ANCORA ALTRE FONTI E ALTRE (TRAGICHE) VERITÀ SU PONTELANDOLFO (CON BUONA PACE DEI “NEGAZIONISTI”): I PONTELANDOLFESI CHE UCCISERO I SOLDATI SABAUDI
ERANO INNOCENTI! “Quanto a me ho rispetto per tutti i morti, anche per i
quarantotto carabinieri che, prigionieri, vennero trucidati con le
zappe e combatterono una guerra per l’ideale italiano che proprio nel
nostro Mezzogiorno nacque. Che Dio, se non gli uomini, conservi sempre
la memoria del loro valore e il loro esempio” (Giancristiano Desiderio,
Corriere del Mezzogiorno). Ogni tanto qualcuno tenta (inutilmente) di
ridimensionare le conseguenze dell’unificazione italiana ai danni del
Sud e anche il numero delle relative vittime e ogni tanto sortisce
effetti (se non si trattasse di eventi tragici che riguardano la nostra
gente) involontariamente comici. E’ di questi giorni, del resto, una
lunga polemica seguita all’approvazione di un giorno per la loro memoria
in Basilicata e in Puglia. Luogo-simbolo di questi (inutili e anche
maldestri) tentativi è Pontelandolfo. A distanza di due o tre anni,
ciclicamente, qualcuno (di recente Giancristiano Desiderio sul Corriere
del Mezzogiorno) pubblica un articolo nel quale riporta le (sole) 13
vittime che risultano dai registri parrocchiali. Nessun tentativo, da
parte dei “negazionisti”, di aggiornare le proprie fonti o anche di
confrontarle con quelle degli altri. Non si risponde, quindi, alle
recenti (e inedite) ricerche di Gigi Di Fiore (in particolare “I vinti
del Risorgimento” e “Controstoria dell’unità d’Italia”). Non si risponde
in particolare alle nuove (e inedite) ricerche di Pino Aprile
(“Carnefici”) che, confrontando i dati del Dicastero Interno e Polizia
relativi agli abitanti addirittura pochi giorni prima della strage del
14 agosto 1861 con quelli successivi, evidenzia l’assenza di 1463
persone (non tutte morte ma di sicuro un segnale di un dramma avvenuto
in quei giorni). Non si risponde al dato che gli archivi parrocchiali (e
tutti gli altri archivi) conservano percentuali minime dei documenti
prodotti; non si risponde alle testimonianze dirette e drammatiche del
bersagliere Carlo Margolfo con la descrizione di quei “poveracci
abbrustoliti nelle loro case” o del Popolo d’Italia (che attesta 164
vittime) o dello stesso sacerdote locale Panella che parlava (anche con i
dati delle tante vittime ricercate e uccise dopo il 14 agosto in tutta
l’area) di “centinaia di vittime”. Come se non bastasse, gli stessi
“negazionisti” spesso hanno invitato e invitano i propri lettori a
tenere in considerazione le MOTIVAZIONI DI QUELLA RAPPRESAGLIA contro la
popolazione civile (una rappresaglia vergognosa anche per lo Stato
italiano che nel 2011 ha chiesto ufficialmente scusa attraverso il
presidente della Repubblica). Una rappresaglia e un massacro (sempre
bene ricordarlo) che non erano affatto isolati se pensiamo alla vicina
Casalduni e alle decine di Paesi a cui toccò la stessa sorte in tutto il
Sud con (tra fucilati, uccisi negli scontri, feriti, incarcerati o
deportati) troppe migliaia di vittime complessive. Quelle motivazioni, a
pensarci bene e secondo il loro schema mentale e culturale, sono da
ricercare (a dimostrazione della concreta attualità di certe storie) nel
consueto schema che porta a incolpare sempre e comunque il Sud per
tutte le questioni meridionali ancora aperte e attuali (e “TUTTA COLPA
DEL SUD” -da Pontelandolfo alle recenti colpevolizzazioni magari dei…
terremotati di Ischia- diventa lo slogan per continuare a ignorare il
Sud e a cancellarlo dalle agende di governo e anche per avere carriere e
successi assicurati...). Le “motivazioni” o (per i “negazionisti”)
le “giustificazioni” si legherebbero, allora, alla precedente uccisione a
Pontelandolfo di 41 uomini di parte sabauda tra soldati e Carabinieri.
