"LE REGINE: BAMBINE, EROINE E SANTE" (TRA L'EUROPA E NAPOLI). UN LIBRO CARICO DI AMORE PER LA NOSTRA STORIA E PER LE SUE PROTAGONISTE. "Le regine. Bambine, eroine e sante dall'Europa alla corte di Napoli" è il nuovo libro di Nadia Verdile, docente,
saggista e giornalista da sempre legata ai temi della nostra storia e del nostro territorio. È un libro rigorosamente scientifico ma è
anche un viaggio appassionante nella vita delle regine, quasi come se
l'autrice stesse lì, ad ascoltare le voci delle donne che racconta, di
quelle donne "due passi avanti" (altro che "dietro" i loro mariti), la
descrizione sintetica ma efficace di un Regno, dei suoi primati e delle
vicende più importanti tra Settecento e Ottocento, un racconto senza
"luoghi comuni e stereotipi", così come è giustamente scritto a
proposito dell'autrice nelle note biografiche. E così, come in un
caleidoscopio storico, Nadia Verdile ci racconta quei matrimoni, le
relazioni internazionali che li muovevano, le feste, i tornei, le file
di cavalli, i ponti di barche, i fuochi d'artificio, i concerti, i
balli, i giochi ma anche le sofferenze e le lacrime, le scelte politiche
e le attività caritatevoli e sociali, il tutto basato sul fascino che
queste storie ancora conservano (quante ore dedicano le TV di tutto il
mondo ai matrimoni reali inglesi o anche monegaschi? Quanti milioni di
persone aspettano di vedere i volti di principini e di principessine
appena nati?). E
così sappiamo di Maria Amalia, moglie di Carlo di Borbone, con le sue
porcellane, i suoi tanti bambini (una costante regale), i suoi
suggerimenti per la Reggia di Caserta, le lacrime per la partenza da
Napoli e per il figlio Ferdinando lasciato nella capitale a 8 anni, le
parole piene di nostalgia per "la nostra Napoli". Così leggiamo le
pagine dedicate a Maria Carolina, la regina meno amata ma che più di
tutte "segnò la storia del Regno", la regina più "mistificata", prima
"disperata" per il suo arrivo a Napoli e poi "troppo abituata al
napoletano" (fino a ripetere le parolacce), i suoi interventi per le
riforme e per il Codice di San Leucio (famiglia e donne al centro),
l'amore per la musica tra Paisiello e Mozart in una storia "ancora tutta
da ricostruire" con una correttezza storiografica (quella adottata
dalla Verdile, forte dei documenti che utilizza) raramente adottata fino
ad oggi. E, dopo di lei (anche nel cuore di re Ferdinando), la bella
siciliana, Lucia Migliaccio, "tenerezze e doni" (compresa la villa a lei
dedicata) ma senza neanche il diritto di essere sepolta a Santa Chiara
accanto al suo amato re (donna Lucia riposa nella chiesa di San
Ferdinando). E
poi Maria Clementina, matrimonio con il futuro Francesco I a Foggia,
una "meteora" triste tra guerre ed esilio. E vengono raccontate anche le
regine "francesi", con Julie Clary, moglie tradita e abbandonata di
Giuseppe Bonaparte, con Carolina Bonaparte sposa, invece, di Gioacchino
Murat, amanti, "fascino e autorevolezza" e, tornando ai Borbone, Maria
Isabella, "regina madre", seconda moglie di Francesco I, madre del
futuro Ferdinando II e di una amatissima imperatrice del Brasile (anche
grazie ad un moderno caso di ritratto "photoshoppato" recapitato
all'ignaro Pietro II). Uno spazio adeguato è dedicato anche a Maria
Cristina, "imprenditorialità e santità", la "reginella santa"
profondamente legata alle classi più umili (più di 200 le doti donate
alle ragazze povere in occasione del suo matrimonio, sua l'idea di una
"cassetta" per le suppliche al Palazzo Reale): profetizzò la sua morte
di parto ed è del nel 2014 la sua beatificazione. Il libro si chiude con
le nostre due ultime regine: Maria Teresa e Maria Sofia. Già i nomi
usati da Ferdinando II per la moglie ci fanno capire l'affetto e la
(napoletana) tenerezza di quel rapporto: "Tetella", "Teté" o "Pupatella"
per una donna che fu anche al centro di tensioni e del momento più
drammatico della plurisecolare storia del Regno, tra i pianti per la
morte del marito e l'affetto per Francesco (organizzò lei il suo
matrimonio) fino a Gaeta e poi a Roma. Pagine finali per Maria Sofia,
"coraggiosa ed eroica" (a Gaeta), amata e rispettata, libera ed autonoma
(nuoto, scherma e cavalli le sue passioni), con le tragedie di un Regno
che fu suo per pochi mesi e di una figlia perduta, la bellezza e la
dignità descritte da Ferdinando Russo e da Matilde Serao ("non portava
gioielli, aveva solo la fede nuziale"). Con lei morivano "un'epoca e un
mondo" e si chiudeva una "pagina ambigua" della storia italiana, una
pagina che forse aveva e avrebbe bisogno (aggiungiamo noi) di ritrovare
pagine come quelle scritte da Nadia Verdile, pagine cariche di rispetto,
di una delicatezza sincera e femminile e, a tratti, di amore per i
protagonisti, anzi: le protagoniste di una storia che può essere ancora
preziosa.
Gennaro De Crescenzo
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