GALASSO, NITTI, IL SUD, IL NORD E QUEI SEGNI SUGLI SPECCHI... Significativo un recente articolo del prof. Giuseppe Galasso sul Corriere (1/11/17). Galasso attacca (finalmente) i referendum lombardoveneti citando vari passi di Nitti e varie tesi molto simili a quelle neoborboniche: in questi anni
Nitti è stato tra gli
autori più citati dai neoborbonici ed è tra gli accademici, invece, che
molte delle sue tesi erano state dimenticate... "Il Sud ha dato tanto al
Nord" (applausi a Nitti); "il Sud ha dato dal 1860 assai più d’ogni
altra parte d’Italia in rapporto alla sua ricchezza; paga quanto non
potrebbe pagare; lo Stato ha speso per essa, per ogni cosa, assai meno"
(ancora applausi a Nitti); "la ricchezza del Mezzogiorno, che poteva
essere il nucleo della sua trasformazione economica, è trasmigrata
subito al Nord per cause molteplici: unioni di debiti, vendita dei beni
pubblici, privilegi a società commerciali, emissioni di rendita, spese
dello Stato non al Sud e imposte gravi" (tutti in piedi per Nitti). Così
"4 o 5 miliardi di lire del tempo dell'unità sono stati trasferiti via
via dal Sud al Nord facendo crescere il resto dell'Italia più del Sud"
(applausi -meravigliati- a Galasso). Ritornando alla realtà, però,
Galasso ribadisce le sue tesi specificando quanto nessuno aveva
richiesto e dimenticando quanto, ad esempio, qualche giorno fa sosteneva
lui stesso a proposito dei neoborbonici ("hanno avuto il merito di non
esser caduti nelle tentazioni secessionistiche"): "quella di Nitti
-scrive il prof- non era, né voleva essere una recriminazione
antiunitaria o, meno che mai, l’espressione di nostalgie borbonizzanti".
Premesso che saremmo curiosi di chiedere a Nitti se è ancora convinto
del fatto che (vista la situazione mai cambiata -anzi!- del Sud dopo 150
anni) le sperequazioni non siano state (e siano) la conseguenza di un
piano preordinato (ma su questo il contemporaneo Galasso potrebbe e
dovrebbe avere idee più chiare), riaffiorano
ancora le vecchie tesi galassiane quando si legge che lo stato italiano
fu quasi costretto a fare quelle scelte antimeridionali ("minacce di
guerra ai confini" e "l'idea che il Sud fosse ricchissimo" le strane
giustificazioni galassiane di quelle scelte). E se è vero che Nitti
trovava "insopportabile che il Nord fosse stato così pronto a
dimenticare un passato e lo stesso presente ad esso così vantaggiosi, e
trattasse il Sud come un incomodo parassita", è altrettanto vero che
Nitti, forse, avrebbe trovato insopportabile anche il fatto che intere
generazioni di accademici (da Croce allo stesso Galasso&allievi
vari) hanno fatto di tutto per far dimenticare al Nord quello stesso
passato con la stanca (e falsa) rappresentazione di un Sud povero e
arretrato salvato dal Nord. Su tutto, però, prevalgono un paio di tesi
finora raramente apparse tra gli accademici in questi 150 anni: il Sud
(per il Nord) era ricco; il Sud fu saccheggiato e diede al Nord (perché,
evidentemente, li aveva!) 4 o 5 miliardi di lire del 1860; il Nord è
cresciuto alle spalle del Sud. Altro che "lo avevamo sempre detto" o
"non leghiamo il passato al presente"! Al di là dei possibili e lievi segni di
tentativi di "arrampicate sugli specchi della storia", se non è
"rivendicazionismo neoborbonico" questo, ci siamo molto molto vicini... E
(ovviamente) la cosa ci diverte e ci fa ben sperare per il futuro
dell'ex Regno delle Due Sicilie (mi è scappata: del Sud dell'Italia!). Gennaro De Crescenzo
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