Siamo alla sera dell' 8 settembre 1860 in Chieti, il governo borbonico è stato dichiarato decaduto ed è stato instaurato il governo rivoluzionario. Nella stessa sera vengono convocati gli
ufficiali di
gendarmeria a cui viene intimato, pena la destituzione, di firmare l'
atto di adesione al nuovo stato di cose. A questa notizia i soldati
della gendarmeria, insinuati dal 1° tenente Giuseppe Rinaldi, si
rivoltano e chiedono di andare alle loro case, minacciando di disertare.
Inoltre i soldati, nella massima indisciplina, iniziano a vendere
oggetti e vestiario di ordinanza di gendarmeria ai civili. Volano
minacce anche contro gli ufficiali. A calmare la situazione ci pensa il
1° tenente Alfonso Lauritano. Giunge in Chieti anche il colonnello
Scavo, comandante della provincia abruzzese, il quale fa radunare i
soldati nella caserma e chiede chi vuole aderire al nuovo stato di cose e
chi vuole andare via. In molti decidono di rimane , ma ai tanti che
vanno via viene dato un semplice foglio di via. Il primo punto oscuro della vicenda (anche se come vedremo dopo questo è un caso minore) è: Quali
promesse o parole ha utilizzato il colonnello Scavo per convincere
molti soldati (non tutti), prima tumultuanti, ha decidere di rimanere al
servizio del nuovo governo? C' è da dire che il governatore
rivoluzionario di Chieti in data 16 ottobre decide di congedare molti
soldati (per poi nel caso richiamarli in servizio nei carabinieri reali,
cosa che in molti non faranno non ripresentandosi). Sarà stata questa
la promessa? Andiamo
avanti nella storia. Mentre molti ufficiali decidono di rimanere al
servizio del nuovo stato di cose altri decidono di andare via.
Concentriamo la vicenda su tre ufficiali: Alfonso Lauritano 2° tenente,
Gabriele Pesce capitano ed Alfio Calascibetta 1° tenente quartiermastro
del battaglione (per intenderci teneva la contabilità del 3° battaglione
di gendarmeria reale). Questi 3 decidono non solo di non aderire ma di
raggiungere Francesco II° al Volturno. Purtroppo non riescono a portarsi
dietro i soldati delle compagnie per gli avvenimenti suddetti. Il
capitano Pesce consegna le armi abbandonate dai soldati al 2° tenente
Lorenzo Froio (che nel frattempo ha aderito al nuovo stato di cose) per
depositarle nell' armeria della caserma. Nel frattempo Il tenente
Calascibetta viene convocato dal maggiore comandante del battaglione
Angelo De Curtis (che ha aderito al nuovo governo) che gli chiede di
rimanere per fare la consegna della cassa (cosa che richiederebbe
tempo). Il tenente Calascibetta gli risponde che può fare solo un
rendiconto al 1° settembre perchè deve partire per raggiungere il
Volturno e non vuole rimanere oltre. De Curtis si accontenta e con il
capitano Pesce ed il tenente Lauritano (che sono anche membri del
consiglio di amministrazione) insieme ovviamente a Calascibetta
consegnano il contenuto della cassa di campagna formato da: 1600 ducati (probabilmente formato da cedole in quanto è notizia certa che la ricevitoria di Chieti si rifiuta di cambiarle); 480 ducati in monete d' argento; Stilano
un verbale, controfirmato dai 3 ufficiali e dal maggiore De Curtis in
duplice copia, una rimane al maggiore ed un' altra consegnata al tenente
Calascibetta. Espletate le ultime funzioni i tre ufficiali partono con
le rispettive famiglie su diverse carrozze con bagaglio a seguito.
