“L’ULTIMO RE DI NAPOLI” NEL NUOVO E PREZIOSO LIBRO DI GIGI DI FIORE (1 OTTOBRE A NAPOLI). "Giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco secondo" scrisse Matilde Serao. “L'Ultimo re di Napoli” (Utet), in libreria dal 25 settembre, è la prima biografia sui 33 anni di
esilio
di Francesco II di Borbone scritta da Gigi Di Fiore. PRESENTAZIONE
LUNEDI’ 1 OTTOBRE ORE 18, LIBRERIA FELTRINELLI, Napoli, piazza dei
Martiri. Allegato il bellissimo booktrailer del libro…
QUALCHE PAROLA SUL LIBRO IN PRIMA EDIZIONE, IN ATTESA DI LEGGERE L'EDIZIONE NUOVA E ARRICCHITA DI NOTIZIE.
Un
libro importante quello di Gigi Di Fiore dedicato a Francesco II di
Borbone (“L’ultimo re di Napoli. L’esilio di Francesco II di Borbone
nell’Italia dei Savoia” appena arrivato in libreria per Utet. Dopo i
successi del recente “Briganti!” e dei libri dedicati alle
“controstorie” e ai “vinti” del risorgimento, il libro descrive, con
rispetto e con affetto, la vita dell’ultimo re delle Due Sicilie da una
prospettiva diversa e in un momento diverso: i 33 anni dell’esilio visti
quasi con gli occhi dello stesso re Francesco. E la forma sembra essere
coerente con il contenuto per lo stile come di consueto pacato, a
tratti commosso e commovente, “in punta di piedi/penna”, a "voce bassa" e
senza eccessi, esattamente come la vita vissuta dal sovrano napoletano.
Significative anche le principali fonti utilizzate come al solito con
rigore e puntualità da Di Fiore: dall’Archivio Borbone al diario di
Francesco II, dalle memorie di Calà Ulloa a quelle inedite di Pietro
Quandel (gli ultimi a stare davvero vicini al re prima a Roma e poi a
Parigi). Più santo che re, forse, Francesco II, ma soprattutto
“galantuomo e gentiluomo” (con le parole del saluto di Matilde Serao
dalle colonne del Mattino riportate da Di Fiore, giornalista di punta
dello stesso giornale). Fu il re che vide da lontano i suoi popoli
diventare prima “briganti e poi emigranti” carico di un’amarezza che
lasciò il posto, anno dopo anno, come ci racconta Di Fiore, ad una
rassegnazione profondamente cristiana. A fare da contrappunto alle
vicende storiche italiane ed europee, le considerazioni personali di
Francesco II, sintetiche ed essenziali ma con spunti a volte ironici, a
volte nostalgici quando paragona i luoghi visitati a Costantinopoli a
Gaeta (“pietre, terra rossa, cespugli mi ricordano Gaeta e il tempo
vecchio”) o quelli della Francia o della Germania a Castellammare, ad
Avellino o a Mongiana, quando si augura per il 1862 un “anno diverso dal
61, un anno di pace”, quando richiede con decisione al governo italiano
la (sacrosanta) restituzione dei suoi beni personali ma senza mai
accettare compromessi pronto (come poi accadde) ad essere “povero come
tanti altri che sono migliori di me”. Su tutto prevale l’affetto verso
la moglie (“una consolazione universale” il suo ritorno dopo una lunga
assenza) e l’affetto verso la sua famiglia spesso al centro di
preoccupazioni (“anniversario della morte di papà mio, punto di partenza
di tutte le mie sventure”) che si intrecciano alla vicende “parallele”
di quell’esilio (le 633 opere della sua biblioteca, il dolore per la
morte della piccolissima Maria Cristina, le visite degli uomini rimasti
fedeli alla dinastia, quelle dei “pazzi compatrioti” a Palazzo Farnese,
le vicende della vita di Maria Sofia -semplicemente “Maria” per il
marito-, i funerali e i tormenti per i suoi resti anche dopo la morte
-il 27 dicembre del 1894- fino alla sepoltura a Santa Chiara -solo nel
1984- tra acque e terre del suo Regno [io c’ero ed è un ricordo
personale importante, circa 10 anni prima della fondazione del Movimento
Neoborbonico]. Quelli descritti da Di Fiore, allora, sono
effettivamente “anni dall’apparente monotonia ma ricchi di eventi” e
sono gli anni meno conosciuti della vita dell’ultimo re di Napoli. Ecco
perché si tratta di un libro importante per ricostruire quel mosaico
della memoria storica sempre più chiaro e definito e sempre più utile
per chi sta cercando identità e radici che sembravano perdute per sempre
e che, ricerca dopo ricerca, libro dopo libro, stiamo finalmente
ritrovando. Gennaro De Crescenzo
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