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La Scozia, Il Mattino e i partiti per il Sud… |
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Sul Mattino del 20/9/14 alcuni articoli interessanti e significativi per il dibattito in corso a proposito del Sud e delle recenti elezioni scozzesi. Secondo Isaia Sales, a proposito delle questioni meridionali, “si insiste sulle responsabilità soggettive delle popolazioni e delle classi dirigenti fino a far coincidere il divario economico e civile con un problema di mentalità”: questo esprimerebbe, di fronte a questioni così complesse, “il bisogno umano e politico di auto-rassicurarsi: se non si è trovata una soluzione ad un problema razionalmente risolvibile, è solo per difetti soggettivi della popolazione, non per responsabilità più ampie che vanno ben al di là dei territori coinvolti”. Fin qui Sales ma se ci riflettiamo, si tratta dello stesso schema applicato in
ogni settore e anche nella cronaca nera: è sempre “colpa di Napoli e dei
Napoletani”, anche quando sono solo vittime. In pratica si tratta di
ciò che capita al Sud dal 1860 e che dimostra, se ancora
ce ne fosse
bisogno, la necessità di conoscere il nostro passato per individuare
quel filo rosso della continuità di certe scelte culturali e politiche,
un filo da tagliare prima o poi. E sarà possibile tagliarlo solo
conoscendolo e ri-conoscendolo: durante l’unificazione italiana le
teorie lombrosiane sulla inferiorità dei meridionali furono utilizzate
dai ceti dirigenti del Nord come del Sud per giustificare i massacri in
corso della nostra gente (cfr. Colajanni e Gramsci sugli altri) così
come le teorie sull’arretratezza del Regno delle Due Sicilie furono
inventate dagli storici ufficiali del Nord come del Sud per giustificare
il fallimento e le proprie colpe di fronte ai problemi irrisolti e
gravi del Mezzogiorno (Croce in testa, come ci ha rivelato l’ultimo
sorprendente John Davis). Sempre sullo stesso giornale tre illuminanti
interventi di Gigi Di Fiore, da sempre attento alle tematiche relative
alla (vera) storia dell’unificazione italiana. In due interviste al
giornalista siciliano Pietrangelo Buttafuoco e a Bepi Covre, uno dei
fondatori della Liga Veneta, entrambi gli intervistati sintetizzano
nella mancanza di identità e di memoria storica cancellate
dall’unificazione i punti deboli dei progetti “territorialisti” in
Veneto, al Sud e nella stessa Scozia. Lo stesso Di Fiore confronta
molto efficacemente in un altro articolo (“Regno unito nella diversità,
ma da noi prevale l’ironia”) il quadro britannico e quello italiano:
l’Inghilterra, referendum o meno, riconosce l’identità dell’Irlanda, del
Galles e della Scozia nonostante i 307 anni dall’annessione a fronte
dei 153 dell’annessione italiana. I sette secoli di autonomia
meridionale (per non arrivare ai tanti secoli di autonomia culturale
precedente, Magna Grecia inclusa) sono stati cancellati, allora, per Di
Fiore, a favore di una nordificazione e di un azzeramento delle
diversità storiche e non solo di quelle napoletane/duosiciliane. Di qui
“simboli, eroi, apologie, narrazioni o forzate denigrazioni del
Mezzogiorno pre-unitario” che hanno negato le identità individuali e
favorito “l’ignoranza storica”. Da qui la bocciatura dei primi progetti
federalisti di Minghetti, favorita anche dagli esuli antiborbonici
meridionali che costituirono le nuove classi dirigenti meridionali e
furono “i maggiori responsabili di tante scelte anti-meridional"i: padri,
aggiungiamo noi, di quelle classi dirigenti meridionali che, per non
perdere le proprie posizioni, continuano ad essere anti-meridionali
applicando lo schema di cui parlava Sales e che spesso (basterebbe dare
un occhio alle puntualissime inchieste di Marco Esposito sempre sul
Mattino) è sorprendentemente attuale. Soluzioni? La Scozia ci insegna
che quel referendum è stato il frutto di una identità forte e diffusa,
un’identità storico-culturale, ma anche economica, forte e diffusa. La
stessa Scozia ci insegna che quell’identità non era, evidentemente, così
forte e diffusa da vincere “in trasferta” e contro poteri che
indubbiamente erano e sono forti, anche se il dato che più ci interessa è
quello che vede il partito della secessione stravincere soprattutto tra
i giovani e i giovanissimi. “E’ necessaria -scrive Pino Aprile (Il
Mattino 18/9)- una consapevolezza diffusa, maggioritaria, delle ragioni
del ‘ritardo’ del Sud, del modo in cui è stato costruito ed è coltivato a
vantaggio di una parte del Paese. Dopo un secolo e mezzo, tale
consapevolezza sta dilagando”. A ben guardare quella identità è
l’obiettivo che suggeriscono Aprile, Di Fiore, Buttafuoco, Covre, Sales,
Buttafuoco e… la Scozia e magari anche la Catalogna, con i loro percorsi avviati molto tempo prima del nostro percorso. Era ed è l’obiettivo fondamentale del
Movimento Neoborbonico fin dal 1993. Partiti o non partiti, uniti,
federati o "secessi", è l'unica strada che ci consentirà di vedere
vicino il riscatto del Sud nella realtà e non nei mondi virtuali di social e web. Gennaro De Crescenzo
Articolo integrale di Gigi Di Fiore su Il Mattino del 20/9/14
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