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I Borbone, le opere pubbliche, il Mattino e quei troppi “però” PDF Stampa E-mail

Ricordate il grande Troisi quando parlava di lavoro a Napoli? Si lamentava del fatto che quando te l’offrivano c’era sempre il gesto di una mano ad accompagnarlo: un lavoro “nero”, un “lavoretto” ecc. ecc. Così capita quando a Napoli (e spesso su Il Mattino) si parla dei Borbone: c’è sempre un “ma” o un “però”… Così capita con l’articolo di Ugo Cundari che commenta la recente ristampa di un’opera (Cenno storico delle opere pubbliche eseguite nel regno di Napoli, introduzione di Angelo Forgione). Allora magari è vero che Ferdinando II di Borbone fece molte opere pubbliche però il libro era “propagandistico” solo che sottolineare il fine di quel testo avrebbe senso se i dati che quel testo riporta fossero falsi.  E peccato che i Borbone furono proprio i meno attenti alle propagande (davvero esiguo il numero di pubblicazioni, targhe o statue, a parte quelle rimosse
subito dai Savoia).  E’ vero, allora, che costruirono strade, ponti o porti, però “non in tutto il Regno”… Peccato che anche solo leggendo meglio quel libro vengano fuori dati significativi: le 1505 miglia di strade del 1828, ad esempio, nel 1855 erano già diventate  4587 (e in tutto il Regno) e, al contrario di quanto accade, oggi, nonostante il bassissimo livello delle tasse, con il pareggio del bilancio ottenuto grazie ad una avveniristica “spending review” e con un miglioramento finanziario complessivo che portò il Sud a vantare redditi e Pil anche più alti di molte regioni italiane. E peccato che solo dando un occhio a quello che (non) fu fatto nell’epoca post-borbonica (il modo “diacronico” in cui si dovrebbe sempre guardare la storia) verrebbero fuori dati altrettanto interessanti come quelli relativi alla bonifiche, con interventi borbonici in 20 anni superiori per quantità a quelli realizzati in tutto il Novecento dal governo unitario. Peccato che proprio in questi giorni è sotto gli occhi di tutti che in tempi recenti non siamo stati e non siamo neanche capaci di conservare quello che la nostra storia e i Borbone ci hanno lasciato riducendolo in macerie figurate e non. Peccato che Il Mattino sia e dovrebbe essere il giornale di Napoli e del Sud e che proprio dalle sue pagine venga spesso fuori una storia con troppi “ma” anche quando, con un po’ di consapevolezza e di fierezza in più, non sarebbero necessari.  Prof. Gennaro De Crescenzo
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