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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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RESISTENZE E LIBERAZIONI PDF Stampa E-mail

 Lettera inviata ai giornali nazionali da un neoborbonico:

Riguardo alle celebrazioni della festa del 25 aprile, che nel decorso mese hanno avuto un seguito con la visita in Alto Adige del Presidente Giorgio Napolitano, bisogna dire che c’è stata un’altra RESISTENZA e  ci sono stati altri PARTIGIANI, altri RESISTENTI. Una resistenza che è stata chiamata INSORGENZA: la resistenza dei gruppi e dei ceti per lo più popolari che si sono sollevati contro la rivoluzione francese, predicata bene ed attuata male (es., Vandea), contro Napoleone e le sue guerre di conquista: le insorgenze europee di Belgio, Spagna, Italia, Tirolo, ecc., rozzamente rimosse dalla propaganda francese, savoiarda e risorgimentale.

 

 

Oggi la si deve ristudiare e recuperare in termini di revisione storica  

Dal sito .../insorgenza.ppt si scaricano i “Lineamenti dell’Insorgenza

Italiana” che contengono delle cartine che fanno capire visivamente

che cosa dev ’essere stata e quanto è costata l’ “INSORGENZA” in Italia,

dal 1792 (Piemonte con la cosiddetta “guerra delle alpi”) al 1814.

Duecentomila morti ci è costata; centomila al Sud, perché pare che i

generali francesi -Championnet, Duhesme- con le genti meridionali

abbiano proprio esagerato quanto a rappresaglie. Fra questi morti ci

sono il tirolese Andreas Hofer, fucilato a Mantova dai francesi nel

febbraio del 1810 e la mia compaesana Antonietta De Nisi passata per

le armi in quel di San Severo (FG) nel mese di marzo del 1799. 

Dell’oste Andreas Hofer, a buon diritto celebrato come eroe e martire

dell’ “INSORGENZA” tirolese contro i francesi ed i bavaresi loro alleati, se

ne sa abbastanza non solo in Tirolo ed in Sud Tirolo (Alto Adige) ma

anche in Italia; invece, della “vastasa” (zoticona incolta) ‘Ntunetta

“ ’a Scazzosa” fino a quando (seconda metà degli anni ’90) alcuni ricer_  

catori di “microstorie”  (la professoressa Teresa Rauzino ed il giornalista

Marco Brando) non ne recuperarono il ricordo travasandolo in Internet non se ne sapeva proprio niente.

 In breve la “storia” di Antonietta De Nisi è questa.

 

Nell’epoca della Repubblica Partenopea, le truppe francesi (napoleoniche) si stanziarono a Foggia agli inizi del 1799, mettendo dei presidi in diversi comuni minori della provincia per provvedere al vettovaglia_ mento”: fra questi, anche San Severo, mio paese natale. Gli abitanti dell’antico feudo templare si stancarono presto del “vettovagliamento”, diventato vero e proprio saccheggio, e così presero a protestare contro i compaesani giacobini che avevano chiamato i francesi. Dalle proteste alle vie di fatto il passo fu breve, tanto che il 22 febbraio del 1799 andarono nello spiazzo dove era stato eretto “l’albero della libertà”, lo spiantarono e nel buco rimasto gettarono le teste di una diecina di “francisi”, ovverossia dei paesani giacobinizzatisi, ammazzati nei pressi del gabbiotto della gabella, dove si pagava il dazio al Principe di Sangro. Anche il gabbiotto fu abbattuto! (Già che c’erano… unirono l’utile al dilettevole).

I francesi dell’acquartieramento di Foggia, venuti a conoscenza del fattaccio, inviarono il giorno dopo una colonna di 6.000 uomini con alcune bocche da fuoco che, entrati nel paese da due direzioni diverse, ingaggiarono una vera e propria battaglia con i sanseveresi e con quanti dai paesi vicini (Torremaggiore, sopratutti) erano accorsi a dar man forte ai conterranei. Una cannonata aprì uno squarcio nella facciata del palazzo Recca, oggi ancora esistente. La sera seguente -25 febbraio- si contarono un centinaio di morti fra i soldati e non meno di 400 fra i civili, in mezzo ai quali 11 donne ed una bambina.

Il generale Duhesme, poi, minacciò per giorni di dar fuoco all’intero abitato, ormai svuotatosi di buona parte dei “vastasi” (ed i monasteri dei monaci); ma indotto a più miti consigli alla fine si “limitò” a terminare il saccheggio ed mandare a morte l’Antonietta detta “ ‘a Scazzosa”: fucilata il 6 marzo 1799 davanti alle colonne di palazzo Celestini, oggi municipio. Dall’anno seguente (1800) fino al 1861

La chiesa della Croce Santa, allora fuori del paese sulla strada di Lucera, ogni 25 febbraio prese a ricordare il bagno di sangue col suono delle campane a morto. Ma dopo l’invasione dei piemontesi, l’usurpazione del trono delle Due Sicilie da parte del mefistofelico re sabaudo con le conseguenti “pulizia entica” (1.500.000 morti fecero i “savoiardi”!) e spoliazione economica del Meridione (448 milioni di £ oro delle riserve del Regno incamerati direttamente, i depositi del Banco di Napoli incamerati con la fusione del BNP col Banco di Sardegna; terreni demaniali per migliaia e migliaia di “versure” requisiti, quadri arazzi ed argenterie trafugati dalle regge di Napoli e di Caserta), la commemorazione col suono delle campane a morto cessò.

E NON E’ STATA PIU’ RIPRESA! Non soltanto popolazione, territorio e risorse economiche ci hanno rurbato i malefici Savoja. MA ANCHE LE MEMORIE! Non ci sarebbe potuto essere sfregio peggiore, per i meridionali.

                                          Salvatore Santamaria

Bolzano, 8 maggio 2008

 

    PS. La conoscenza del PASSATO è condizione  per ben interpretare                il presente.
Una comunità che dimentica il proprio passato
è incapace di far fronte al proprio presente
ed è condannata a diventare vittima del proprio FUTURO!

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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