Mentre registriamo la REVOCA della cittadinanza onoraria a Cialdini da parte del Comune di Napoli (revoca simbolica ma positiva) e mentre restiamo in attesa della rimozione del BUSTO, dell’intitolazione (più
volte richiesta da
migliaia di persone) di una strada a FERDINANDO II di Borbone, di una
LAPIDE per le vittime napoletane (oltre 60.000) di
francesi&giacobini del 1799 e della risposta (sempre dello stesso
Comune) sulla questione-GIORNO DELLA MEMORIA, abbiamo inviato a
Repubblica questa nota per la prof.ssa Marcella Marmo, consulente della
Commissione Culturale (Comunale). CIALDINI E I NEOBORBONICI? La prof.ssa
Marcella Marmo in una lettera pubblicata su Repubblica del 6/4/17 cita i
neoborbonici a proposito della proposta di revoca della cittadinanza
onoraria del generale sabaudo Cialdini da parte del Comune di Napoli.
Per la prof.ssa Marmo Cialdini guidò una “dura rappresaglia di paesi
come Pontelandolfo e Casalduni… secondo modalità già borboniche, vedi la
famosa distruzione di Bosco” (peccato che per Bosco si trattò di una
operazione di ordine pubblico interna al Regno e non di una invasione
“straniera”; peccato che si trattò di un caso isolato e peccato che la
popolazione di Bosco fu avvertita prima di quelle operazioni e non fu
massacrata come capitò con Cialdini). Per la Marmo non è corretto
parlare di storie di “oppressori e vinti”: peccato che le vittime -mai
contate e mai raccontate (“in primis” nelle accademie) dell’unificazione
italiana furono centinaia di migliaia e tutte dalla parte dei “vinti”,
tra fucilati con processi e senza, massacrati (e decapitati) nelle
campagne di tutto il Sud, deportati civili e militari (oltre 100.000,
come stanno rivelando i recenti studi del prof. Gangemi dell’Università
di Padova), incarcerati e morti di malattie e di stenti (cfr. i dati
dell’Archivio Centrale dello Stato o quelli dei fondi Brigantaggio degli
archivi locali meridionali o quelli dell’Archivio dello Stato Maggiore
dell’Esercito Italiano). Lo schema, del resto, viste le numerose
citazioni del 1799, è lo stesso: contano poco quelle vittime come conta
poco, per la Marmo e per la storiografia “ufficiale” degli ultimi 150
anni, che quella repubblica napoletana-francese abbia portato al
massacro di oltre 60.000 meridionali di parte cristiana-borbonica.
Quella che (denunciata da Gramsci come dallo stesso D’Azeglio o dai
Nitti) la prof.ssa Marmo definisce “repressione militare a ragione
adeguata alla guerriglia sanfedista-criminale del brigantaggio”, allora,
fu semplicemente una strage orrenda e ingiustificata: altro che “guerra
civile innanzitutto meridionale” (a meno che qualcuno non pensi che i
circa 150.000 soldati sabaudi siano stati inviati al Sud per “dividere” i
meridionali impegnati nei loro litigi). E se tutti i parametri relativi
a redditi medi, pil, demografia, mortalità infantile o risorse
bancarie, denaro circolante, indici di industrializzazione e di
emigrazione evidenziano che le regioni del Sud vantavano livelli pari o
superiori a quelli delle regioni del Centro-Nord fino al 1860 e iniziano
un peggioramento progressivo e inarrestabile solo dal 1860 in poi e
fino ad oggi senza alcuna discontinuità, non si dovrebbe fare molta
fatica a capire se è vera o meno la tesi della colonizzazione del Nord
ai danni del Sud (cfr., ad esempio, i recenti studi di Daniele,
Malanima, Fenoaltea, Ciccarelli, Collet, Di Rienzo, De Matteo, Tanzi o
Davis: non si tratta di “onde mediatiche identitarie falsificanti” ma di
studi archivistici anche accademici recenti e aggiornati). Altro che
“scelte costituzionali” o meno, altro che “elite burocratiche o
costituzionali”, altro che i (soliti) “esuli meridionali” (pochi -circa
100 in tutto- e asserviti, evidentemente, agli interessi sabaudi anche
nel racconto della patria che avevano lasciato: cfr. R. De Lorenzo).
Peccato, però, ormai, che i meridionali (“la stragrande maggioranza di
essi”, secondo la tesi di Galli della Loggia) stia ritrovando la loro
memoria che affonda le radici in storie vere e in nazioni vere e antiche
(altro che “nazioni inventate” o “mitologie”). Forse la recente,
crescente e diffusa “domanda identitaria” a Sud è proprio il frutto di
una politica e di una storiografia che in questi 150 anni ha dimenticato
il Sud, ne ha cancellato memoria e orgoglio e le responsabilità
ricadono proprio su quelle accademie (che la Marmo conosce bene) e che
in tutti questi anni, evidentemente, non hanno formato classi dirigenti
adeguate, spesso hanno difeso solo interessi, ruoli o incarichi
personali, “costringendo” molti meridionali a diventare (in una
provocazione di grande successo) “neoborbonici” dopo ricerche
archivistiche e studi “alternativi”: un fenomeno che difficilmente potrà
essere arginato senza la necessaria e urgente (dopo 150 anni!)
autocritica e magari continuando a negare (dopo 150 anni!) anche un
giorno per la memoria (lo studio e la riflessione). Prof. Gennaro De Crescenzo |