QUEL FALSO (E SEMPRE ATTUALE) IMBROGLIO DEL "PLEBISCITO" |
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21 ottobre 1860 / 21 ottobre 2016. Per oltre 150 anni il “plebiscito” è stato utilizzato per dimostrare la partecipazione e il consenso dei meridionali verso l’Italia unita: il vero cuore del problema. Far passare, infatti, la verità storica (la falsità di quelle votazioni e il dissenso di tutto il Sud), avrebbe minato alle basi la leggenda
“risorgimentalistica”. Bisognava sancire in maniera “legittima”,
allora, la fine del Regno e l’adesione delle popolazioni alla nuova
Italia. Il 21 ottobre del 1860 si realizzò un plebiscito che quasi tutti
i testimoni del tempo definirono “una farsa”. Ed è significativo e
amaro constatare che ancora oggi, nonostante la quantità e l’obiettività
delle testimonianze, la storiografia ufficiale riconosce quelle
votazioni come serie e attendibili.
Votarono meno di due meridionali su dieci e gli “annessionisti” vinsero
con il 99,9% dei voti; votarono “il Dittatore, il Prodittatore, i
garibaldini d’ogni nazione e lingua, stranieri quanti ne vollero venire,
giovincelli imberbi, le donne, la Sangiovannara”; i camorristi, con
cinquantamila garibaldini, controllavano seggi e urne e non era poco se
si considera che il voto era palese (con un’urna per il sì e una per il
no); decine di paesi erano ancora in mano ai borbonici e in molti centri
non si votò per nulla; migliaia di cittadini erano in prigione; a
Caserta 51 ufficiali neanche tutti presenti si trovarono ad aver dato
167 voti (P. Calà Ulloa). L’ammiraglio inglese Mundy ci ha lasciato
probabilmente il giudizio più corretto: “Secondo me un plebiscito a
suffragio universale regolato da tali formalità non può essere ritenuto
veridica manifestazione dei reali sentimenti di un paese”. “A questo
modo si compiva la vendita di un popolo come fatto si sarebbe di una
turba di schiavi in un bazar d’Africa o d’Oriente. Si dissero 1,313,376 i
voti favorevoli fu mendacio; si dissero 10,312 i dissenzienti e fu
mendacio; di voti negativi non vi fu neppure un solo perché nessuno
avrebbe osato di emetterlo [...] ma qual magistrato ne attestava la
veracità? Lo scrutinio di quei voti fu fatto da quella stessa suprema
corte di giustizia che si era affrettata a giurar fedeltà
all’invasore...”. La piazza più grande e famosa di Napoli (l’antico
Largo di Palazzo) è stata intitolata a questo plebiscito, a perenne
memoria del primo esempio di broglio elettorale italiano. Quello stesso
21 ottobre il generale Cialdini in un telegramma da Isernia al
governatore del Molise scriveva: “Faccia pubblicare che fucilo tutti i
paesani armati che piglio [...]. Oggi ho già cominciato”. Iniziarono
così la storia del cosiddetto “brigantaggio” e del più grande massacro
della storia del Sud. Altro che “plebiscito”… G.D.C. Nell'immagine una foto di una manifestazione di qualche anno fa...
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