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V.Gulì: Processo a Garibaldi(aggiornamento) PDF Stampa E-mail

Note storiche sul cosiddetto eroe dei due mondi

a cura di Vincenzo Gulì

(aggiornamento)

Il 3 settembre scorso, a Sala Consilina (SA), la retorica rievocazione del passaggio di Garibaldi nel 1860 si è arricchita della presenza dei Neoborbonici che hanno direttamente aggredito il falso mito risorgimentale sulla linea del vero processo intentato nel 2002 al tribunale di Castelcapuano di Napoli.

Qui di seguito riportiamo la base dell'intervento dello scrivente sugli atti del processo di Napoli.

PROCESSO A GARIBALDI
Premessa

Le vicende risorgimentali si possono considerare sotto un duplice punto di vista:

  • quello storico, in cui si elencano i fatti quale realmente sono accaduti in una ricostruzione il più che possibile obiettiva;
  • quello ideologico, in cui si dà un'interpretazione alle motivazioni ed agli scopi dei personaggi in una ricostruzione sicuramente soggettiva.

Quando si tratta di affrontare la cronaca degli avvenimenti che portarono alla nascita della nazione italiana o di discettare sulle responsabilità di coloro che interferirono sull'esistenza di milioni di individui, si deve conseguentemente agire secondo il primo punto di vista.

Ovviamente se da generazioni quel periodo fondamentale dell'Ottocento è chiamato Risorgimento con la R maiuscola ed è disquisito dagli intellettuali di regime con pareri volutamente di altissimo livello sociale, civile, umanitario, militare fino a far apparire mitici i personaggi che allora prevalsero, è assai arduo seguire i veri avvenimenti.

In altre parole, per togliere gli orpelli tautologici ed arbitrari alla pomposa e retorica storiografia risorgimentale e scoprire faticosamente il mosaico della realtà storica, occorre infrangere radicati miti che parlano di eroi senza macchia e senza paura, addirittura dei due mondi, che hanno detto ai popoli le parole pi? belle che i mass media hanno diffuso nei tempi moderni.

Perdendo di vista la verità storica (cioè la vera essenza ed incidenza delle loro gesta sui destini delle popolazioni), si arriva al punto di inebriarsi di parole tanto seducenti da diventare concrete per mero esercizio di volontà. E chi vuole intraprendere la ricerca storica non può che scontrarsi con tale paradigma folistico contentando fortemente gli utopici aedi di parole mai seguite dai fatti. Essi confondono i due punti iniziali fino ad accusare gli studiosi non conformisti di essere i distruttori dei loro sogni che per loro, inconsciamente almeno, sono realtà!

La querelle risorgimentale tra liberali e conservatori, tra vincitori e vinti, tra immobilismi della storiografia e revisionisti ricercatori  tutta qui.

Non fatti contro fatti ma distorsioni ad arte dei fatti contro il loro disseppellimento in nome della Verità.

Dopo 141 anni di unità una nazione non può temere la ricerca della verità storica. Forse nell'Ottocento fu necessario cementare popoli diversi (e restii come i Meridionali) con le fole risorgimentali, ma nel Terzo Millennio appare profondamente immotivato e pessimistico tremare al pensiero che quel collante possa sparire al solo tramontare dei falsi miti. Quest'Italia è stata costruita nel bene e nel male anche (se non soprattutto) dalla gente del Sud prima con i suoi soldi, poi con le sue braccia, infine con la sua mente.

E' pertanto senza remore che bisogna fare questo processo a Garibaldi mostrando la vera natura di colui che è considerato il massimo eroe risorgimentale. Non essendo più tempo di mitologia (pur seducente) alle future generazioni è doveroso tramandare esempi concreti e moderni senza falsi pudori o abnormi preoccupazioni.

La saggezza popolare, specialmente qui nel Mezzogiorno, ha istintivamente valutato le favole del risorgimento esternando una disaffezione alle menzogne stampate nei libri?propinati ai nostri sprovveduti ragazzi dalle elementari all'università, una repulsione per le manifestazioni patriottiche come lamenta il Capo dello Stato, una simpatia per il solo aggettivo borbonico? che evoca un orgoglioso passato.

L'ottusa difesa ad oltranza di quel sistema di bugie non produce effetti come si nota nella realtà quotidiana e come sarà evidenziato anche da questo processo a Garibaldi.

Vico affermò che i ricorsi sono inarrestabili. Dopo 141 anni al corso risorgimentale sta seguendo quello antirisorgimentale,semplicemente perchè sta emergendo la verità sul periodo in cui il Sud perse tutto per divenire il capro espiatorio nelle vicende alterne d'Italia.

------- Economia e Risorgimento -------

Giuseppe Garibaldi fu mandato dalle plutocrazie massoniche a sobillare il Regno delle Due Sicilie per due motivi precisi economici in ordine crescente di importanza:

1)saccheggiare il regno borbonico per impinguare l'indebitatissimo Piemonte;

2)stroncare l'economia borbonica che si andava sempre meglio delineando come il contro altare del capitalismo anglo-sassone.

