Verità storica, divulgazione, formazione: il clima è cambiato… Tre fasi di un processo inarrestabile dai neoborbonici agli storici “ufficiali”. E’ di questi giorni la pubblicazione di un ottimo saggio di Antonio Fiore per Meridiana (78, 2013: “Unificazione e Mezzogiorno. La politicizzazione della camorra. Le fonti di polizia a Napoli (1848-60). Il saggio evidenzia il ruolo che la camorra, avvicinandosi ai liberali, ebbe nel processo di unificazione italiana e al contrario di quanto spesso sostenuto in ambienti accademici tendenti ad addebitare ai Borbone quei patti scellerati e ancora drammaticamente attuali. Alle origini della scelta della camorra del tempo, come rivelano i documenti analizzati, interessi di carattere “politico” (la costituzione delle classi dirigenti post-borboniche rappresentava una grande occasione) e anche “personale” nella speranza di attenuare la durezza delle leggi borboniche contro la criminalità del tempo (come avevamo più volte scritto, se i poliziotti borbonici venivano detti “feroci” -altro che patto tra Borbone e camorra- ci doveva pur essere un motivo…). Il saggio, da acquistare e studiare, è anche l’occasione per qualche osservazione. Per
anni a scrivere di certe cose riguardanti il Regno delle Due Sicilie e
l’unificazione italiana c’erano solo i neoborbonici (fase 1). Ai
neoborbonici sono seguiti giornalisti famosi che hanno fatto dei loro
libri dei veri e propri best-seller contribuendo in maniera determinante
alla diffusione della verità storica 8su tutti Pino Aprile e il suo
“Terroni” con Del Boca, Di Fiore, Patruno e tanti altri) (fase 2). Ma,
per i soliti intellettuali ufficiali, si trattava ovviamente di
“neoborbonici” o di storici “senza patente” nonostante il supporto di
ricerche e documenti in gran parte di natura archivistica. Negli ultimi
anni, però (fase 3), a scrivere delle eccellenti condizioni finanziarie
ed economiche, del PIL, dei redditi medi o dell’industrializzazione pari
o superiori per qualità e quantità nel Sud preunitario rispetto al Nord
, ascriver dei massacri dei cosiddetti “briganti” o delle complicità
tra mafa/camorra e nascente stato italiano, dei complotti
anglo-massonici o delle tragiche conseguenze ancora attuali sulla pelle
dei meridionali (emigrazione in testa) non sono più solo i
“neoborbonici” ma altri studiosi in gran parte provenienti dallo stesso
mondo accademico che, di fronte a dati inoppugnabili e di fronte ad un
clima culturale diverso, hanno trovato e trovano il coraggio di
raccontare le verità anche se scomode e non in linea con la ripetitiva e
superata “vulgata” risorgimentalista. Vittorio Daniele, Paolo Malanima,
Stefano Fenoaltea, Carlo Ciccarelli, Stephanie Collet, Vito Tanzi,
Eugenio Di Rienzo, Antonio Fiore, dal CNR a La Sapienza, dalla Banca
d’Italia al Fondo Monetario Internazionale, dall’Università di Bruxelles
a Meridiana… Del resto lo scrivono gli stessi storici ufficiali che i
“neoborbonici sono stati addirittura capaci di condizionare
celebrazioni, anniversari, il clima culturale e lo stesso dibattito
storiografico”… Un po’come nella efficace “parabola” che ogni tanto
racconta Pino Aprile: qualche anno fa si giudicava il massacro di
Pontelandolfo e di Casalduni come una bugia. Tre anni fa, per i 150 anni
dell’Italia unita, le istituzioni hanno presentato le scuse ufficiali
alla città martire… Uno schema che presto sarà applicato anche ad altre
storie. Ed è così che si cambia realmente la cultura di un Paese. E’
così che (finalmente) formeremo e cambieremo le nostre classi dirigenti
ed è un merito che ci attribuiamo per il lavoro svolto in tutti questi
anni. Andiamo avanti. E dalle reazioni spesso scomposte, eccessive e
quasi mai equilibrate o documentate dei nostri “avversari”, possiamo
essere sicuri che si tratta della strada giusta. G.D.C.
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