FINALMENTE UN LIBRO-VERITÀ SULLA (FALSA E DANNOSA) "SCIENZA" DI LOMBROSO. Un libro monumentale quello scritto dal prof. Giuseppe Gangemi ("Stato carnefice o uomo delinquente. La falsa scienza di Cesare Lombroso"), un libro che racconta in maniera chiara e definitiva le tesi razziste dello scienziato, anzi, dello "scienziato" veneto/sabaudo, la loro evoluzione, la loro diffusione e, soprattutto, le loro conseguenze e magari anche
la loro (drammatica)
attualità se si parla di Sud e di questioni meridionali. Un tema
complesso ma affrontato in maniera rigorosa e anche appassionata e
appassionante. Tutti gli elementi analizzati sono sintetizzati già nel
titolo: a proposito dell'uso di quelle assurde teorie (con "seguaci" a
volte peggiori del maestro) anche durante e dopo i processi relativi
all'unificazione italiana; a proposito, ancora, per quello che riguarda
la falsità della scienza del Lombroso, di una scienza messa spesso al
servizio della politica (curioso e significativo il fatto che oggi ci
sia chi accusa gli anti-lombrosiani di finalità politiche). Così
Lombroso adottò "un criterio apparentemente oggettivo per identificare i
nemici, per esempio i briganti, gli anarchici, i componenti delle
classi pericolose" etichettandoli come "criminali
nati". Così si giustificava la "mano pesante" dell'esercito italiano
nella durissima repressione del "brigantaggio". Così, per l'Italia e per
molte altre nazioni "impegnate a costruire una nuova identità liberale,
il delinquente nato rappresentò l'immagine negativa dell'uomo onesto,
dell'individuo normale che possedeva pienamente il diritto alla
cittadinanza" (secondo l'efficace tesi di Mary Gibson, 2010). Così lo
ritroviamo sempre dalla parte di chi comandava e non dalla parte della
verità scientifica (di qui la sua esclusione, di fatto, dalla comunità
scientifica del tempo) sia durante il cosiddetto "brigantaggio" che
quando, per giustificare le conseguenze drammatiche della pellagra
padana, schierava la sua scienza dalla parte delle classi egemoni
agrarie. Così, pur di assecondare il potere politico "unitario",
riformula le sue tesi arrivando a teorizzare che le tendenze ataviche
non sono presenti in tutti i meridionali ma solo "in quella gran parte
di essi che non appartiene alla classe dirigente cioè che non ha
accettato l'unificazione nazionale" e, in fondo, si tratta di uno schema
attuale quando gli intellettuali "ufficiali" criminalizzano ed
etichettano con disprezzo quanti non aderiscono alla vulgata
risorgimentale. Gangemi evidenzia anche un altro aspetto: i rivalutatori
di Lombroso forse non sanno che "tutte le operazioni di rimozione
conoscono processi di ritorno del rimosso". Di qui i tanti storici non
"ufficiali" e anche diversi accademici che stanno, con un successo
crescente, riscrivendo la storia dell'unificazione a proposito del
"brigantaggio" o di quella nazione napoletana e si cita (e ne siamo
onorati) anche il sottoscritto a proposito del fallimento del progetto
di una storia "condivisa a tutti i costi" e contrapposta ad altri
(falsi) miti come quello di Alberto da Giussano utilizzato dalla Lega
Nord. Interessante
e convincente, a proposito delle origini della nazione napoletana, la
tesi che le lega alla Chanson de Aspremont, di epoca Angioina. Gangemi,
inoltre, rivela e anticipa la pubblicazione delle sue ricerche anche su
altre questioni in particolare in merito all'esistenza di "autentici
falsi" prodotti da enti e istituzioni del tempo per l'affare-Fenestrelle
come per quella terrificante legge (quella per i "domicili coatti") che
consentiva di deportare decine di migliaia i meridionali e che forse fu
tra le cause della deportazione dello stesso "brigante" Giuseppe
Villella. Proprio quel Villella al centro delle indagini lombrosiane e
di un acceso e recente dibattito con la riapertura (grazie a consistenti
fondi pubblici) del Museo Lombroso e della richiesta (negata) di
restituzione di quei poveri resti da parte del museo al Comune calabrese
di Motta Santa Lucia (luogo d'origine del Villella) che li richiedeva.
Da 150 anni, del resto, la tesi della inferiorità dei meridionali è il
perno di una questione meridionale ancora irrisolta e sempre più
drammatica soprattutto per i nostri giovani. Ecco perché il povero
Giuseppe Villella, "brigante" o meno che fosse e forse ancora di più se
non lo fu, continuerà a gridare la sua verità dopo 150 anni, continuerà a
denunciare l'esistenza di due Italie, una (quella meridionale) con la
metà del lavoro, dei servizi, delle occasioni e delle speranze
dell'altra e senza neanche il diritto di dare una sepoltura ad un
contadino follemente deportato e morto a 1085 chilometri da casa sua.
Falsi lombrosiani, invece, quelli relativi ai casi di cannibalismo
durante la famosa rivolta antiunitaria del 1866 a Palermo (come rivelato
negli atti processuali riportati da Gangemi), falsa anche l'immagine di
Salvatore Misdea (soldato artefice di un eccidio e "difeso" da
Lombroso) per adattarlo alle sue teorie. Quando
parliamo di Lombroso, del resto, parliamo di un poco difendibile
signore che, aprendo idealmente le porte ai successivi razzismi nazisti,
scriveva senza alcuna remora cose di questo tipo: "È agli elementi
africani ed orientali (meno i Greci), che l'Italia deve,
fondamentalmente, la maggior frequenza di omicidii in Calabria, Sicilia e
Sardegna, mentre la minima è dove predominarono stirpi nordiche
(Lombardia)" (Cesare Lombroso, "L'uomo delinquente", Capitolo III).
Significativi, nel testo di Gangemi, i passaggi nei quali si analizzano
le conseguenze di queste tesi ed in particolare, con il successo
internazionale raggiunto, sulla emigrazione italiana negli Stati Uniti
quando i meridionali venivano assimilati ai "colored" e non furono pochi
gli episodi di razzismo dei quali furono vittime. Il risvolto più
interessante di questo libro, infine, per quanto possa sembrare strano, è
la sua estrema attualità in contrasto con i "rivalutatori" di Lombroso e
con quanti sostengono la tesi del pericolo di associare il passato al
presente. Scorie delle teorie lombrosiane, del resto, si sono trascinate
fino ad oggi fino a diventare fenomeno sociologico sugli stadi con cori
razzisti o addirittura con l'esibizione, da parte di tifosi avversari
della squadra napoletana, di sciarpe riproducenti il volto del Lombroso.
Scorie lombrosiane, forse, anche la diffusione di una immagine solo
negativa dei meridionali così come attestato anche da recenti studi
accademici (Cristante e Cremonesini su tutti). Del resto, perno della
mancata risoluzione della questione meridionale è proprio la tesi
secondo la quale questo Sud è irredimibile, è inutile spenderci soldi o
energie ed è giusto lasciarlo alla deriva puntando sulla parte "buona" e
produttiva dell'Italia e cioè, ovviamente, quella del Nord e questa non
è una ipotesi ma un quadro oggettivo che emerge in particolare negli
ultimi decenni se solo diamo un occhio ai dati relativi alla emigrazione
giovanile e alla progressiva desertificazione della parte meridionale
dell'Italia nel silenzio complice di intellettuali e politici
meridionali e settentrionali. Gennaro De Crescenzo
|