“NOI, I NEOBORBONICI. STORIE DI ORGOGLIO MERIDIONALE” di Gennaro De Crescenzo, Edizioni Magenes (seconda edizione esaurita, terza edizione in ristampa, in vendita in tutte le librerie italiane e online e nei circuiti Feltrinelli e Ubik). Il libro per capire chi sono e cosa vogliono i neoborbonici... Nel libro l’analisi e la sintesi delle 'questioni meridionali' più
dibattute in questi
anni: i primati borbonici, le condizioni del Regno delle Due Sicilie
prima dell’unificazione italiana, i soldati di Francesco II di Borbone e
i lager dei Savoia, i meridionali massacrati come briganti, deportati,
dimenticati, discriminati, l’emigrazione, il divario Nord-Sud dal
passato al presente. Una lettura della storia diversa da quella
“accademica” ma appassionata, documentata e nel segno di un orgoglio
sempre più necessario per un (vero) riscatto del Sud. Dopo oltre
vent’anni di ricerche e di attività oggi “la stragrande maggioranza dei
meridionali” (e non solo) condivide le tesi di un movimento culturale,
quello neoborbonico, che viene (finalmente) raccontato dai suoi
artefici.
RECENSIONE A CURA DI di Pino Aprile.
Mettete al sicuro i bambini, nascondete la notizia ai vecchi, cercate le parole per dirlo alle donne,
premunite i deboli di cuore: quella terribile setta che muove le fila
delle in altri tempi note come Forze Oscure della Reazione è venuta allo
scoperto. È appena approdato nelle librerie un libro che ne racconta la
nascita e le gesta: “Noi, i Neoborbonici! - Storie di orgoglio
meridionale”, edito da Magenes. Gli angeli hanno pianto, la terra ha
tremato... (non è vero? Beh, abbiate pazienza e vedrete che succederà;
di sicuro qualche prof che vi dirà che succede esce, esce...). L'autore è
quanto di più attendibile possa esserci, sul tema: il professor Gennaro
De Crescenzo, fondatore del Movimento, 23 anni fa, con Riccardo
Pazzaglia (sì, quello del “Brodo primordiale”, che le cose le sapeva
davvero, ne sapeva tante e le raccontava con leggerezza; ed era un
napoletano al cubo) e altri. Chi sono i Neoborbonici? Un'associazione,
un movimento culturale che non riceve soldi da nessuno, se non da chi ne
fa parte o vuole occasionalmente contribuire a ricerche d'archivio,
acquisto di testi e materiali di documentazione; non si sono mai
candidati a nulla né hanno accettato candidature, nonostante possano
contare su bacini di attenzione valutabili in almeno decine di migliaia
di persone; si sono dati la regola di non votare e non farsi votare e di
spendere tutte le loro energie al recupero della storia negata del Sud.
Ciò nonostante (o proprio per questo) i trombettieri di regime li
additano quale pericolo mortale per la democrazia, perché aspirano a
ripristinare il Regno delle Due Sicilie e il trono dei Borbone. Non è
vero, ma non importa: intanto lo dicono. Lo scalmanato medievalista
Alessandro Barbero ha persino scritto, in un libro con cui “dimostrò”
che la fortezza di Fenestrelle, il carcere di massima punizione del
sistema sabaudo, La Siberia d'Occidente, era una sorta di club
Mediterranéé, che il revisionismo storico a cui (anche) i neoborbonici
si dedicano ha “fini politici immondi”, quando non sono impegnati, i
neoborbonici, nell'ordire agguati ai danni di Barbero, per impedire la
presentazione di libri suoi o di “nativi” terronici a guida barberica
(gira voce che l'ultima volta un neoborbonico-kamikaze con un giubbotto
imbottito di candelotti o babà, la cosa non fu chiarita, riuscì a
fuggire prima di essere catturato dai bersaglieri). Certo è che il
professor Barbero corre rischi seri: di caricatura. Proprio su
Fenestrelle, sfidò a un pubblico confronto De Crescenzo e ne uscì
malconcio (il presidente dei Neoborbonici ne parla ampiamente in un
altro suo libro “Il Sud. Dalla Borbonia felix al carcere di
Fenestrelle”). Da quando il potere marcio allo sbando ha scoperto
l'esistenza dei neoborbonici, ne ha fatto un uso spudorato,
moltiplicandoli, con autorevoli allarmi lanciati soprattutto dalle
colonne del Corriere del Mezzogiorno e della sera (pomeriggio libero).
