Nell’attuale mondo delle Due Sicilie sono sempre più numerosi e frequenti commenti, paragoni e discussioni riferiti alla Catalogna. Dopo il recente successo elettorale dei partiti secessionisti qualche osservazione è più che mai necessaria anche perché sembra quasi che chi non si accoda a questi “parallelismi” lo faccia perché è ostile a certi temi. Al di là di radici storiche e culturali profonde e antiche (forse, però, ancora più profonde e antiche per il nostro Regno delle Due Sicilie), intorno alla metà dell’Ottocento la Catalogna iniziò a
vivere la sua “renaixença”, un grande “rinascimento”, con la riscoperta
delle tradizioni catalane (dalla lingua alla storia, dall’arte al
folclore). Nel 1880 iniziano le battaglie di Valentì Admiral, un
repubblicano federalista, nel 1907 i primi successi elettorali con
“Solidaritat Catalana” (diverse formazioni politiche aggregate su
obiettivi comuni) finiti successivamente, però, nel sangue con scontri
che causarono centinaia di feriti e di morti. Negli anni ’30 del
Novecento prevale la componente antifranchista ed anarchico-estremista
divisa tra antisovietici e filosovietici e, dopo le repressioni
governative (che rafforzarono i sentimenti catalanisti), solo nel 1971
nasce l’Assemblea de Catalunya e, tra spinte alterne, tra concessioni
all’unità spagnola, trattative più o meno vantaggiose (e sconosciute dalle parti della colonia-Sud) e rivendicazioni più accese, si arriva ai giorni
nostri con il recente successo elettorale (un 48%, però, che comunque
non ha superato la simbolica e fatidica soglia del 50%) e il referendum
più volte invocato e non ancora ottenuto (e non ancora vinto). Chiaro che chi
conosce la storia e ha ritrovato (o trovato) sentimenti “duosiciliani”
non può non emozionarsi di fronte a quelle masse oceaniche giallorosse
per le strade di Barcellona. Altrettanto chiaro che dovremmo analizzare
la situazione in maniera razionale partendo dalle enormi ed evidenti
differenze tra la storia catalana e la nostra storia. Da quanti anni la
storia del Sud è raccontata e divulgata in maniera sistematica e
continua? Da quanti anni è ripartito un processo di ricostruzione di
un’identità perduta? Più o meno da una ventina di anni e non è un caso
che molte delle verità nascoste dalla storia ufficiale o dei simboli
identitari siano venuti fuori con la nascita del Movimento Neoborbonico
(estate 1993). Prima di allora pochi, eroici ma esigui e isolati centri
culturali e pochi eroici e isolati ricercatori che non avevano mai
organizzato consenso e divulgazione con una associazione “con un forte
grado di penetrazione, strutturata e martellante” (cfr. Gigi Di Fiore,
La Nazione Napoletana, 2015, pp. 231 e sgg.). Esisteva una documentata e
appassionata storiografia “borbonica” già dall’indomani
dell’unificazione ma episodica e senza finalità di carattere “sociale” e
“politico”. Da lì in poi, dal 1993, allora, decine e forse centinaia di
associazioni con finalità più o meno simili e più o meno di successo
(“I figli dei neoborbonici” citati sempre da Di Fiore nel suo capitolo
conclusivo). Importante la svolta, nel 2010, della pubblicazione del
best-seller di Pino Aprile “Terroni” dedicato quasi interamente a questi
temi. Importanti i libri di altri autori e, tra gli altri, quelli di Del Boca o Patruno o lo stesso Di Fiore (dalle sue "Controstorie" all'ultimo citato in precedenza e dedicato proprio alla "identità sudista"). Importante anche la svolta che negli ultimi anni la rete (dai
siti ai social) ha garantito alla divulgazione degli stessi temi
divenuti in gran parte “maggioritari” nonostante il monopolio
totalitario della cultura “ufficiale” e nonostante la cronica mancanza
di mezzi soprattutto finanziari. In sintesi un piccolo miracolo non
casuale, però, ma dovuto alla caparbietà e alla tenacia di alcuni. In
sintesi: idee, tesi, verità, rivendicazioni, simbologie e orgoglio hanno
iniziato a nascere a farsi strada dalle nostre parti appena appena da
un ventennio (oltre cento gli anni di ritardo rispetto ai Catalani!). E
ancora a fatica perché, a differenza di quanto accaduto dalle parti di
Barcellona, noi siamo rimasti in uno stato di colonia culturale,
politica ed economica per oltre un secolo e mezzo con danni sia sulla
reattività della gente (vittima spesso della famosa “minorità” abilmente
descritta da Pino Aprile) che sulla formazione di classi dirigenti
sistematicamente (intellettuali e/o politici che fossero e siano)
subalterne al sistema centrale e pronte a difendere i loro interessi e
le loro posizioni piuttosto che quelli della gente che avrebbero dovuto e
dovrebbero rappresentare in un patto scellerato ma ancora funzionante
con il potere centrale. Conclusioni: riusciremo mai a vedere masse
oceaniche che sventolano bandiere delle Due Sicilie per le strade di
Napoli? Indipendenza, confederazione, macroregione, federazione… poco
importa e saranno scelte future. La priorità assoluta è la diffusione
dei 4 punti per i quali ci stiamo battendo (e con un successo dilagante)
da anni: Memoria, Identità, Orgoglio, Riscatto. E non possiamo saltare
nessun passaggio. E se li saltassimo, fallendo (come spesso fa chi è
convinto di essere più furbo e intelligente degli altri), faremmo danni a
tutta la Causa e non solo a noi stessi…. Ecco perché continuiamo a
lavorare a testa bassa in giro per il nostro antico Regno con un
intervento ogni tre giorni (!). “Non siamo un partito, siamo una
Nazione”, dice giustamente il nostro collega di verità e orgoglio, Fiore
Marro: una Nazione tutta ancora da ri-costruire a partire dalla sua
identità e dall'orgoglio. Sono stato a Barcellona diverse volte e posso assicurarvi che sono avanti effettivamente di decenni, con un senso di appartenenza palpabile e ancora tutto da ritrovare, invece, da queste parti. Ecco perché, al contrario di quello che sostengono pochi miopi
o pochi invidiosi sterili (e senza seguito) o i pochi “illusi e
disillusi di facebook” (convinti che il mondo sia facebook), servono
ancora le tante battaglie culturali che combatteremo per i nostri figli e
per i nostri nipoti, sempre più sicuri di vincerle se ci saranno, con
noi, altri “soldati” come quelli che abbiamo incontrato sulla nostra
strada in tutti questi anni. Gennaro De Crescenzo Movimento Neoborbonico |