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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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GIORNO DELLA MEMORIA:BRIGANTI E NEOBORBONICI PDF Stampa E-mail

scena_di_brigantaggio.jpg A 148 anni dall'eccidio di Casalduni e Potelandolfo ad opera degli invasori italo-piemontesi, una grande GIORNATA DELLA MEMORIA è stata organizzata dal Movimento Neoborbonico e dalle istituzioni locali. Di storia prima si parlerà nel castello di Casalduni  e poi si interpreterà rivivendo i tragici fatti del 1861 nel centro storico della cittadina casaldunese.

SOCI, AMICI E SIMPATIZZANTI SONO FORTEMENTE INVITATI A PARTECIPARE!

segue programma dettagliato

Il Comune e la Pro Loco di Casalduni, il

Movimento Neoborbonico

presentano

 

“ Castrum Casaldonis Eventum “

 

domenica 6 settembre 2009

 

Programma

 

Ore 17:00Castello Ducale

 

Convegno sui moti del 1861 a Casalduni

 

Interverranno:

 

Prof. Vincenzo Gulì - Vice Presidente del Movimento Neoborbonico;

 

Prof. Pier Luigi Rovito – Docente di Storia del Diritto e Istituzioni Politiche presso l’Università di Salerno.

 

 

Presentazione del libro: “LA BANDA DEL MATESE” di Bruno Tomasiello

Coordinerà gli interventi l’Avv. Vincenzo De Lucia.

 

 

 

Ore 19:00Centro storico di Casalduni

 

Rappresentazione scenica dell’eccidio accaduto a Casalduni il 14 agosto 1861 a cura dei Militari, dei Briganti e delle Brigantesse dell’Associazione Imago Historiae guidati dal Cap. Alessandro Romano.

Saranno ricostruiti:

Lo scontro tra Briganti e Piemontesi; l’assalto al comune; la festa popolare; la controffensiva dell’Esercito Piemontese; la sconfitta dei Briganti; la fucilazione degli abitanti; l’incendio del paese.

 

 

Inoltre Saranno presenti:

Dott. Raimondo Mazzarelli - Sindaco di Casalduni
Dott. Domenico Ventucci - Sindaco di Ponte

Prof. Gennaro De Crescenzo – Presidente del Movimento Neoborbonico
Dott.ssa Elena Mazzarelli - Dirigente Ist.Scol.Compr. Casalduni
Dott.ssa Mariangela Fucci - Dirigente Ist.Scol.Compr.Ponte
Nicola Bove-Presidente Pro - Loco Casalduni
Daniele Simeone-Presidente Pro-Loco Ponte
Antonio Lombardi-Presidente U.N.P.L.I. Provinciale

 

Non mancherà il nostro Dott. Vincenzo D'Amico con il suo banco

di preziosi testi di storia

 

 


 

Nel 1861 Casalduni subì gli stessi orrori e la stessa devastazione delle vicine Pontelandolfo e Campolattaro e di altri 81 paesi della nostra amata Patria.

Da allora, nella memoria della Gente di Casalduni sono rimasti ben impressi gli orrori di quella immane tragedia che decimò gli abitanti e ridusse la cittadina rurale ad un misero ammasso di rovine fumanti.

Da qualche anno, nella ferma volontà di non dimenticare e nel desiderio di comprendere meglio quanto accadde, a Casalduni si ricostruiscono quei tragici momenti anche attraverso la rappresentazione scenica curata dagli esperti del Movimento Neoborbonico.

Infatti, durante il periodo estivo, su iniziativa della Pro Loco e del Comune da tempo sensibilizzati dalle nostre attività di ricerca e di diffusione della verità storica, si anima una serata particolare dove gli abitanti ripercorrono in prima persona quella tragedia.

 

Considerata l’importanza dell’evento ed il luogo emblematico delle nostre disgrazie, tutti i compatrioti sono invitati ad essere presenti.

 

C a p. Alessandro Romano

 

 

 


Casalduni, 14 Agosto 1861.

 

Il 7 agosto del 1861 la popolazione di Casalduni, entusiasmata dalle notizie provenienti dalla vicina Pontelandolfo, dove avevano ripristinato il legittimo Stato Borbonico, scese per le strade e si portò al posto di guardia piemontese sventolando bandiere borboniche e gridando viva Francesco II, viva il Papa a morte Vittorio Emanuele l’usurpatore. Sfondarono la porta sbarrata ed, impadronitosi delle armi, misero in fuga i Bersaglieri piemontesi.

Quindi, puntarono minacciosi sul comune dove però furono accolti sull’uscio dal sindaco, un certo Ursini, di provata fede legittimista. Egli, con poche e ferme parole, li distolse da ogni ulteriore proposito di vendetta, invitandoli a rientrare nelle proprie case per non attirare le truppe di occupazione.

