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L'orgoglio di essere meridionali

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MEMORIA: REPLICA A BIANCA TRAGNI E ALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (ALTRO CHE CORBEZZOLI GARIBALDINI) PDF Stampa E-mail

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EROI DEL SUD: ALTRE FONTI E ALTRE STORIE DA RISPETTARE E DA AMARE: ALTRO CHE CORBEZZOLI GIACOBINI&GARIBALDINI
... Bianca Tragni, nei suoi interventi sulla Gazzetta del Mezzogiorno, sostiene la tesi della necessità di celebrare non “le vittime meridionali
dell’Italia unita” (come previsto dalla ormai famosa mozione della Regione Puglia promossa dal M5S) ma le “vittime dei Borbone”. Riporta allora un elenco di una dozzina di pugliesi uccisi durante il 1799 o incarcerati durante i moti del 1848 e negli anni successivi. Vorrei avere la possibilità di citare qualche fonte diversa da quella utilizzata nell’articolo con una premessa: nel 1860 non si contrapposero un “partito borbonico” e un “partito sabaudo” ma uno Stato legittimo (il Regno delle Due Sicilie) e uno Stato invasore (il Piemonte) con l’aiuto di pochi sostenitori locali (qualcuno in buona fede, qualcun altro no: “la parte peggiore della società siciliana”, scrive il prof. Macry a proposito dei -pochi- garibaldini siciliani). Nel 2017 non si stanno contrapponendo gli stessi “partiti” ma una parte (solo una piccola parte) di accademici e una foltissima (sempre più folta) schiera di persone che hanno iniziato a conoscere e ad amare una storia diversa da quella raccontata nell’articolo in questione e nei libri di scuola da oltre 150 anni. In questa schiera (“la stragrande maggioranza della intellettualità diffusa”, come ammise lo stesso Ernesto Galli della Loggia) anche esponenti del M5S che hanno proposto quella mozione e quei consiglieri regionali (pugliesi e lucani) che l’hanno approvata, da diversi partiti, quasi all’unanimità (si chiamerebbe democrazia e le decisioni istituzionali andrebbero rispettate sempre e non solo quando decidono le cose che piacciono a noi). Niente di “ridicolo”, allora, ma solo il tentativo di formare, magari, anche attraverso un semplice giorno per la memoria (lo studio e la riflessione), classi dirigenti (o loro “formatori”) nuove e finalmente diverse da quelle che in questi 150 anni hanno ridotto il Sud come sappiamo (“un deserto senza speranze” secondo l’Istat). Solo il tentativo di unire memoria, consapevolezza e orgoglio per iniziare a chiedere o a pretendere pari diritti tra i ragazzi del Nord e del Sud perché da 150 anni, anche con le storie “risorgimentali”, abbiamo costretto i giovani del Sud ad avere la metà dei diritti, del lavoro, delle speranze e delle occasioni che hanno quelli del Nord e del resto dell’Europa. Tutto qui. Nessuna secessione, nessuna nostalgia e nessun “paradiso borbonico” (nessuno lo ha mai scritto) ma neanche più, se possibile, le leggende dei "mille garibaldini" (dopo qualche settimana erano oltre 40.000 in gran parte soldati sabaudi e settentrionali)  e neanche "mille corbezzoli" (è con questa retorica che il "risorgimentalismo" è stato sconfitto da se stesso). Detto questo, non possiamo non evidenziare, con tristezza, un certo disprezzo della Tragni nei confronti di quelle vittime definite “briganti, soldati sbandati, contadini ignoranti o pretonzoli”: quello che si ribellò a quella invasione straniera pagando con la vita quella ribellione era (ci piaccia o no) semplicemente il popolo delle Due Sicilie. E devo citare una fonte imparziale che forse l’articolista non conosce: “voi potete chiamarli briganti, ma i padri e gli avoli di questi hanno per ben due volte [compreso il 1799] ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l'usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l'unico sovrano che possa governare, dev'essere della dinastia borbonica, perché in questa famiglia reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata sull'esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono” (si tratta di uno stralcio degli atti del Parlamento del 1862 e l’autore è Giuseppe Ferrari, deputato e senatore milanese della sinistra radicale del tempo). In quanto al 1799 e alle sue vittime la Tragni dimentica di riportare le notizie pubblicate dal generale francese Thiebault nelle sue memorie:  in quell’altra invasione straniera sostenuta (come capitò nel 1860) da pochi giacobini locali, i francesi massacrarono “oltre 60.000” meridionali (Pugliesi “in primis” ). Dimentica che i franco-giacobini massacrarono le popolazioni di molte città pugliesi (a Ceglie, Carbonara, Trani, Manfredonia, Brindisi, Montrone, Andria, Bari: solo a Sansevero furono oltre tremila le vittime, compresi donne e bambini e “ci fu un continuo macello”). Dimentica anche quello che il (suo) Mazzini scrisse di quella stessa rivoluzione: “Il 1799 fu uno di quegli anni che vi rivela tutta intera la storia di un Popolo... un Popolo che era disposto a morire combattendo non per superstizione, come più volte si è detto, ma per un sentimento nazionale, per un’idea di Patria che vi pulsava al di sotto... Dov’erano i patrioti giacobini? Intrattenevano un generale straniero; gli dicevano: venite, Napoli è nelle nostre mani; si impegnavano a liberare le fortezze e ad aprirgli una strada nel cuore dello stato” (manoscritto, Museo Centrale del Risorgimento, Roma). Per Mazzini, allora, quegli “eroi vittime dei Borbone” erano “traditori” della loro patria (che era quella napoletana e non quella francese). In quanto al 1848 ricordiamo all’articolista un’altra fonte attendibile e non sospetta di simpatie borboniche: fu Benedetto Croce, infatti, a “ringraziare” Ferdinando II di Borbone per essersi opposto ai moti napoletani e siciliani “deludendo le mire inglesi” e “conservando quei territori all’Italia”. Ultima nota: le centinaia di migliaia di vittime che si ricorderanno comunque nel giorno della memoria (massacrate come “briganti”, fucilate, spesso decapitate, deportate come civili e come soldati nei lager del Centro- Nord -non meno di 70.000 persone e molti erano pugliesi-) non sono mai state né raccontate né celebrate. La stessa cosa non possiamo dirla per molti degli eroi citati nell’articolo (basterebbe dare un’occhiata a libri di scuola o tesi di laurea o anche a strade e scuole a loro dedicate in Puglia e altrove). Le stesse vittime (al contrario di quelle citate nell’articolo e, con un’ironia non condivisibile, paragonate a quelle “di romani e barbari”) dimostrano che le questioni meridionali aperte (solo) nel 1860 devono essere risolte anche (e non “solo”, ovviamente) parlando di questi temi. In una continuità impressionante e senza alcuna interruzione, quelle vittime (con gli smantellamenti progressivi e sistematici delle strutture produttive e decisionali) si collegano al presente quando leggiamo i dati di questioni meridionali mai risolte e sempre più drammatiche, si collegano ad un presente che ha cancellato il problema-Sud da troppi anni e ben vengano anche i giorni della memoria se sollecitano dibattiti e raccontano una storia magari diversa da quella spesso raccontata da giornali e libri ma che merita di essere altrettanto rispettata e (sempre di più) amata…
Prof. Gennaro De Crescenzo, presidente Movimento Neoborbonico, Napoli
P.S. NEL QUADRO DI TAUREL L'ESERCITO FRANCESE ENTRA A NAPOLI NEL 1799, INCALZA E MASSACRA IL POPOLO NAPOLETANO
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