Altro che “integrazioni”: servono classi dirigenti nuove (e veramente) “sudiste”. Nel suo intervento nel dibattito sulla questione meridionale aperto sul “Corriere del Mezzogiorno” Ernesto Galli Della Loggia interviene evidenziando che il ritardo del Sud ha una causa endogena, dipende dalla sua secolare condizione storica, economica, geografica, culturale e non è legato all’unificazione italiana. Per Galli Della Loggia la maggioranza dell’intellettualità meridionale, invece (insegnanti compresi), è convinta della tesi della “innocenza meridionale” e “anti-italiana” ma così si rafforzerebbe “il potere dei gruppi di comando meridionali” e i “sudisti” di oggi,
allontanandosi dal
meridionalismo e dalle tesi gramsciane, sarebbero entrati nel nuovo
blocco di potere meridionale supportando le “miserabili ed inefficienti
elite politiche e sociali” pronte a “favori, mance e clientele” (ultima
tappa della crisi del Mezzogiorno). In estrema sintesi: Galli della
Loggia ammette che ormai, nonostante oltre 150 anni di monopolio
totalitario della cultura ufficiale, la cultura “non ufficiale” ha
vinto, la verità storica è stata ricostruita e in tanti, ormai, sanno
che l’unificazione italiana (al contrario di quanto ci hanno raccontato
per tutti questi anni) è stata per il Sud-colonia una conquista
associata a saccheggi e massacri; si tratta, in pratica, di una
clamorosa dichiarazione di sconfitta specie se consideriamo che a
sottoscriverla è uno degli esponenti più famosi della cultura ufficiale.
Le tesi esposte da Galli della Loggia, però, sono esattamente le stesse
tesi esposte dalla cultura ufficiale per oltre 150 anni, come
dimostrato anche dalle dichiarazioni dei tanti docenti interpellati
nell’intervista del 6/11 e che si sono accaldati nell’affermare la loro
lontananza dai temi del “sudismo”: per tutti loro è sempre “tutta colpa
del Sud”, allora, per motivazioni storico-economiche-culturali che,
passando per la consueta “damnatio memoriae” dei Borbone arriva magari
fino a sfiorare questioni di carattere razziale. Il fatto è che
conosciamo bene gli esiti di quel meridionalismo non “sudista”: un vero e
proprio fallimento con un divario tra Nord e Sud sempre più accentuato e
drammatico (altro che “prossima ultima tappa per il Mezzogiorno”) e
dopo decenni nei quali è stata oggettivamente alimentata e supportata
quella politica di “favori, mance e clientele” lamentata da Galli Della
Loggia. Il fatto è che, sempre dal 1860 ad oggi, non ci risulta un solo
nome di politico e /o meridionalista che si sia rivelato o proclamato
“sudista” (o magari anche neoborbonico). Il fenomeno, allora, nasce solo
negli ultimi anni ed è il frutto di fattori del tutto trascurati da
Galli Della Loggia: la nascita di movimenti identitari (in testa i
pluri-citati neoborbonici) in conseguenza (ma non solo) delle
provocazioni leghiste e delle politiche sempre più antimeridionali non
solo leghiste e sempre più devastanti per il nostro territorio; il
successo di una pubblicistica (in testa il best-seller “Terroni” di Pino
Aprile) che ha unito ricerca, passione e orgoglio colmando le tante
(troppe) lacune della storiografia ufficiale sulla vera storia
dell’unificazione italiana; le nuove possibilità di una rete che, di
fatto, ha cancellato il monopolio della cultura ufficiale. La
sensazione, allora, è che certe inquietudini sempre più diffuse presso
certi ambienti coincidano con le nostre speranze e il nostro progetto:
1) il totale ricambio (altro che “integrazioni” negli attuali blocchi di
potere, altro che ipotetiche “restaurazioni borboniche”) di classi
dirigenti colpevoli e complici di un sistema nord-centrico dal 1860 ad
oggi, eredi, geneticamente e/o culturalmente di quelle antiborboniche di
ieri e antimeridionali oggi; 2) la formazione di classi dirigenti
consapevoli, fiere e radicate ed in grado di rappresentare, finalmente e
veramente, il Sud di domani. Gennaro De Crescenzo, Presidente Movimento Neoborbonico
NELLA FOTO Una manifestazione di qualche anno fa con un gemellaggio tra neoborbonici e sudisti americani...
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