Quand’è che un libro potrebbe essere definito un capolavoro? Quando ti appassiona con un carico di idee e di notizie dalla prima all’ultima pagina e quando queste idee e queste notizie sono nuove e geniali. E’ questa la cosa più semplice che si possa dire per il libro appena pubblicato dalla professoressa Adriana Dragoni (“Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo”, Pironti Editore) e possiamo tranquillamente
mettere da parte
l’antico rapporto di amicizia che ci lega ad Adriana e che lega Adriana
ai temi della nostra memoria storica fin da quando, nella nostra vecchia
sede di via Gerolomini, ci aggiornava sui suoi studi. Arte,
architettura, filosofia, matematica, geometria, letteratura,
cartografia, ricordi personali, spunti da giallo internazionale, il
fascino di una grande scoperta e, su tutto, un amore, un amore profondo
per Napoli. Una città capace di trasmettere il suo DNA a chiunque
l’abbia avvicinata o anche solo sfiorata con curiosità, rispetto e
affetto. C’è tutto in questo libro, con un filo rosso che lega Parmenide
a Vico, Vico a… Maradona. E la geniale teoria dell’unione di spazio e
tempo nelle vedute di Napoli è atto d’amore per questa città ma anche
presa d’atto della forza di una città che non è stata mai e non è mai
una città “ordinaria”. E prendono vita davanti a chi legge queste pagine
quelle raggiere o quelle stelle geometriche che si fanno non solo
prospettiva vedutistica ma autentica e reale prospettiva di vita in un
viaggio nel tempo, tra i colori e tra le immagini (molte inserite
sapientemente nel testo) con una cifra netta e chiara: orgoglio e senso
di appartenenza ma come frutto di studio attento, di osservazione acuta,
di analisi profonda. E così emerge da quelle tele del Settecento quella
prospettiva non artificiale ma reale e “delle cose” in una realtà che
vive e cambia continuamente. Ed emerge una concezione della vita che è
spazio e tempo insieme e solo spazio e tempo, rifuggendo dagli
astrattismi nell’arte come nella storia (e gli esempi della storia a noi
più cara potrebbero essere tanti). E tutto si sintetizza in quella
curva “inesatta” e “irrazionale” che accompagna quelle vedute di
Posillipo o di Chiaia e che somiglia a quelle “palle con l’effetto” che
pure conosciamo bene da queste parti (io ero in curva sotto la pioggia e
dietro la porta di quel portiere della Juve battuto da quella “palla”
che sfuggiva ad ogni logica se non di quello che l’aveva “inventata”: il
più famoso n. 10 della storia del calcio). Questo libro, perdonandoci
le nostre digressioni, presenta tutti i requisiti per inserire le tesi
di Adriana Dragoni tra le pagine dei libri di storia dell’arte nazionali
e non solo ma con molti ostacoli, come sappiamo, perché Adriana Dragoni
è Napoletana e le sue teorie hanno Napoli al centro. Motivo di fondo di
queste ricerche ed un ostacolo di certo, prima o poi, superabile e con
una metafora: quelle prospettive non sono solo prospettive di un quadro
ma possono essere, prospettive di un futuro diverso per i Napoletani di
domani se a disegnarle saranno i nostri ragazzi e con quell’orgoglio e
quel senso di appartenenza che Adriana ha saputo individuare tra le
pennellate dei nostri quadri. Gennaro De Crescenzo |