L’INUTILE VITTORIA AL GARIGLIANO
Oggi,
29 ottobre 2010, sono esattamente 150 anni dalla battaglia del Garigliano, poco
conosciuto scontro tra i Regi borbonici e quelli sabaudi invasori. Presso il
famoso ponte, vanto della tecnologia delle Due Sicilie, si fronteggiano la
retroguardia borbonica, in assurdo e non provocato arretramento verso Gaeta, e
l’avanguardia degli stranieri conquistatori che, con velleità e presunzione,
vorrebbero ripetere le imprese garibaldine che solo la propaganda settaria
definisce vittorie. La realtà per i
soldati di V.Emanuele è ben diversa perché assaggiano il valore dei borbonici,
finalmente comandati da un vero eroe come il gen. Matteo Negri.
Purtroppo la solita indecisione, sintetizzabile
nella paura di vincere veramente, salva i Piemontesi e rende praticamente vana
la sonante vittoria gigliata. Eppure comandanti leali e soldati coraggiosi sarebbero
bastati per ributtare oltre uno dei più antichi confini europei le orde savoiarde. Un’altra occasione
sprecata con sangue duo siciliano versato senza costrutto per colpa dell’alto
comando borbonico, Re in testa.
V.G.
Sempre da libro dello
scrivente “Il saccheggio del Sud” riportiamo uno stralcio dedicato alla battaglia
del Garigliano.
I Napoletani decidono di
schierarsi in attesa dei Piemontesi sul
Garigliano, la meno difendibile, strategicamente parlando, delle posizioni che
erano state a loro piena libertà di scelta sin dalle terre abruzzesi.
Il 26 ottobre la retroguardia regia, che stava completando
l'attestamento sul Garigliano, è attaccata da Cialdini e, con alterne fortune,
si pugna furiosamente finchè dalle alture di Cascano le batterie del gen.Negri
capovolgono la situazione infliggendo pesanti perdite ai Sardi, alla fine messi
in fuga con assalto alla baionetta. Le ombre della sera proteggono la ritirata
alquanto ingloriosa degli invasori. Costoro rimangono col cuore in gola perchè
i rinforzi e i rifornimenti sono in crisi di trasferimento. Come da loro stessi
ammesso, se i Napoletani avessero riattaccato, specialmente con la cavalleria,
sarebbero andati in rotta completa con conseguenze disastrose. Invece Salzano
ottusamente fa proseguire il ripiegamento verso Sessa e il fiume designato come
baluardo da difendere. Il concentramento oltre il Garigliano costituisce un
altro gravissimo errore dell'alto comando borbonico; o, giudicando secondo la
logica perversa degli indegni duci, un altro passo decisivo verso la sconfitta
totale del governo legittimista. (…)
I
Piemontesi, avendo avuta via libera dopo essere stati respinti valorosamente a
Cascano, pervengono al Garigliano ed attaccano il punto più debole del già
debole schieramento: la foce. La potenza degli assalitori, in maggioranza
schiacciante, fa arretrare al primo impatto i difensori. Ma il contrattacco
protetto magnificamente dall'implacabile artiglieria del gen.Negri, li
costringe a segnare pesantemente il passo. Lo stesso Re Savoia gira tra i suoi
soldati in difficoltà incitandoli a non desistere dall'attacco. Ciò nonostante
i Sardi indietreggiano impauriti; quando la cavalleria avrebbe completato
l'ottimo lavoro dell'artiglieria e dei fanti, il ponte esistente è reso
inutilizzabile dalle bombe e non consente il necessario inseguimento per
stroncare definitivamente gli assalitori. Con spirito bellico elevatissimo i
fanti napoletani si inerpicano sui resti del ponte, tra i ferri contorti e le
tavole squassate, riuscendo in parecchi a toccare l'altra sponda per
perseguitare il nemico, accoppando i Sardi incontrati o facendoli prigionieri e
soccorrendo i loro compagni feriti precedentemente. Il profumo di trionfo aleggia sul Garigliano in quei momenti: i
Regi napoletani stanno constatando che i tanto temuti guerrieri piemontesi,
veterani di tante battaglie, sono alla loro portata. Tutto incomincia a cambiare
nell'attimo in cui il prode generale Matteo Negri rimane ferito all'addome da una granata. Le sue
condizioni appaiono subito gravi e nel celere trasporto a Scauri per i migliori
soccorsi, egli dice ai suoi soldati "difendete questo passo e vinceremo".
Purtroppo all'ospedale il siciliano Matteo Negri, devotissimo alla monarchia e
sempre messosi in evidenza ampiamente positiva sin dalla repressione
rivoluzionaria del '49, che aveva dimostrato la bravura dei probi duci
napoletani, spira. Il danno è enorme per i Regi ma almeno l'eroe muore con l'illusione
di un possibile ribaltamento della situazione per il giorno fausto che aveva
vissuto per ultimo. |