Dalla cittadina sannita di Solopaca (BN) riceviamo quest'accorata lettera mandata anche ai giornali locali e, naturalmente, alla Padania:
Esimio signor Umberto,
alla fine ho deciso, non posso, considerata
l’importanza dei temi che Lei pone quotidianamente, far finta di niente e
sentirmi straniero in casa mia. Signor Umberto guardi, le assicuro che appena
letto l’articolo apparso su Repubblica del 2 agosto u.s., e precisamente il
virgolettato sulle “famiglie schiavizzate da uno Stato delinquente che ha
portato via risorse” ho avuto un sussulto, mi ha impressionato più delle affermazioni
sui venti milioni di “Padani” pronti a muovere. Finalmente, finalmente la
verità comincia a venire a galla, grazie signor Umberto, non immagina neppure
quanto mi ha fatto felice leggere queste sue affermazioni. Però, a pensarci
bene, mi son detto:”Ma il signor Umberto è sicuro di quello che dice? È
possibile che questa volta si è schierato con i Meridionali? Ha parlato
veramente di famiglie schiavizzate da uno Stato che ha portato via risorse”.
Mah!
Con questo pensiero, ma
contento di essermi trovato in sintonia perfetta con le Sue affermazioni, ho
passato questi giorni. Vede signor Umberto, anche se su gran parte delle
problematiche che Lei mette sul tavolo delle discussioni mi trova
d’accordissimo, non condivido il metodo della discussione, il giochino del Sud
colpevole di tutto è vecchio, ormai non regge più, ha retto per 150 anni, non
le sembra giusto cambiare musica? Ma non scegliendosela da solo, signor
Umberto. Guardi che se ragioniamo insieme, sicuramente comporremo uno spartito
non stonato questa volta, sarà sicuramente melodico, soddisfacente per tutti.
Ci pensi un attimo. Per 150 anni abbiamo interpretato un opera, fatta male
perchè composta da note imposte con la
forza da una parte sola. Eppure l’abbiamo interpretata, tutti insieme e, le assicuro
signor Umberto, sapesse quante volte ho dovuto ingoiare e andare avanti .
Adesso la musica di quest’opera deve cambiare, ha fatto il suo tempo, siamo
tutti d’accordo. Vogliamo ripetere l’errore già fatto? Vogliamo riscrivere lo
spartito con le note di uno solo? Suvvia signor Umberto, non è da saggi, non è
da gente che vuole riappropriarsi della propria libertà, essere padrone a casa
sua, decidere con il suo popolo per il popolo quali sono le priorità da
affrontare, come impostare il ritmo delle proprie giornate secondo le proprie
abitudini. Non vedo l’ora signor Umberto, senz’altro più di Lei. Sono sicuro
che saprà cogliere questa occasione, sono sicuro che smetterà il vestito da
burocrate e si riapproprierà di quella canotta da uomo pratico qual è e accetterà
questo mio invito. Non si annoierà, anzi rimarrà sicuramente sorpreso
nell’apprendere la mia storia. Chi ero, cosa sono diventato quando i miei
fratelli senza chiedermi nemmeno se ero d’accordo a vivere con loro si sono
presentati con prepotenza a casa mia, cosa sono stato da quando la famiglia si
è allargata. Guardi signor Umberto, mia moglie è Friulana, è dal 1981 che percorriamo
il faticoso cammino della vita tenendoci mano nella mano. Nessuno di noi si è
mai fatto problemi sulla provenienza geografica dell’altro, abbiamo messo al
mondo dei figli che con tanta fatica cerchiamo di riparare dagli attacchi
feroci che la società moderna lancia loro eppure, quando poche settimane fa,
insieme abbiamo appreso dopo 150 anni di come i miei fratelli avessero trattato e
trasformato la mia casa quando si sono presentati, signor Umberto, ci siamo
guardati in faccia ed in silenzio, con uno strano velo negli occhi, mia moglie
ha cercato la mia mano ed io la sua e la stretta è stata più vigorosa delle
altre volte. A noi quello che manca è la verità signor Umberto, sono sicuro che
quando questa sarà conosciuta e riconosciuta da tutti il cammino da fare sarà
meno irto di ostacoli e luoghi comuni e lo faremo sicuramente insieme
tendendoci la mano reciprocamente quando uno di noi è in difficoltà. Signor
Umberto, per quanto riguarda i 20 milioni pronti a muoversi sono sicuro che Lei
si riferiva all’esodo delle vacanze, non oso pensare ad altro, glielo dice uno
che 20 milioni di uomini li ha visti veramente partire in questi anni, ma non
per ferie, signor Umberto, per bisogno e per orgoglio, per non far patire la
fame alle proprie famiglie. Le assicuro, signor Umberto che quei venti milioni
non sono mai morti, nonostante gli anni, c’è il loro seme che è germogliato e si
è moltiplicato, e le garantisco che ha preso coscienza, anche grazie a Lei, ed
è pronto a lanciare o ad accettare la sfida, nel modo che vuole. Ma prima ci
sediamo al tavolo e formiamo il mazzo di carte con il quale dobbiamo giocare,
così signor Umberto, giocando davvero con le stesse carte e rimettendo al punto
d’origine gli assi, Le garantisco una piacevolissima partita, gradita a tutti.
Nel chiudere mi scuso per non averLe attribuito nessun titolo se non quello
di signore. Non me ne voglia signor
Umberto ma è l’unico che riesco ad attribuire ai galantuomini e ritengo che Lei
lo sia, anche perché se Le avessi attribuito qualche titolo sarebbe per me stato
difficile rimanere nel rispetto, ma questa è un’altra storia, è la storia di
uno che è stato sfruttato dallo Stato e preso in giro dal “fratello”. Sarò
lieto di raccontargliela per intero quando ci siederemo di fronte guardandoci
negli occhi.
Sicuro di una risposta affermativa all’invito, La saluto cordialmente.
Clemente Colella
Solopaca
P.S. L’invito è a casa
mia, decida Lei quando.
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