Un giornale lombardo VARESENEWS ha pubblicato una bellissima lettera che espone le verità sconosciute dai più sul Regno di Napoli. La pubblichiamo volentieri anche noi, convinti che solo sulle verità è possibile costruire quell'unità tra italiani mai avvenuta in 150 anni di menzogne.
Il Regno di
Napoli possedeva la terza flotta mercantile del mondo, la prima nave a vapore
in Italia che univa Napoli a Palermo in 18 ore, e il primo transatlantico
che collegava il Mediterraneo all’America, nonché cantieri navali primi
nel Mediterraneo e quarti nel mondo, che davano lavoro a decine di migliaia di
persone. Era all’avanguardia nella tecnologia, nell’industria,
nell’economia e nelle costruzioni, con la realizzazione della prima
ferrovia in Italia e la prima galleria ferroviaria del mondo, e innovativa
a livello mondiale nell’industria tessile. Era il più ricco, il più
popolato, il più esteso d’Italia, con la maggiore occupazione
nell’industria e nell’agricoltura, nonché ricchissimo di cultura e di
tesori dell’arte,
con leggi all’avanguardia, istruzione obbligatoria, e agevolazioni per le
giovani coppie che ricevevano
casa e arredi al momento del matrimonio.
Inoltre vi
venne realizzato il primo telegrafo, il primo osservatorio astronomico italiano,
il primo osservatorio
sismologico con annesso osservatorio meteorologico. Napoli era una delle città
più importanti
d’Europa e del mondo, disponeva di un sistema fognario e dell’illuminazione a
gas, e fu la prima città a portare l’acqua corrente nelle case. Vi venne
istituito il primo orto botanico ed il primo cimitero per i poveri, ed era
anche la prima città d’Italia per numero di tipografie, pubblicazione di
giornali e riviste, Conservatori Musicali e Teatri, e vi ebbe luogo il primo esperimento
italiano di illuminazione elettrica. Tanti i primati tecnici, sociali e
culturali durante il regno di Ferdinando II, molto attento alle esigenze
del suo popolo come lo dimostra la pressione fiscale sui suoi sudditi che era
la metà di quella esercitata dai Savoia sui piemontesi. Vengono bonificate
le terre paludose e realizzate regge tra le più belle del pianeta, senza
contare i primi scavi di Pompei; e l’elenco potrebbe continuare ma rimando
alle varie fonti disponibili su internet oltre che alla trasmissione Ulisse-Il
Regno delle Due Sicilie-Napoli
dalla quale ho tratto questi dati.
Ma ciò che
faceva più gola a Cavour e ai Savoia, era quel miliardo e duecento milioni in
oro depositato nel Banco delle due Sicilie, somma ragguardevole se si
pensa che il patrimonio monetario del regno dei Savoia era di appena venti
milioni, quindi un sessantesimo di quello dei Borboni. Tra l’altro sembra che a
quei tempi l’unico Stato ad usare carta moneta in luogo di monete in oro e
argento fosse proprio il regno dei Savoia, e che inoltre la moneta piemontese
fosse considerata dagli altri Stati come carta straccia in quanto priva
del controvalore in oro.
Ecco
spiegato il motivo dell’invasione, spogliare il Regno delle due Sicilie. E i
Savoia si arrischiarono a tale passo perché avevano corrotto tutto quanto
era corruttibile, generali borbonici compresi. A meno che non si voglia
credere che siano stati i mille volontari garibaldini a sconfiggere
l’esercito borbonico, forte di centomila soldati armati e addestrati, e la marina
più potente tra gli stati italiani. Nella battaglia di Calatafimi infatti
ci furono circa trenta morti come in una guerra tra bande. Diverso sarebbe
stato il numero dei caduti se in campo ci fossero stati due eserciti.
Accenno
brevemente anche agli interessi economici di Cavour che era il maggior
azionista della Banca Centrale degli Stati Sardi, la Banca privata che
stampava moneta per conto dei Savoia. Questi personaggi sono diventati
eroi nazionali, liberatori del popolo meridionale oppresso (sic!) dai Borboni,
sono diventati padri della Patria, perché si sa che la storia dei vinti è
scritta dai vincitori.
Generazioni
e generazioni di italiani hanno studiato nelle scuole queste menzogne e ancora
oggi, che le fonti per conoscere la verità sono alla portata di tutti, ci
dobbiamo sorbire la lezione di storia di Benigni che fa l’apologia di
personaggi mediocri che hanno agito perché mossi da avidità ed interessi
personali.
Ma noi
italiani siamo così assuefatti alle menzogne che ce le beviamo continuamente
come acqua fresca. Vi ricordate il sacco di Palermo. Mentre Riina
spadroneggiava in Sicilia, Andreotti sosteneva che non c’era alcuna prova
definitiva dell’esistenza della mafia. Per non parlare di ciò che asseriva
il sindaco di Palermo Salvo Lima sullo stesso argomento, anzi non sosteneva
nulla, rispondeva con un sorriso come per dire: credete ancora nelle
favole?
Ed oggi?
Ai giorni
nostri la verità, se è scomoda ai potenti, viene spacciata per carta straccia e
la menzogna per oro zecchino. La menzogna è reiterata tante volte finché
non diventa prima verosimile e poi vera. Certo, nell’era
dell’informatica abbiamo molti modi per conoscere la verità, però costano tempo
e fatica. Altre sono le cose che ci allettano, e giustamente!
7/04/2011
Pasquale Faseli
Link di riferimento
http://www3.varesenews.it/comunita/lettere_al_direttore/articolo.php?id=200762 |