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Presentazioni "lombrosiane" tra "nativi":flop, proteste e tesi smantellate (dai colleghi) |
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I difensori dell’indifendibile Lombroso a Napoli: MANIFESTAZIONE DEL MOVIMENTO NEOBORBONICO: RISPETTO PER IL SUD! COMUNICATO STAMPA. In occasione della presentazione del libro di Maria Teresa Milicia dedicato a Lombroso presso la Facoltà di Lettere a Porta di Massa (Napoli) alla presenza, tra gli altri, del direttore del museo dedicato allo “scienziato” veneto-sabaudo (6 relatori in tutto e circa 6 presenti in sala!), i militanti del Movimento Neoborbonico distribuiranno volantini di contro-informazione. Il libro che si presenta a Napoli, infatti, vorrebbe dimostrare che Cesare Lombroso non era un razzista anticalabrese e antimeridionale al contrario di quanto
affermato dagli studiosi da oltre un secolo e mezzo (da Colajanni a Gramsci, da Ciccotti a Teti).
“Brigante” o meno che fosse, il povero Giuseppe Villella, il cui cranio è
“esibito” in una sala ad esso dedicata nel museo torinese recentemente
riaperto con lauti finanziamenti pubblici, fu al centro delle folli
teorie lombrosiane dal 1860 ad oggi strumentalizzate per dimostrare
l’inferiorità dei meridionali autorizzando i governi di ieri e di oggi a
creare e a dimenticare questioni meridionali sempre più gravi nel
silenzio complice di classi dirigenti e di intellettuali locali (alcuni
oggi anche tra i relatori e gli organizzatori della presentazione del
libro). Nello
stesso libro si vorrebbe negare quanto sostenuto da anni dai
neoborbonici, dal Comitato-NoLombroso (con l’adesione di migliaia di
persone e centinaia di comuni) e da una sentenza già emessa dal
tribunale di Catanzaro: il diritto e il dovere di seppellire
cristianamente i resti del povero Villella nel suo paese di origine,
Motta Santa Lucia (Catanzaro). Un
segnale doveroso, importante e significativo di rispetto verso il Sud e
verso la sua memoria storica da troppo tempo cancellata o mistificata. Allegato al comunicato il testo del volantino
distribuito dai neoborbonici: si tratta di un estratto di un articolo
pubblicato dal prof. Giuseppe Gangemi, ordinario presso l’Università di
Padova (la stessa dell’antropologa autrice del libro) nel quale si
smantellano le tesi del libro presentato a Napoli (“Lombroso e il
brigante. Storia di un cranio conteso”) e si definiscono le
caratteristiche dei “lombrosiani” di oggi. Ufficio Stampa
QUALCHE RIFLESSIONE...
Qualche
giorno fa presso l’Università degli studi di Napoli la presentazione
del libro dell’’antropologa calabrese “nativa” (così definita sul sito
della sua casa editrice con aggettivo che si usa in genere per gli
abitanti delle colonie) su Lombroso con il solito docente di storia del
risorgimento, il solito (ex) direttore di giornale e (addirittura) il
solito responsabile del museo dedicato all’inattendibilissimo
“scienziato” veneto-sabaudo. Significativa una strana serie di
coincidenze: 1) il libro è stato pubblicato in una collana di una casa
editrice il cui direttore è Alessandro Barbero, il docente di storia
medioevale da qualche tempo esperto di storia risorgimentale che avrebbe
dovutosmantellare
il “falso mito” del lager di Fenestrelle ma non ci è riuscito, come
dimostra, tra gli altri e dati archivistici alla mano, l’ultimo libro di
De Crescenzo (mai smentito); 2) tra gli organizzatori della
presentazione risulta la Società Napoletana di Storia Patria diretta
dalla prof.ssa Renata De Lorenzo, autrice di un libro per la stessa casa
editrice di Barbero in cui avrebbe dovuto smantellare i miti
neoborbonici ma pure non ci è riuscita, come dimostra, tra gli altri e
dati archivistici alla mano (idem come sopra), l’ultimo libro di De