Qualunque cosa ostacolasse il percorso delle magnifiche sorti e
progressive, che magnifiche non si sono rivelate a Sud, e anzi
regressive, la colpa è dei neoborbonici. Non esistessero, avrebbero
dovuto inventarli! Credo che i neoborbonici potrebbero chiedere di
essere pagati per fornire una giustificazione buona per tutto (De
Crescenzo racconta con leggerezza queste vicende, il che mi permette il
tono scanzonato. E, d'altra parte, come fai a prenderli sul serio questi
custodi del bidone masson-accademico minacciato dalle orde di lazzari e
tamarri del terzo millennio!). A quel punto, cominciò la
moltiplicazione dei neoborbonici: chiunque non aderisse alla vulgata
risorgimentale filo-sabauda, diventava di fatto, neoborbonico. Ne
sbucano, ormai, da tutte le parti: moltitudini. Ho altrove riferito di
un collega che mi disse: «Sei neoborbonico». «No», risposi, «sono amico
di molti di loro, apprezzo il loro lavoro di ricerca storica, ma non
sono neoborbonico. Non che ci sia qualcosa di male, ma non lo sono». «Lo
sei», replicò lui, «te lo dico io». «Parli bene l'italiano, anche se
sei turco», ribattei, allora. «Ma che dici? Sono italiano!». «Sei turco,
te lo dico io», conclusi. Perché se questo è il filo logico che guida
l'analisi del neoborbonismo... Ma così accade ogni volta che le cose
vengono giudicate per sentito dire. Per questo la lettura del nuovo
libro di De Crescenzo è consigliabile a tutti: chi ne sa già qualcosa,
perché il corposo volume di 330 pagine è una sorta di serena confessione
documentata, con aneddoti, episodi che aiutano a inquadrare meglio
quello che si sa; e soprattutto, dovrebbero leggerlo quelli che credono
non ci sia altro da sapere. Rimarrete sorpresi dalla pacatezza (il che
non indebolisce la decisione) dei ragionamenti, la saggezza. Ed è un
racconto onesto, in cui troverete commozione, entusiasmo, rabbia,
speranza e una convinzione che governa il tutto: il recupero della
verità su come andarono davvero le cose, nell'unificazione d'Italia, e
sul danno che si fece e da allora si fa, al Sud, sarà la base per la
nascita di una classe dirigente meridionale più sana e consapevole, non
più coloniale. Quando, con Riccardo Pazzaglia, decisero di darsi
appuntamento con quanti intendessero dar vita a un gruppo di ricerca
storica, speravano arrivasse qualche altro, a parte loro due, e si
ritrovarono in 400. Oggi gli iscritti alla loro rete di informazione
online sono più di ventimila, i visitatori del loro sito hanno raggiunto
il milione e mezzo; e seimila le pagine di giornali che si sono
occupati di loro. Eppure, i neoborbonici restano qualcosa di temibile e
misterioso, nonostante le apparenze antropomorfe (narici: due;
dispongono di braccia e gambe a coppie, come gli esemplari della
luminosa specie homo sapiens, a cui appartengono gli inarrivabili Trota,
Salvini e Santanchè). Con questo libro, finalmente, la misteriosa tribù
dei neoborbonici ha un volto e una biografia; non si tratta di una
confessione, ma di una vera e propria delazione, con decine e decine di
nomi: Roberto Maria Selvaggi, Alessandro Romano, Salvatore Lanza,
Lorenzo Terzi, Eduardo Spagnuolo, Scipione Friguglietti, Raffaele
Gargiulo, Gabriele Marzocco, Giosuè Coppola, Luigi Capuano, Filomena
Rinaldi, Vincenzo Gulì, Salvatore Argenio, Annamaria Pisapia, Fiore
Marro, Pasquale e Franco Zavaglia, Gennaro Pisco, Francesco De
Crescenzo, Pompeo De Chiara... Da quell'inizio a sorpresa, il racconto
di De Crescenzo mostra come, mentre diversi dei fondatori passavano a
miglior vita e altri sceglievano di dare origine a esperienze
differenti, associazioni dello stesso segno, la platea si è allargata
sino a costituire una preoccupazione e poi un pericolo per il potere che
ha ingessato, a uso del vincitore, la storia dell'unificazione di
questo Paese. Le ricerche dei neoborbonici hanno prodotto decine di
libri che sono divenuti attendibili fonti di riferimento per tanti
altri, specie per opere di divulgazione. Il che ha sottratto il
monopolio del racconto ai “padroni della storia costruita ufficiale”.