Il giorno successivo i Casaldunesi formarono una compagnia di circa 50 uomini guidata da un sergente borbonico, un certo Leone. Loro compito era quello di tenere libero dai piemontesi il territorio comunale, vigilare sull’ordine pubblico, sulla popolazione e sui loro beni.

L’11 agosto del 1861 a Pontelandolfo la popolazione respinse clamorosamente i piemontesi del 36^ fanteria, comandati dal ten. Bracci, che erano accorsi per ripristinare l’autorità piemontese abbattuta dalla popolazione i giorni precedenti.

Inseguiti dalla gente di Pontelandolfo, i soldati piemontesi ripiegarono verso Casalduni nel tentativo di acquartierarvisi. Qui, però, furono avvistati dalle vedette borboniche poste dal Leone che diedero l’allarme. Subito una squadra comandata dal sergente borbonico Angelo Pica circondò la formazione piemontese ingaggiando un fuoco serratissimo.

Nella sparatoria il ten piemontese Bracci fu colpito a morte, considerata la distanza probabilmente ucciso accidentalmente da un suo soldato, e quindi tutto il reparto si arrese. Portati nella piazza di Casalduni si fece un processo sommario dove, nonostante il sindaco implorasse clemenza per gli invasori, la gente proclamò con urla sovraumane la condanna a morte per chi aveva distrutto raccolti, devastato paesi e violentato donne.

Condotti a Largo Spinella furono fucilati nella schiena.

All’alba del 14 agosto del 1861 una squadra di 400 bersaglieri comandati dal Magg. Melegari puntò su Casalduni guidati da un certo Jacobelli, liberale del luogo, e da Lucente di Sepino. Avvistati dalle vedette borboniche, venne dato l’allarme ma, constatato l’enorme superiorità numerica, si fecero suonare le campane per far scappare la popolazione verso la montagna. Nel gran trambusto, 40 valorosi casaldunesi restarono a difendere il paese per ritardare in qualche modo l’arrivo dei piemontesi e consentire di mettere in salvo più persone possibile.

Ma caduta in breve ogni resistenza sotto i devastanti colpi di cannone, i piemontesi dilagarono nel paese prima di ogni previsione, abbandonandosi a violenze e crudeltà di ogni genere. Poi il fuoco fece il resto.

 

Francesca Romano

 


 

INV/BELLI/Salimbeni-Casalduni

Come comandato arrivai in Casalduni il dì 15 agosto 1861 alle luci dell'alba e non mi fu difficile ritrovarmi nel luogo dello scontro per i fuochi che ancora divampavano in ogni dove. Lungo la strada moltissimi sbandati, vecchi, fanciulli e le donne con le vesti lacere e bruciate. I bersaglieri presidiavano le alture e nel paese completamente arso e distrutto financo le mura si aggiravano drappelli per allontanare quei miserabili da ciò che restava del loro avere. Tra i colli si alzava un'alta colonna di fumo nero che poi mi fu detto provenire da Pontelandolfo anch'essa distrutta ma con resistenza degli abitanti. Cercai il capitano che però mi fu riferito non presentabile ed allora incontrai il magg. Melegari. Egli mi confermò che la punizione era compiuta ma che aveva preferito non sottoporre tutta la popolazione alla vendetta. Allora gli chiesi chi fossero quegli individui appesi per i piedi lungo il canalone e se fosse stata inevitabile una si cruenta esecuzione e lui come meravigliato volle conoscere quanto gli raccontavo. Ritornato sui miei passi arrivammo nel costone dove dalle arcate penzolavano 16 uomini e 4 donne, tutti nudi e con ferite al collo. Il maggiore riferì che nella notte il fuoco e l'ira della truppa alla notizia dell'assassinio dei loro compagni avevano creato un inferno e che per molto tempo la situazione era stata fuori dal controllo dei superiori. Chiesi del saccheggio ed egli allora mi portò sul colle sovrastante il paese e mi mostrò una lunga fila di fardelli fatti con coperte, vesti ed ogni cosa potesse contenere quanto preso dalle abitazioni dei cafoni, tutti numerati con in guardia 8 militi ed un caporale. Discesi quindi nel paese e la visione fu orrenda e di contro a ciò che mi aveva appena detto il maggiore tra le pietre annerite vi erano membra umane, ed una moltitudine di cadaveri di vecchi, fanciulli e donne. Ovunque posavo lo sguardo la visione era di ribrezzo e tristezza. Mi colpì molto il vedere un gruppo di scampati in silenzio, niente urla ne lamenti quasi a dispetto di quanto orrendamente avevano appena subito. Consegnai i dispacci al maggiore e ripresi verso Pontelandolfo. 

Salimbeni

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