Premesso che quei 41 uomini (è la cifra esatta riportata da Di Fiore)
non erano turisti di passaggio e non erano “portatori di pace” e che
(come in tutte le guerre del mondo e in qualsiasi momento della storia
dell’umanità) chi combatte/attacca/invade ha meno giustificazioni di chi
difende se stesso, la propria famiglia e la propria terra, una fonte
che in tanti forse hanno letto ma a cui non hanno mai dato (qualcuno in
buona fede, qualcun altro no) il giusto peso ci rivela le (vere)
motivazioni di quel tragico episodio senz’altro da condannare ma con
molte, moltissime attenuanti: si tratta della rivista dei Gesuiti, la
Civiltà Cattolica che, per quanto di parte, nel 1861 così descrive fatti
confermati anche dalla logica e da ulteriori fonti: “Il saccheggio e la
distruzione delle borgate compierono l’opera italiana. I soldati di
Pinelli avevano fieramente manomesse alcune terre a breve distanza da
Pontelandolfo, commettendovi atrocità orribili contro pacifici abitanti
designati loro come reazionarii. Mossero quindi una quarantina di essi a
Pontelandolfo. La voce della loro scelleratezza ve li avea precorsi e
un furore di vendetta sospinse loro addosso la popolazione che tutti li
scerpò, salvandosi un solo sergente che ne recò notizia a’ Piemontesi.
Il Cialdini avviò subito colà il Colonnello Negri con un battaglione di
bersaglieri ed altra milizia con artiglierie, si trassero bombe e
granate, poi si venne all’assalto” (La Civiltà Cattolica, Anno
Duodecimo, Vol. XI della Serie Quarta, Roma, All’Uffizio della Civiltà
Cattolica, 1861, p. 618). Se la popolazione, allora, dopo una sorta
di vero e proprio “processo popolare”, decide di fare “scempio” di
quegli uomini non era perché era una popolazione crudele e selvaggia
(non lo era mai stata, del resto, nella sua ultrasecolare storia e non
poteva essere impazzita all’improvviso) ma solo perché (con le donne,
giustamente, in testa) REAGIVA AD “ATROCITÀ ORRIBILI”, “SCELLERATEZZE”,
SACCHEGGI E STUPRI REITERATI COMMESSI DA QUEGLI STESSI UOMINI. Altre
fonti ci confermano tutto questo. Le riporta ancora una volta Pino
Aprile in “Carnefici” (forse se qualcuno dei suoi -pochi e sempre gli
stessi- detrattori avesse la correttezza e l’onestà di leggere i suoi
libri e le sue numerose fonti potrebbe correttamente e onestamente
cambiare idea…). Numerose le testimonianze di quelle violenze sulle
donne, numerose le testimonianze delle altre nefandezze o delle torture
inflitte alla popolazione locale: un “comandante Crema” (cfr. Carlo
Perugini, “Pontelandolfo: Agosto 1861. Memorie di quei giorni di Antonio
Pistacchio”) diventò “famigerato” in quella zona per la sua ferocia
(suo un proclama che anticipava l’altrettanto famigerata Legge Pica con
la libertà di fucilare sul posto tutti quelli che venivano anche solo
sospettati di essere “briganti”); la sua compagnia veniva definita
“compagnia dei ladri” fino al punto di essere richiamato a Campobasso
“in quanto i comandi superiori vennero a conoscenza che era suo costume
saccheggiare chiese ed esattorie comunali, fattorie e monti frumentari”.
Al limite della follia la sua abitudine di sparare senza motivo su
quella povera gente o di procurarsi con la violenza “donne di conforto”.
In una tesi di laurea del 2009 (Massimo Grifa, “Il Brigantaggio
meridionale nella stampa clericale e moderata. 1861-1865”, relatore il
professor Carlo Fumian a Padova) altre “prove”: l’Osservatore Romano del
19 agosto 1861 racconta di un antecedente nel quale il drappello
sabaudo avrebbe torturato e ucciso una decina di persone, tra le quali
un parroco. Dunque, la popolazione avrebbe vendicato quell’episodio e il
cronista sottolineava che non si trattava di “briganti”, ma soprattutto
di “donne, vecchi e fanciulli, che servendosi di quanto veniva loro
alle mani... si sbarazzarono di quell’orda di eroi, i quali non
ritornavano da una pugna leale e generosa, ma dall’avere assassinato
dieci uomini inermi, e martoriato per 15 ore un infelice”. QUALCUNO AVRÀ
LA CORRETTEZZA E L’ONESTÀ DI LEGGERE QUESTE FONTI? QUALCUNO AVRÀ LA
CORRETTEZZA E L’ONESTÀ DI RICONOSCERE CHE PER 150 ANNI CI HANNO
SOTTRATTO LA VERITÀ STORICA? Qualcuno avrà la correttezza e l’onestà di
dichiarare che, in fondo, è giusto, ormai anche un giorno della memoria
per le vittime meridionali dell’unificazione italiana? Qualcuno avrà il
coraggio di avvertire Giancristiano Desiderio e i suoi colleghi che di
quei soldati purtroppo trucidati non “combatterono una guerra per
l’ideale italiano e che c’è ben poco da conservare in quanto a “valore e
ad esempio”? Napoli 16 ottobre 2017. Prof. Gennaro De Crescenzo
Nell'immagine dalla stampa del tempo, la lettura "unilaterale" dei fatti di Pontelandolfo (per decenni il "massacro" non fu quello subito dai Pontelandolfesi ma quello dei soldati sabaudi)
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