L'opera di revisione e ricostruzione storica attiva oggi un mercato
editoriale di centinaia di migliaia di copie all'anno. Fenomeno
dirompente e imprevedibile da cui discendono ogni anno centinaia di
manifestazioni, convegni, dibattiti in Italia e all'estero, specie negli
Stati Uniti (a New York, alla Colombia university si è tenuto un
seminario sui neoborbonici, con docenti americani e italiani). Al punto
che il professor Galli della Loggia ha scritto, sull'edizione terrona
del Corriere della sera, che ormai nelle scuole è prevalente l'idea che
l'unificazione d'Italia non è andata come la si racconta da un secolo e
mezzo, negli addomesticati libri di testo. A questa vittoria culturale,
cui tantissimo hanno contribuito i neoborbonici (insieme a Carlo
Alianello, Nicola Zitara ed altri) corrisponde un crescente potere di
influenza. De Crescenzo narra quale esito hanno ottenuto le campagne di
boicottaggio da loro lanciate nei riguardi di giornalisti e giornali che
si sono fatti portavoce coscienti o involontari di pregiudizi,
razzismo, nei confronti dei meridionali. Da Aldo Cazzullo al
telecronista Rai (poi licenziato) della domanda su “i napoletani
puzzano?”, la stampa italiana ha sperimentato con stupore la vastità
dell'ascolto che gli inviti dei neoborbonici riescono a ottenere; e
altrettanto è accaduto ad aziende la cui pubblicità andava in onda in
trasmissioni ormai noiosamente anti-meridionali come La Zanzara su
Radio24 o L'Arena di Massimo Giletti, su Rai1. “Noi, i Neoborbonici”
smonta una caterva di luoghi comuni e leggende spacciate per storia (De
Crescenzo è autore di documentatissimi libri sulla consistenza
dell'industria meridionale, prima che i piemontesi la distruggessero;
sulla biografia taciuta di Garibaldi; sul 1799 giacobino smitizzato.
Ricerche che compaiono, in sintesi, nella seconda parte del nuovo libro,
in una sorta di manuale, ricco di dati, sulla Questione meridionale,
spezzettata in quindici domande, cui seguono risposte utili a chiunque
per replicare con sicurezza a chi continuasse a spacciare fiabe
antimeridionali per storia). Ma la sintesi di questo importante libro è
nell'aneddoto con cui comincia e che De Crescenzo riferisce, quasi a
ogni conferenza: una ragazzina, dopo averlo ascoltato, a scuola, su
cos'era il Sud, prima che lo colonizzassero, lo raggiunse e gli disse:
«Tutto l'orgoglio che ci hai raccontato stamattina, lo conservo e lo
racconto a mia figlia». Avete tutto il diritto di parlar male dei
neoborbonici e di pensarne peggio («Fra noi c'è di tutto», spiega De
Crescenzo, «non siamo monarchici, non siamo nostalgici, non siamo
reazionari, vogliamo solo che si sappia come andarono le cose»). Ma
fatelo a ragion veduta: cercate di capire chi sono e leggete questo
libro. Poi, magari, avrete più argomenti per non apprezzarli, o potreste
scoprire interlocutori seri e disponibili, che sostengono le loro
ragioni, ma sono abituati a confrontarle con quelle degli altri. Visto
che ci siete: contate le narici. Metti che mi fossi sbagliato... PINO APRILE
RECENSIONE A CURA DI GIgi Di FIore (IL MATTINO)
DA
"IL MATTINO.IT" a cura di Gigi Di Fiore. Oltre seimila pagine di
rassegna stampa, un milione e mezzo di visitatori sul sito solo nel
2012, ventimila iscritti alla ete di informazione auto gestita: sono
alcuni dei numeri raggiunti dai neoborbonici a due mesi dal loro
ventitreesimo anno di età. Neoborbonici, un termine diventato neologismo
nella lingua italiana, una definizione entrata a far parte della
cultura nell'intera penisola, a dimostrazione che, comunque la si pensi,
l'associazione, fondata il 7 settembre del 1993 da Riccardo Pazzaglia e
un manipolo di oltre 400 altri appassionati, è diventata fenomeno
sociale, storico e culturale cui si sono ispirati tanti movimenti e
associazioni che si rifacevano agli stessi principi e agli stessi
obiettivi di rilettura documentata della storia del Mezzogiorno.
