LA REPLICA NEOBORBONICA IN RISPOSTA ALLE OFFESE E ALLE "CENSURE" DI BARI. PUBBLICATA SULLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO. RISPETTO PER LA NOSTRA STORIA! Sono necessarie alcune osservazioni in merito agli articoli di Alessandro Laterza e di Bianca Tragni sui "neoborbonici tra i ragazzini" (19-20/2/18) sia dal punto di vista formale, da legale
rappresentante
dell'associazione dei neoborbonici (marchio registrato ed in uso dal
1993) che per i contenuti (offensivi e non del tutto chiari). Venuto a
conoscenza di un incontro culturale sull'"altro risorgimento" presso la
scuola che l'anno prossimo sarà frequentata da sua figlia, Laterza
afferma di essere a "favore della libertà di opinione". Afferma anche,
però, di aver letto "con orrore" quell'annuncio, che si tratta di un
"rigurgito neoborbonico", di "incultura", di argomenti "diseducativi"
che (addirittura) potrebbero "corrodere i valori di cittadinanza" o
"contaminare l'ambiente scolastico". Insomma: per Laterza definire
"neoborbonico" qualcuno è un'offesa e lo stesso “stile” è utilizzato
dalla Tragni che arriva (addirittura) a ipotizzare collegamenti tra la
storia dei “briganti” post-unitari e i “neo-briganti che picchiano i
professori”. Al di là degli aspetti "legali" della faccenda (potrebbero
sentirsi danneggiati moralmente e materialmente migliaia di iscritti o
simpatizzanti dell'associazione neoborbonica) e al di là dell'aspetto
surreale della faccenda (la dr.ssa Lippolis, autrice del libro al centro
dell'incontro non è iscritta alla mia associazione e io stesso non l'ho
mai incontrata di persona), quello che più sconcerta è la premessa di
questo articolo: Laterza e Tragni hanno letto (come ho fatto io e come
dovrebbe fare chi ama, pubblica o scrive libri) quel libro o si sono
indignati alla sola notizia che qualcuno, in una scuola, dopo 150 anni,
parlasse di un "altro risorgimento"? Sanno che quel libro e tanti altri
libri che loro definirebbero "neoborbonici" sono ricchi di fonti
archivistiche e anche accademiche e non hanno mai (dico "mai") parlato
di "paradiso borbonico"? È "incivile” far sapere ai nostri ragazzi che
l'economia delle Due Sicilie era tutt'altro che arretrata prima del
1860, come hanno scritto qualche anno fa Davis o Daniele, Malanima,
Ciccarelli, Fenoaltea, De Matteo o come rivelano i documenti del fondo
Ministero Agricoltura Industria e Commercio nell'Archivio di Stato di
Napoli? È davvero "sciaguratissima" una mozione che propone di ricordare
le "vittime meridionali dell'unificazione italiana" o è il (tardivo)
tentativo di raccontare la storia italiana senza retoriche
risorgimentali e di fronte alle verità ormai venute fuori e ormai
diffusissime (anche tra i ragazzini) in merito ai massacri, ai
saccheggi, alle devastazioni o alle deportazioni di cui i meridionali
furono effettivamente vittime, come raccontano ormai le carte degli
archivi centrali e locali (da quello dello Stato Maggiore ai fondi
Brigantaggio negli archivi del Sud)? Si tratta degli stessi documenti
che dimostrano ormai ampiamente che (come recentemente ha dichiarato un
grande esperto come il giudice Gratteri) i “briganti” post-unitari non
erano affatto “criminali o delinquenti comuni”. Se Laterza e Tragni sono
così (giustamente) attenti ai valori della costituzione e della
democrazia, perché se ne dimenticano per attaccare una mozione approvata
quasi all'unanimità o una presidente di una commissione antimafia
eletta (sempre all’unanimità) nello stesso democratico consesso della
Regione Puglia? Se la storia deve raccontarla "chi studia la storia",
perché quel seminario gestito dall'autrice di un libro carico di fonti e
frutto di ricerche è "orrido"? Chi distribuisce le patenti da storico?
Eppure Laterza è stato l'editore di Benedetto Croce (che non era neanche
laureato)... Perché è “fazioso” o “politico” o fa “proselitismo” chi
racconta la storia dei Borbone e non chi magari racconta quella del
massone Garibaldi o del massone Murat (con tanti bambini -anche
pugliesi- travestiti da garibaldini o murattiani)? E chi decide chi sono
i “buoni” e chi “i cattivi” dopo che magari abbiamo saputo che quegli
stessi francesi (nel 1799 e poi nel 1806-1815) furono artefici di oltre
100.000 vittime (come attestano le cronache degli stessi generali
francesi come Thiebault)? Ma davvero, infine, qualcuno dotato di media
intelligenza può pensare (dopo 25 anni di attività solo culturali) che i
neoborbonici stiano organizzando un ritorno dei Borbone sul trono di
Napoli? I neoborbonici, allora, non "sbarcano tra i ragazzini": gli
articolisti si possono tranquillizzare. È vero, magari, il contrario:
spesso, ormai, sono proprio gli stessi ragazzini e gli stessi giovani
che "sbarcano" (sempre di più) tra i neoborbonici a caccia di una storia
diversa da quella raccontata nelle nostre scuole per 150 anni, una
storia "altra" e carica (finalmente) di quelle verità e di
quell'orgoglio che gli sono stati negati e occultati con 150 anni di una
rassegnazione e di una subalternità che questo Paese duale ci impone da
troppo tempo. Ricordiamo diversi appelli indignati -anche sulla
Gazzetta- contro il nostro giorno della memoria ma non ricordiamo
appelli indignati contro il Sud desertificato di questi anni con i
nostri giovani sempre più costretti ad emigrare per sopravvivere.
Saranno quei ragazzi, magari, a percorrere (finalmente e a testa alta)
una strada che li renda consapevoli di chi e perché ha creato e mai
risolto questioni meridionali sempre più drammatiche nel silenzio
(complice o colpevole) delle nostre classi dirigenti e di tanti
intellettuali e storici del passato e del presente. E non si tratta
certo (da 150 anni) di “neoborbonici”.
Prof. Gennaro De Crescenzo, Movimento Neoborbonico, Napoli
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