"TORINO NAPOLI VIA MARSALA": TEATRO (VERO) PER LA (VERA) STORIA DELL'UNITÀ D'ITALIA CON GAETANO AMATO. Gaetano Amato è teatro (tra Viviani e Miller), fiction (dalla "Squadra" in poi), cinema (da "Scugnizzi" in poi), romanzi (e premi) e, dall'altra sera, "raccontatore" di verità storiche. Teatro Karol di Castellammare
di
Stabia (la città di tanti primati borbonici, la città di Gaetano) per
la prima di "Torino Napoli via Marsala": "concerto semiserio sulla vera
storia dell'unità d'italia per chi non sa, per chi vorrebbe sapere, per
chi vorrebbe conferme su quello che sa". Ed è proprio così per oltre
un'ora e mezza di uno spettacolo coinvolgente, divertente e commovente,
tra canzoni e testi che raccontano la (vera) storia dell'unificazione
italiana, dalla prima idea sabauda di unire/conquistare il Regno delle
Due Sicilie fino a Napoli, il 7 settembre del 1860. "Bisogna raccontar
la vera storia": inizia così questo viaggio, seguendo le parole della
"Canzona 'e Garibbarde" che sintetizza le vicende del Peppe nazionale
("fu presentato come eroe chillu samente"). Da Eugenio Bennato a Eddy
Napoli, da Pasquale Squitieri e Luigi Magni fino a Modugno con la
(splendida) voce "tufo, dolore, riso amaro e radici" di Anna Spagnuolo
accompagnata (splendidamente) dai musici/attori Salvatore Torregrossa,
Gaemaria Palumbo e Antonio Suarato e guidata da un Gaetano Amato
(autore, regista e interprete) coinvolto, commosso e divertito come il
pubblico che riempiva il teatro. Così si ricostruiscono verità storiche
ancora cancellate nei libri della storia "ufficiale" ma sempre più
diffuse e diventate, ormai, consapevolezza e orgoglio. "Steva nu rre ca
tantu tempo fa teneva 'o regno cchiù bello ca ce sta" e arriva il
racconto dei primati perduti. "E Ninco Nanco deve morire perché si campa
putesse parlare e si parlasse putesse dire qualcosa di meridionale". Ma
qui, invece, il "brigante" Amato la dice "qualcosa di meridionale" e la
dice come sanno dirla i Napoletani e i Meridionali, con rabbia ma anche
con amore, con poesia e con ironia, legando il passato al presente,
strappando agli spettatori lacrime e sorrisi con il tono degli antichi
cantastorie seduti in piazza o in casa davanti ai "focolari". "Me sì
frato tu a mme?! E dimme pecché fierro e fuoco pe mme" e arriva il
racconto della strage di Bronte e quello delle altre stragi subite dopo
il 1860 da Trapani a Gaeta. "Po' nce haie lassato na granda zavorra: ‘ndrangheta
mafia munnezza e camorra" e arriva il racconto dei saccheggi e delle
complicità che hanno tolto (e ancora tolgono) le speranze al Sud. "Cieli
infiniti e volti come pietra, mani incallite ormai senza speranza:
addio, addio amore, io vado via, amara terra mia, amara e bella" e
arriva il racconto (mai finito) dell'emigrazione che chiude uno
spettacolo che vale più di 100 libri e di 100 convegni messi insieme ma
che ti fa anche capire l'importanza di quei libri e di quei convegni
perché quelle parole scritte e dette in tutti questi anni poi magari
diventano teatro ed emozioni come quelle che regala "Napoli Torino via
Marsala". "Ma io canto, canto, canto, canto per tutti,
canto per dare coraggio, canto per dare speranza, canto per la dignità"
e coraggio, speranza e dignità sono le cose che servono al Sud di
domani (e ai suoi giovani) per trovare quel riscatto che meritiamo e che
aspettiamo da troppo tempo. Lo spettacolo di Gaetano Amato non è solo
uno spettacolo ma è un progetto: contattiamolo e portiamolo nelle nostre
città, nelle nostre piazze, nei nostri teatri e nelle nostre scuole. E
anche così quel riscatto potrebbe essere più vicino di quello che
pensiamo e che sogniamo. Gennaro De Crescenzo
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