BRESCIA: "TERUN TERUN"? Il noto episodio di Brescia, quantunque venga da un calciatore in focoso festeggiamento e da una tifoseria eccitata, evidenzia, se ancora ve ne dovesse essere bisogno, un atteggiamento e una mentalità offensiva che sempre più risultano radicate nella maggior parte delle genti del Nord Italia. E’ una sorta di dna acclarato, insito
nello stesso modo di essere e di ragionare di queste persone. Come
ognuno ha bisogna di idoli, eroi e forse di profeti, ognuno ha anche la
necessità di avere un capro espiatorio nella vita. Popoli interi, nella
storia dell’uomo, hanno accusato altri popoli delle peggiori nefandezze
per giustificare le proprie. Nel nostro caso, in questa unilaterale
avversione, la colpa è di una programmata esclusione sociale ed
economica, che dura fin dall’unità. Una propaganda feroce, mai dismessa
dai media italiani, ha fatto sì che un complesso di superiorità convinto
e radicato prendesse piede nel Nord, a tutto svantaggio delle genti
meridionali. Una arroganza brutale, a malapena celata nelle persone più
sensibili e acculturate, ma sempre pronta a dischiudersi tra le pieghe
della mente, prende il carattere, i comportamenti, il concepire le cose,
di molti al di là del Tronto. Si instaura una diffidenza immediata al
solo primo ascolto di un accento anche solo lontanamente meridionale.
Diciamoci la verità, quanti hanno avvertito, in un bar, un albergo, in
viaggio, l’immediata contrarietà dell’interlocutore al solo aprire
bocca? E, tutto ciò, fa male! Forse non vale nel caso di conoscenze
dirette, durature, ma quel che ci preme mettere in luce qui è
l’antimeridionalismo “culturale”, a prescindere. Ai tempi d’oro di una
Lega Nord barbaramente contro-Sud, si udivano, nei pubblici comizi,
“locuzioni” assurde, irripetibili, che riporto io stesso (un piccolo
campionario), con vergogna e pudore: - “Terùn de merda, porci”. (Bossi); - “Topi da derattizzare”. (Calderoli); - “Merdacce mediterranee”. (Borghezio); - “Colerosi che puzzano più dei cani”. (Salvini). Mentre
un Celentano, ambienta, nel suo fallito “Adrian” e in un improbabile
futuro, la sede di “Mafia International” proprio a Napoli. Intanto, ad
ogni partita, facinorosi cretini gridano “allegrissimi” cori di lavici
sciacquaggi nei confronti dei partenopei tutti: “Vesuvio, lavali col
fuoco… ohooo ohooo!”. Guai ai vinti! I vinti hanno sempre torto. Sì,
oltre un secolo e mezzo or sono, abbiamo perso, irrimediabilmente, e
mai più siamo stati in grado di risollevarci. Ce lo hanno impedito, con
forza e con tenacia, aggiungendo al gravissimo danno economico che
ancora ci attanaglia, la distruzione morale di una intera popolazione.
Ecco perché, un “terrunciello” di giocatore bresciano, nella pochezza
delle sue sparute sinapsi cerebrali, si arroga il diritto, e
l’intemperanza direi, di incitare i propri tifosi all’ennesima offesa
antimeridionale. Ne ha l’autorizzazione, sì, ne ha condivisa facoltà,
perché questa animosità è generale, diffusa, acclarata, scontata ormai, e
non se ne riceve danno, non si paga il fio, anzi se ne ha approvazione,
visibilità, condivisione. Infatti, al massimo vengono definite
“goliardate”, quasi simpatici sfottò, una sorta di amichevole baccanale
convivialità. Ma quanto mai?! Specie se usciamo dagli stadi, questi
epiteti sono ingiuriosi, detti con foga e cattiveria, o celati dietro
sorrisetti ironici e gesti di rifiuto. E poi, quando entrano in maggior
“confidenza” con te, ti confessano che proprio… “Ma sai, che non SEMBRI
un meridionale?! Non hai proprio la loro stessa “mentalità”!”, che è,
meschino lui che manco lo immagina, la peggiore delle offese che potesse
farti, mentre in realtà crede che ti sta usando una “cortesia”.
Perdonatemi questo livore, ma proprio non se ne può più! E la Rai, e
Libero, e gli stadi, e quel “furto” giornaliero di identità e
appartenenza che si perpetua da decenni, quel considerarci cittadini di
serie Z, hanno decisamente fatto il loro tempo. Esigiamo rispetto,
ribelliamoci anche culturalmente con forza, non permettiamo oltre questo vilipendio. E’
ora di finirla! Siamo stufi di servire unicamente per scopi elettorali,
di avere tutte le mafie del mondo per tenerci a bada, di essere
additati esclusivamente come esempi negativi. Ognuno, qua al Sud, stenta
la vita e ogni giorno, quando ce l’ha, si alza per andare a lavorare,
spera in un futuro migliore per i propri figli, mangia la pastiera e la
cassata a Pasqua e gli struffoli a Natale, e vive in una terra
meravigliosa, mai intercambiabile con altre, checché ne dica
l’antimeridionalismo istituzionalizzato e di Stato.
Antonio Pulcrano |