Giunti a Sulmona vengono a sapere che il generale De Benedictis ha
spiccato un mandato di cattura contro di loro per cui nottetempo sono
costretti ad abbandonare la città ed a rifugiarsi in un pagliaio. Il
giorno seguente partono ma arrivati ad Isernia il sotto intendente
Venditti li arresta. Dopo molte preghiere il sotto intendente li lascia
liberi ma di prendere la direzione di Napoli. Inoltre il sotto
intendente Venditti riferisce ai 3 che da lontano si sente da piu'
giorni il tuonare del cannone. Ripartono, sempre convinti di raggiungere
Francesco II°, ma arrivati a Castel Petroso si imbattono nelle squadre
garibaldine di Pateras e Fanelli. Ad una loro richiesta di esibire l'
atto di adesione i 3 ufficiali gli rispondono che non hanno aderito. Di
conseguenza i garibaldini fanno scendere gli occupanti dalle carrozze e
sequestrano, armi, oggetti militari ed i gioielli delle mogli. Ripartono
ma ancora una volta sono fermati da squadre garibaldini. Volano minacce
di morte verso i 3 ufficiali ma solo (come testimonieranno tutti e 3) i
pianti e la disperazione dei figli piccoli, fanno desistere i
garibaldini dal loro intento. Ripartono ancora una volta e verso
Solopaca hanno notizia che le regie truppe sono lì vicino. Si recano a
Guardia Sanframondi dove lasciano le famiglie sotto la protezione del
comandante della guardia nazionale Errico Foschini e travestiti da
borghesi si recano a Casal S. Michele dove si consegnano al maggiore De
Werra comandante del 2° reggimento estero. Questi li invia al colonnello
Won Mechel il quale gli consegna un certificato col quale possono
raggiungere la piazza di Gaeta, dove risiede l' ispettore comandante
della gendarmeria il duca Emanuele Caracciolo di S. Vito e rientrano
così in servizio. Data importante che è la chiave di tutto: giungono a
Gaeta il 30 settembre 1860. Fin
qui potrebbe sembrare un normale racconto di quella che è stato uno
spaccato degli avvenimenti del 1860, ma incrociando una serie di
documenti di varie fonti la faccenda si tinge di giallo: 1)
La documentazione della tesoreria generale in Napoli (bisogna tener
presente che dalla data 7 settembre la gestione passa dalle mani
borboniche a quella italiana con tanto di timbro dei Savoia e di cambio
degli impiegati) che teneva conto di tutti gli spostamenti di tutti i
militari (per questione finanziaria dato che gli doveva trasmettere lo
stipendio) riporta l' allontanamento dei 3 ufficiali solo alla data del 2
ottobre 1860!! Il 2 ottobre? Ma se i rapporti dei 3 ufficiali che si
sono consegnati al duca di S. Vito riportano la data del 30 settembre
com' è possibile che il 2 ottobre sia siano allontanati da Chieti?
Tenendo conto delle varie peripezie che hanno passato sono partiti quasi
ad inizio settembre. Dono di ubiquità? Il duca di S. Vito è un
alienato mentale e vede presentarsi ufficiali quando non è vero? Un'
errore di trascrizione o qualcuno intasca i soldi dello stipendio al
posto loro (lo stipendio del mese di settembre)? Nel caso, chi? 2)
Il professor Barbero nel suo libro "I prigionieri dei Savoia" alla
pagina 323 "note al capitolo secondo" riporta tale documento al numero 1
così riportato testualmente : "In questa città (...) fin qui non sono
giunti uffiziali napolitani prigionieri di guerra" così dichiarava Boyl
da Genova il 5 dicembre, in risposta ad una richiesta dei R. Carabinieri
che ricercavano il luogotenente Alfio Calascibetta, già ufficiale
pagatore di un battaglione di gendarmeria di stanza negli Abruzzi,
partito alla volta di Gaeta portando con sé tutta la documentazione
amministrativa del reparto (Prigionieri di Guerra napoletani, mazzo
431). Calascibetta è
partito portandosi con se tutta la documentazione amministrativa del
battaglione? Ma se Calascibetta ha redatto un verbale in duplice copia
della consegna della cassa(tra l' altro controfirmato dal maggiore De
Curtis), di quale documentazione parlano? E' sparito qualcosa dalla
cassa di campagna ed è stato accusato Calascibetta? Nel caso sia così
chi si è grattato i soldi o le cedole? Che Calascibetta abbia redatto
tale documento in duplice copia non vi è dubbio in quanto lo testimonia
al duca di S. Vito al quale è plausibile abbia mostrato il documento
altrimenti tale affermazione non sarebbe stata testimoniata al suddetto
comandante. Questa
vicenda ha come ho già detto prima molti lati oscuri che meritano un
approfondimento. Le ricerche vanno avanti. Vi terrò aggiornati!! Luca Esposito |