Se non si considerano queste due ragioni si discute sempre in campo ideologico perdendo di vista la realtà. Come dimostrano ampiamente i suoi primati italiani, europei e mondiali il Regno di Napoli era alla metà dell'Ottocento uno dei più progrediti stati dell'epoca, segnatamente in campo economico. Garibaldi con le massime garanzie offerte dalla super potenza di allora, l'Impero Inglese, capeggiò le camice rosse dopo che lo spionaggio di mezza Europa aveva corrotto il maggior numero possibile di personaggi altolocati della Nazione Duosiciliana. Il credito concesso al nizzardo era pressochè illimitato per la continuazione della corruzione delle istituzioni e l'ingaggio della malavita locale. Non vi sono prove sufficienti per dimostrare il primo versamento a Londra di una cifra enorme (3 milioni di fr.fr. in piastre d'oro turche equivalente a parecchi milioni di euro), seguita costantemente da una sottoscrizione internazionale per sostenere l?impresa. Ma la razzia del Banco di Sicilia fornisce al dittatore (per conto dell?ipocrita V.Emanuele di Savoia) mezzi a profusione per le sue operazioni militari e di corruzione. Milioni di ducati spariscono in pochi giorni[1], come, ad esempio: 0,7 per l?acquisto di vecchie navi inglesi e 1,4 per pagare debiti all?estero senza darne conto [2].

Sarebbe stato assai interessante vedere i libri contabili della spedizione dei Mille in Sicilia tenuti dal fidato Ippolito Nievo. Ma spostandosi verso Napoli il piroscafo Ercole che li trasportava s'inabissò misteriosamente. Nievo e la contabilità da allora giacciono in fondo al Tirreno per un affondamento non spiegato che tutti giudicarono doloso per la cancellazione delle imbarazzanti informazioni trasportate.

Si parlò di burrasca eccezionale quando il mare era tranquillo, poi non si parlò più con grande soddisfazione di Garibaldi e molta stizza dell'attuale discendente del Nievo. A Napoli il tutto prosegue e s'incrementa con il Banco di Napoli quando il dittatore ha nelle sue mani i tesori della più bella capitale dell'epoca, che un sovrano d'altri tempi aveva graziosamente lasciato ai suoi derelitti popoli. Ad esempio con il Decreto 23/10/60 c'è un prelievo di 6 in milioni di ducati per le sedicenti vittime dell'oppressione dei Borbone. In stretta relazione con il secondo obiettivo dichiarato prima vi sono due provvedimenti per distruggere l'industria duosiciliana:

DeDecreto del 25/9/60 per la concessione delle Ferrovie napoletane a dei faccendieri ebrei di Livorno (tra cui il Gran Maestro della Massoneria Lemmi) con varie e gravose garanzie a carico dell'erario;

dDDecreto(dello stesso mese) di chiusura delle seterie di S.Leucio.

L'allegra amministrazione pubblica di Garibaldi porta un'emorragia nelle casse del Banco di Napoli: il 27/8/60 vi sono D. 19.316.295,11 ed un mese dopo D. 10.930.811,69[3] (al 2/4/61 il contante scenderà a D. 6.983.724,51). I più beneficati da questo vortice aureo che avvolge i liberatori sono gli stretti collaboratori da Crispi a Bertani, da Agresti a Dumas che è il più favorito per la sua fondamentale missione di disinformazione mediatica). A Dumas è affidata una cifra altissima per comprare fucili: ma gli arsenali borbonici erano pieni e a disposizione!

Quando i garibaldini diventano inutili e scomodi per l'arrivo dei mandanti sabaudi, c'è l'enorme problema di liberarsi di loro (almeno di quella minoranza fatta veramente da volontari). Ben 16 milioni di ducati sono impiegati per liquidare i garibaldini incominciando dai più importanti come Bixio, Sirtori, Cosenz. E Garibaldi Prima tenta di ottenere la Luogotenenza delle Due Sicilie in nome di V.Emanuele e, al rifiuto secco di Torino, esce provvisoriamente dalla scena da vero eroe disinteressato con soltanto un sacchetto di sementi da portare a Caprera. Già, Caprera, ma Garibaldi non era di Nizza? E come mai era il padrone di Caprera? L'isola apparteneva nel 1856 al Piemonte. Poi Cavour convoca l'ex condannato a morte del 34 ed espulso del 49 a Torino ed improvvisamente Caprera è sua!


[1] 1 milione di ducati equivale a circa 10 milioni di Euro

[2] G. Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta, pag. 111

[3] Dati del Segretariato Generale delle Finanze p.16

L'informazione dei vincitori ha sempre accuratamente protetto il suo campione per farlo rifulgere della luce irreale di eroismo senza macchia, senza paura e senza interesse. Prima della vittoria la G.U. di Torino del 17/8/48 si lasciò scappare una verità riportando la notizia del furto ad Arona (durante la I guerra d'indipendenza contro gli Austriaci) di 7mila franchi perpetrato da Giuseppe Garibaldi[1]. Altro accadimento documentato concerne il traditore borbonico gen. Francesco Landi che, un anno dopo le sue meschine figure a Calatafimi ed Alcamo, si recò agli sportelli del Banco (a Napoli ) per farsi cambiare una polizza di D.14.000. Il funzionario rilevò che la relativa fede di credito era di soli D. 14 e rifiutò il pagamento per l'evidente falsificazione della polizza. Tutti i giornali riportarono che Landi affermò chiaramente di aver ricevuto la polizza da Garibaldi. Lo scandalo che ne conseguì fece venire un ictus al vecchio infame che morì dopo pochi giorni.



[1] Come indica G.de' Sivo nella sua opera fondamentale

(continua prossimamente...)

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