“Onda d’urto” per il Mezzogiorno d’Italia
Dal nostro lettore S. C.riceviamo questa circostanziata lettera sulla nostra situazione economica che deve far riflettere quelli che sperano nel federalismo che arriva o nei politici che ci governano.
La gente del Sud dice semplicemente: rivogliamo la nostra
banca!
Le distanze tra le Regioni del Sud e quelle del Nord
Italia si allargano sempre più.
Lavoratori occupati, ricchezza prodotta, reddito
disponibile, investimenti ed infrastrutture: sono tutti indicatori che
confermano l’aumento del divario.
Il Mezzogiorno, senza una guida rappresentativa e
credibile, vive una lunga stagione di abbandono e sfiducia nelle proprie
capacità e potenzialità. Tra queste ultime:
a) il gran numero di giovani intellettualmente formati
che si rivolgono al Nord e all’estero per porre a frutto le proprie competenze
professionali;
b) l’alto livello di risparmio finanziario, recentemente
riconsiderato ed apprezzato quando si è trattato di rendere più accettabile
agli occhi di osservatori ed investitori internazionali le negatività connesse
all’enorme debito pubblico accumulato nel nostro Paese.
Il Sud ha bisogno di una scossa che possa riportarlo
fuori dallo stato di torpore imperante.
Francesco Delzìo, in una sua recente pubblicazione,
appunto “La scossa”, ha individuato sei proposte shock per la rinascita del
Sud. E’ il caso di segnalarle tutte e tenerle in buona evidenza:
1) No tax area per 5 anni + 5 per i nuovi investimenti
nelle regioni del Sud;
2) Snellimento della macchina burocratica;
3) Guerra totale alla cattiva gestione del denaro
pubblico con ineleggibilità alle elezioni successive ed automatica azione di
responsabilità civile;
4) Derogabilità della parte normativa dei contratti
collettivi nazionali;
5) Sviluppo di vere competenze per i giovani;
6) Ed infine una grande alleanza , trasversale tra i
governatori del Sud per una politica che ascolti la gente, orgogliosamente
sudista, al fine di ridarle credibilità e forza agli occhi degli interlocutori
nazionali e sovranazionali.
Sono proposte in buona parte da condividere; in alcuni
casi si tratta di buone intenzioni che si scontrano nella loro attuazione con
conclamate difficoltà e carenze di volontà politica.
In medicina riabilitativa è impiegata da qualche tempo
una terapia che sembra dare buoni risultati. Mi riferisco alle applicazioni di
“onde d’urto” (Eswt): onde acustiche percettibili ad elevata intensità per la
cura di particolari patologie.
Accanto e contestualmente alle scosse di Delzìo proporrei
un’onda d’urto, un intervento eccezionale, impegnativo e coinvolgente che possa
scuotere fortemente i “legamenti” ed i cervelli degli uomini del Sud per
recuperare la dignità smarrita e ridefinire il proprio ruolo – maggiormente
attivo e propositivo - in campo economico, sociale e politico.
Ecco il progetto: il Sud intende riappropriarsi del Banco
di Napoli.
Non è pensabile di accontentarsi di promesse vaghe e
inconsistenti relativamente ad una progettata nuova banca del Mezzogiorno di
cui si fa un gran vociare ormai da diversi anni.
Il capo della Lega Nord, dopo la vittoria alle recenti
elezioni regionali ha affermato senza mezzi termini: “Adesso vogliamo le
banche!”. La gente del Sud dice semplicemente: rivogliamo la nostra banca!
Se è vero che nel Mezzogiorno è disponibile una
consistente fetta del risparmio nazionale – che solo in parte viene reimpiegato
al Sud - in una fase storica nella quale i depositi di denaro vengono
remunerati a tasso zero (o quasi), è il momento di farsi avanti, di
“valorizzare” e “moltiplicare” la
preziosa risorsa risparmio e riconquistare un istituto che, non a caso, si
vanta di chiamarsi “Banco di Napoli”.
La strada da seguire è quella legale e rispettosa delle
regole di mercato, con le seguenti modalità da definire nei dettagli e
monitorare da parte di un comitato composto da persone di alto profilo e
competenza:
- 100.000 cittadini/risparmiatori del Sud comprano in
borsa azioni della Banca capogruppo Intesa-Sanpaolo con un investimento singolo
di 10.000 euro (attuale valore di mercato del titolo: 2 euro). Lo stesso
risultato si raggiungerebbe, in ipotesi, con un investimento singolo di 20.000
euro da parte di 50.000 cittadini/investitori. L’intervento diretto di
istituzioni locali, imprenditori e grossi investitori ridurrebbe l’impegno
finanziario mediamente sopportato dai piccoli risparmiatori.
- Una volta raggiunto un livello di investimento
azionario per un miliardo di euro, pari all’incirca al 5o% del capitale Banco
di Napoli (riserve comprese), i risparmiatori azionisti di Intesa SanPaolo
propongono alla stessa banca capogruppo (detentrice dell’intero pacchetto
azionario del Banco di Napoli, non quotato in borsa come tale) la cessione
della maggioranza del capitale del Banco di Napoli, utilizzando per il
concambio i valori delle azioni acquistate sul mercato.
Ai politici che hanno il loro raggio di azione (ed i
voti) nelle Regioni meridionali si richiede attivo supporto e convinta azione
per il buon fine dell’operazione. Sarebbe un modo, seppur tardivo, di farsi
perdonare (in parte) l’inerzia, l’incapacità e la mancanza di volontà nella
penosa vicenda che, nel 1997, registrò il passaggio per pochi spiccioli del
controllo del Banco di Napoli alla cordata BNL-INA e successivamente al San
Paolo di Torino.
E’ questa l’”onda d’urto” che, nell’attuale fase storica,
potrebbe risvegliare le coscienze e rimettere insieme la gente del Sud,
facendole riassaporare il gusto delle valide rivendicazioni.
Rivendicazioni e scelte, supportate in questo caso dai
Governatori delle regioni meridionali, che farebbero da volano per ridisegnare
un futuro credibile ed accettabile per i tanti giovani - centinaia di migliaia
- che al Sud del loro Paese vorrebbero dedicare capacità, sforzi ed impegno
sociale.
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