Ventitré anni dopo, i neoborbonici si raccontano, attraverso lo storico
presidente, il combattivo professore Gennaro De Crescenzo, docente
laureato anni fa all'Università con Alfonso Scirocco, che era accanto a
Pazzaglia, immortalato dalle foto, quel 7 settembre del 1993 in un
ristorante al Borgo Marinaro. Nel libro "Noi, i neoborbonici",
pubblicato dall'editore Magenes, De Crescenzo mette a punto le vicende
storiche fondamentali del movimento, non trascurandone i riferimenti
ideali a libri e persone. E precisa, facendo un po' di chiarezza sulle
tante parole scritte sul movimento soprattutto a partire dalle
celebrazioni dei 150 anni di unità d'Italia nel 2011: "Non esiste in
Italia un'altra associazione totalmente autofinanziata e formata da
volontari appassionati, spinti dalla voglia di raccontare la nostra
storia in manifestazioni, convegni, celebrazioni, mostre, ricerche,
pubblicazioni con la spaventosa media di un intervento ogni tre giorni".
A guardare le presenze in Rete e sui social network, non fa meraviglia
che sul movimento siano state scritte tesi di laurea, che opinionisti e
commentatori di tutti i giornali nazionali vi abbiano fatto riferimento a
turno, in polemica più spesso, ma anche solo registrandone la rumorosa
presenza. La rilettura della storia dei neoborbonici si concentra sul
Risorgimento e sul regno delle Due Sicilie, ma tocca anche altri periodi
storici del Sud, con l'obiettivo "di far capire ai meridionali che, a
partire dal passato, non esistono motivazioni vere per i loro complessi
di inferiorità" scrive De Crescenzo. Certo, se il fenomeno non attirasse
tanta attenzione, non scatenasse reazioni contrarie e polemiche a turno
nel mondo dell'accademia universitaria, nessuno se ne occuperebbe. Un
gruppo di frequentatori di archivi, divoratori di libri, polemisti. Il
saggio pubblicato da De Crescenzo potrebbe definirsi un testo
sull'identità dell'associazione, che alla ricostruzione di alcune tappe
unisce 15 schede su altrettante idee-forza della ricerca e della
polemica. Non un partito politico, ma un'associazione culturale
diventata fenomeno sociologico. E De Crescenzo cita molti nomi di
neoborbonici presenti e passati, come Pazzaglia, Vincenzo Gulì, Roberto
Maria Selvaggi, Alessandro Romano, Salvatore Lanza, Lorenzo Terzi,
Francesco De Crescenzo, Fiore Marro, Pompeo De Chiara tanto per
ricordarne qualcuno. Una presenza, dunque, nel dibattito culturale di
Napoli e del Sud. Molti storcono il naso, altri continuano a utilizzare
la parola neoborbonico con significato dispregiativo, altri ancora li
considerano un fenomeno folkloristico associandolo alla Lega nord degli
inizi. Ma proprio in polemica con la Lega nord il gruppo fondatore si
riunì ventitrè anni fa. E fu Pazzaglia a coniare il nome, espressione
del periodo finale di una autonoma storia meridionale antica di sette
secoli. "Nè monarchici, né nostalgici, né reazionari, con noi ci sono
persone di tutti gli orientamenti politici che hanno per obiettivo
testimoniare la verità storica e l'amore verso il nostro Sud, ogni
giorno bersaglio di attacchi e denigrazioni continue spesso pretestuose"
chiosa De Crescenzo. Comunque la si pensi, è un fenomeno culturale con
cui bisogna fare i conti. GIGI DI FIORE |