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UN SANTO BORBONICO PDF Stampa E-mail
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Il 12 ottobre 2008, è stato proclamato Beato il napoletano Gaetano Errico. Egli visse nell'ultimo periodo del nostro Regno felice e reagì fermamente alle sventure apportate da Garibaldi & C. indicando la via della Verità ai cattolici di ieri e di oggi.

Segue un'attenta nota di Massimo Cuofano.

San Gaetano Errico, l'uomo che non venne mai meno alla sua fede

 

Il 12 ottobre prossimo papa Benedetto XVI canonizzerà il sacerdote napoletano Gaetano Errico, uomo di Dio, fondatore dei Missionari del Sacri Cuori di Gesù e di Maria, anima veramente eccelsa ed esempio di carità e fedeltà.

Nacque a Secondigliano, nella periferia nord di Napoli, il 19 ottobre 1791, nel grande splendore del regno Borbonico, da una famiglia semplice ed umile, il padre faceva il maccaronaio. Terzo di nove figli, da subito aiutò  i genitori nel loro lavoro.

Sin da piccolo ha sentito forte la chiamata ad essere di Dio, e riuscì ad entrare tra gli alunni del seminario arcivescovile di Napoli, tra i diocesani, perchè non poteva pagare la retta. Questi frequentavano da esterno, e il nostro piccolo Gaetanino, ogni giorno si faceva 16 chilometri a piedi per recarsi a scuola. Nonostante i grandi sacrifici fu sempre brillante negli studi. Rifiutò la carriera universitaria, volendo essere prete al servizio della Chiesa e dei poveri.

La sua fedeltà al Papa fu irremovibile, e nonostante i difficili tempi e l'antipapismo corrente, egli difese sempre la causa del Pontefice.

Sacerdote stimato da vescovi e autorità, divenne per Re Ferdinando II, un punto importante di riferimento spirituale e morale. Divenne consigliere personale del Re, e aveva diritto di andare alla corte ogni qualvolta voleva. Il Re lo volle anche consigliere del suo Governo, e al prete Gaetano Errico accorrevano spesso i ministri del re, per consigli e illuminazioni. Un faro di reale splendore per il nostro antico Regno.

Un grande amore ebbero per lui i poveri, verso i quali egli ricambiava un amore ancora maggiore, e ad essi dedicò molta parte della sua vita.

Confessore e consigliere mirabile, sull'esempio di Sant'Alfonso Maria De Liguori, fu il grande missionario di Napoli.

Certamente non mancò di essere anche confessore e consigliere, nonché maestro,  del principe Francesco II, avendo la famiglia reale grande stima nelle virtù e nella cultura di quest'uomo, fedele alla causa di Dio e all'amore per la Patria delle Due Sicilie.

Era ormai avanzato di età, quando il Regno fu invaso dalla barbarie garibaldina, ed egli da subito comprese l'inevitabile orrore di questa unità imposta dall'usurpazione. Consapevole che alle spalle di tutto questo vi erano i nemici della Chiesa e della giustizia, uomo tutto d'un pezzo, fedele ai suoi ideali di sacerdote e di cittadino napoletano, monarchico fedele al suo Re,  non si risparmiò di contrastare con la sua parola cocente quando si stava avviando contro l'indipendenza del nostro Regno.

Quando Garibaldi, dopo aver minacciato e vessato il cardinale Riario Sforza, lo espulse da Napoli, egli dispiaciuto e turbato, pianse sulle amarezze che sarebbero capitate alla nostra Nazione. Fu critico verso quei preti che si dettero alla rivoluzione risorgimentale, specialmente verso il famoso e famigerato fra Pantaleo.  Oggi lui, fedele ai suoi ideali, è santo, mentre questi sono dimenticati dagli uomini, e forse anche da Dio.

Anche la sua congregazione, insieme  a quella dei gesuiti e dei redentoristi, subì pressione e repressione da parte del nuovo governo, ma questo non lo spaventò nel dichiarare pubblicamente la sua posizione.

Quando fu deciso il plebiscito, che doveva segnare l'annessione del Regno alla nuova Italia, che si stava costruendo sulla violenza, sul sangue innocente,  sulla corruzione e l'ingiustizia, egli si oppose, e pur trovandosi a letto sofferente, si fece per i patrioti napoletani e per i suoi sacerdoti, un punto di riferimento importante.

Fu minacciato da chi deteneva il potere, ma egli fu irremovibile nel dirsi contrario all'annessione, e consigliò ai suoi figli spirituali di votare "no", e ai preti di non andare a votare.

Purtroppo lui sapeva bene che le condizioni del voto non sarebbero state libere, e che quei plebisciti erano regolati da pressioni violenti e da brogli, perché chi avesse voluto votare contro l'annessione sarebbe stato tacciato pubblicamente di tradimento, e forse avrebbe corso anche pericoli gravi. 

Molti però, nonostante il pericolo, sull'esempio del coraggio del sacerdote Errico, e di quei sacerdoti che votarono "no", si recarono alle urne votando anch'essi  "no" all'annessione.

A tanti che per paura avevano votato "si", disse: <>.

Ecco un uomo coraggioso, che non venne mai meno alla sua fede, al suo valore di di uomo d'onore, alla sua fedeltà verso quei valori insindacabili: Dio, Patria, Famiglia. Infatti fino in fondo fu fermo nella sua fede al solo ed unico Dio, che annienta tutte le usurpazioni e le infedeltà della terra; fedele alla sua Patria Napoletana e al suo Re, verso il quale nutriva grande amore; servitore instancabile della sua famiglia spirituale, per la quale offrì tutta la sua vita.

Dio lo risparmiò di tutto il male che sarebbe avvenuto dopo l'annessione e l'unificazione sia a Napoli che nel Regno, e lo chiamò a se, servo buono e fedele, il 29 ottobre 1860, per premiare la sua fedeltà.

Questi è l'uomo di Dio, al quale oggi viene riconosciuta quella corona di gloria, che non è per i pusillanimi ed i traditori, ma per chi è fedele alla Verità e alla Giustizia, fino alla fine.

 

                                    

 

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