Crescenzo (mai smentito); 3) l’antropologa “nativa” calabrese
protagonista della presentazione avrebbe dovuto dimostrare, in analogia
con i due colleghi di cui sopra (sia per i temi che per gli - infelici-
esiti), una tesi ancora più indimostrabile e cioè che Lombroso non era
un razzista antimeridionale, al contrario di quanto da sempre dimostrato
dai Gramsci, dai Colajanni, dai Ciccotti o dai Teti... In sintesi: sempre
le stesse persone, sempre le stesse tesi, fallimentari per i risultati,
tra pochi e per pochi (per il numero di copie vendute e quelle sale
semivuote tra Napoli e Torino, nonostante il numero e i ruoli
prestigiosi dei relatori). In conclusione: altri segnali positivi e
incoraggianti per la storiografia e la cultura non “ufficiali”. Di seguito uno stralcio di un intervento documentato e articolato del prof. Giuseppe Gangemi (Università di Padova, la stessa della atropologa "nativa") in cui vengono smentite e smantellate le tesi del libro presentato a Napoli, del museo Lombroso e dei suoi "sostenitori".
“Lombroso ha dichiarato di essersi appropriato di alcuni teschi di cui era venuto in possesso, sapeva che alcuni teschi che gli erano stati regalati avevano la stessa origine, ha candidamente ammesso che, con alcuni studenti, per anni è andato a dissotterrare e a depredare tombe e cimiteri a Pavia e dintorni. Rispetto al ladro reiterato Giuseppe Villella (se pure mai questo è stato ladro), ha avuto il solo merito di essere un reo socialmente accettato in quanto legittimato in nome della scienza e, rispetto al presunto brigante Villella (dal momento che il brigantaggio è stata una guerra civile), ha avuto il solo merito di essere dalla parte dei vincitori. Che cosa rappresentava allora Lombroso e che cosa rappresentano oggi i sostenitori del Museo Lombroso? Essi sono, dal punto di vista sociale, campioni rappresentativi della criminalità dei colletti bianchi (leggi della classe dirigente) convinti, allora come oggi, di essere al di sopra della legge e al di sopra dell’etica. Essi sono i rappresentanti di una categoria di criminali socialmente ben inseriti che, da un secolo e mezzo, commettono ogni tipo di reato senza doverne rendere conto: depredano le risorse pubbliche (con la corruzione, l’evasione fiscale, etc.), violano le leggi, sprecano le risorse pubbliche (distribuendole tra amici e parenti o distruggendole per incompetenza) (…); ciononostante tutti hanno continuato e continuano a restare nei loro posti (a continuare a fare quello che hanno sempre fatto) malgrado sia più evidente che il loro stato morale non sia adeguato al ruolo che occupano. Sono espressione del ritardo culturale e politico di quelle classi dirigenti che non riconoscono o sottovalutano il problema dei reati dei “colletti bianchi”, in particolare i reati della classe dirigente scientifica o finanziaria o politica. Sono, sul piano sociale, ormai categorie superate dalla modernizzazione e dalla storia, sono espressione di riduzione atavistica individuale perché incompatibili con le esigenze della competizione internazionale in tempi di rapida globalizzazione. Questa constatazione assunta come ipotesi di una nuova linea di indagine ci porta alla necessità di fare una indagine su coloro che hanno riproposto la ricostruzione del Museo Lombroso, sui loro dispositivi mentali e sulle loro reazioni di fronte alle sfide intellettuali”… “Foedus”, giugno, 2014, prof. Giuseppe Gangemi, Università di Padova.
Locandina "lombrosiana", volantino di controinformazione antilombrosiana...
La sala della presentazione: 6 relatori (docenti, direttori, presidenti compresi), 6 presenti in tutto. Nessun seguito nonostante il monopolio di mezzi e ruoli...
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