famosi accademici interrogati sul
tema. Al di là dell’oggettivo e poco riuscito tentativo di minimizzare
il discorso (si citano un paio di primati ma i primati sono oltre cento e
nei settori più disparati), come spesso capita negli ambienti
accademici quando si affrontano temi riferibili al cosiddetto
“revisionismo”, manca un’analisi attenta del tema e una sua adeguata
contestualizzazione anche per quanto attiene alle prospettive e alle
conseguenze di quei primati: il primato di una nave a vapore associato a
quella della prima compagnia di navigazione sempre a vapore nel
Mediterraneo, il primo cantiere navale o la prima flotta mercantile e
militare, il più alto numero di tipografie e di libri annualmente
pubblicati o la più alta quotazione di una rendita statale o il minore
carico tributario sono l’efficace sintesi di una situazione che in quel
tempo e nel resto dell’Italia (e in alcuni casi) dell’Europa non temeva
confronti. Altro che ‘telegrafo e ferrovia’… ». IN TUTTE LE LIBRERIE E
ANCHE ONLINE O DIRETTAMENTE PRESSO GRIMALDI EDITORI DI Marzio Alfonso
Grimaldi
ESTRATTO DA STORIA IN RETE, numero di settembre (per acquistare anche in pdf http://www.storiainrete.com/arretrati/ )
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