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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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10 DOMANDE AD UN ACCADEMICO SUI GIORNI DELLA MEMORIA E SUI GIOVANI DEL SUD ("REPUBBLICA" 5/8/17) PDF Stampa E-mail

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10 DOMANDE (CON REPLICA E CONTROREPLICA) AD UN FAMOSO ACCADEMICO A PROPOSITO DEI GIORNI DELLA MEMORIA (E DEI GIOVANI DEL SUD). Gentile prof. Aurelio

Musi, sono diventato neoborbonico durante la specializzazione in Archivistica e sono uno degli artefici di questo "trend" di oggettivo e dilagante successo ma vorrei che mi rispondesse non su etichette "confortanti" (per chi le usa) ma nel merito. 1) È "mito neoborbonico" il dato di un Sud che fino al 1860 aveva livelli di pil, redditi medi, industrializzazione, crescita demografica ed economica positivi e che dal 1860 (solo dal 1860) vide invertire in negativo quei livelli? 2) Sono tutti "beceri" borbonici quegli accademici suoi colleghi che hanno documentato queste tesi? Tutti "reazionari" Daniele, Malanima, Collet, Fenoaltea, Gangemi, Ciccarelli, De Matteo, Tanzi o lo stesso Davis quando afferma che la teoria dell'arretratezza meridionale preunitaria fu un'invenzione postunitaria creata strumentalmente dagli artefici dell'unificazione (e trasmessa dai loro eredi genetici e culturali)? 3) È "vittimista" quel meridionalismo che chiede (dopo 150 anni) "par condicio" tra Sud e Nord o è colpevole quel meridionalismo che (da 150 anni, magari per preservare ruoli e/o incarichi come iniziarono a fare gli antiborbonici del 1860) non lo ha mai fatto? 4) "Gioca sporco" chi si indigna per il dramma di giovani che al Sud (da 150 anni: altro che "condizioni di crisi generali") hanno la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi, delle occasioni e delle speranze di quelli del resto dell'Italia e dell'Europa o chi si indigna per i giorni della memoria? 5) È più "impressionante" la sequenza di eventi che in 150 anni hanno ridotto il Sud come sappiamo ("un deserto" per l'Istat) o quella che (si chiamerebbe democrazia) ha portato a votare i giorni della memoria per giunta a livello istituzionale e quasi plebiscitariamente? 6) La mancata risoluzione delle questioni meridionali è colpa di chi non ha mai avuto ruoli istituzionali (o cattedre) e vorrebbe (dopo 150 anni) risolverle percorrendo la strada dell’orgoglio e della sacrosanta rivendicazione o di chi è stato classe dirigente per tutti questi anni senza risolverle? 7) Ha più colpe chi (secondo la sua ipotesi, autorevole ma pur sempre una ipotesi) vorrebbe unire "populismo e neoborbonismo" o chi (non è un'ipotesi ma un dato di fatto vecchio di 150 anni) non le ha risolte come classe dirigente o (si chiamerebbe "autocritica") non ha saputo formare classi dirigenti capaci di risolverle? 8) È "un fatto assai grave" revocare simbolicamente la cittadinanza onoraria ad un generale che massacrò migliaia di meridionali o continuare a raccontare leggende come quelle di Cialdini e compagni? 9) È più "antistorico" ricercare e scoprire (da volontario, negli archivi) massacri, deportazioni o saccheggi ignorati (come negarlo?) "nei libri di scuola" o opporsi ad un semplice momento di riflessione e di confronto su temi che le "pubbliche accademie" hanno ignorato o minimizzato per un secolo e mezzo? 10) È "strumentale" l'uso della storia fatto da una cultura risorgimentalista dal 1860 ad oggi com'è dimostrato da generazioni di docenti e migliaia di ricerche e pubblicazioni o è strumentale l'uso (ipotetico e tutto da dimostrare) di revisionisti, neoborbonici, Terroni, M5S e altri? Nessuna "aria antiunitaria", allora, ma il contrario: l'obiettivo potrebbe essere proprio quello di unire (finalmente) un Paese diviso (per diritti e per speranze) da 150 anni e a danno di una sola parte: quella meridionale , con le poche eccezioni di classi dirigenti complici e/o interessate che in 150 anni non hanno mai cambiato linee culturali e scelte politiche. Le stesse classi dirigenti che i nostri giovani, forse, hanno finalmente il diritto e il dovere di cambiare. Piaccia o no a a lei e a noi.
Prof. Gennaro De Crescenzo, presid. Movimento Neoborbonico

ARTICOLO INTEGRALMENTE PUBBLICATO SU "REPUBBLICA" DEL 5/8/17 CON REPLICA DEL PROF. MUSI

CONTROREPLICA

LE MIE DOMANDE (INTEGRALMENTE) PUBBLICATE SU "REPUBBLICA", LE (NON) RISPOSTE DEL PROF E QUELLE PARTITE A PALLONE PER STRADA...
Gentile prof. Musi, pur apprezzando molto il tentativo di confronto e pur avendo apprezzato molte delle sue pubblicazioni, questa volta devo confessarle la mia delusione. Nell'articolo pubblicato insieme alle mie dieci domande su Repubblica del 5/8/17, di fatto lei non risponde neanche ad una delle domande che le ponevo e ripete i concetti espressi nel suo precedente articolo e per i quali le avevo posto quelle domande. "L'unificazione dolorosa ma necessaria", il "nostalgismo", il "neoborbonismo", un (ipotetico, ipotesi sua) "separatismo" (perché se ne preoccupa se lei stesso -e concordiamo- le definisce "prospettive velleitarie"?), le ipotetiche "alleanze elettorali" (sempre ipotesi sue) tra M5S e revisionisti (e intanto non ricorso suoi studi e interventi sui tanti -e veri- governi leghisti o su quelli antimeridionali anche degli ultimi anni). Solo un'osservazione: lei ritiene che "storia e memoria collettiva" siano due cose diverse e separate. Strano se pensiamo che per 150 anni non è stato così: la storia risorgimentalista infarcita di retorica e di tante leggende ha formato -e forma- la memoria collettiva italiana pur dimostrando il fallimento di questo "mix". Mi lasci passare questo esempio: ho la sensazione di quelle partite a pallone giocate da bambino per strada e, quando il proprietario del pallone perdeva 5 a 0, si riprendeva il pallone "perché è mio" e se ne andava: fino a quando, cioè, memoria e storia andavano a braccetto per unificare il Paese (a danno del Sud, com'è nei dati delle mie domande), tutto ok, quando memoria e storia, invece, iniziano a unirsi, con un successo oggettivo e crescente e con un obiettivo diverso (nessuna "nostalgia" ma solo unire finalmente e veramente l'Italia con classi dirigenti nuove, fiere e radicate e con pari diritti tra i giovani del Sud e del Nord) qualcuno si vorrebbe riprendere il... pallone. E se, invece, l'unione tra storia, memoria e identità, quell'unione per lei (e per la cultura accademica) impraticabile e invece alla base del successo di tante nazioni fosse una (nuova) soluzione? Del resto la sua strada l'abbiamo sperimentata per 150 anni con un trend invariato rimasto  negativo dal 1860, con i risultati che sappiamo e con questioni meridionali ancora aperte e sempre più drammatiche... Le rinnovo con piacere, allora, la richiesta di risposte nel merito e magari quella di un confronto pubblico proprio nel merito e su questioni storiche ("fonti e documenti" alla mano, come sono abituato a fare nei miei libri e come avevo fatto in quelle domande).
Cortesi saluti
Prof. Gennaro De Crescenzo
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