Più volte, ma in diverse occasioni, ho avuto l’opportunità di leggere, dai quotidiani locali e da quelli nazionali, o di ascoltare, dai telegiornali nostrani e regionali, i dati relativi all’aumento del turismo a Caserta, o forse dovrei dire della crescita del numero dei visitatori accorsi alla Reggia di Caserta. In quanto, come molti lettori già sanno, tra la città ed il complesso vanvitelliano corre una bella differenza non soltanto gestionale, ma, spesso, anche politica, economica, culturale e sociale. Tale successo è stato sottolineato, attraverso svariati interventi, in diversi momenti dall’assessore ai Beni Culturali della Regione Campania Marco Di Lello. Questi, oltre a rimarcare le potenzialità insite nella reggia casertana, quale grande attrattore internazionale, ha, giustamente dal canto suo, espresso enorme soddisfazione per i risultati, ma anche per la conduzione, dei percorsi serali in corso nel parco reale. Le dichiarazioni dell’assessore, come i contributi della stampa, non sono di certo delle fantasie inventate di sana pianta. I dati, forniti dalla società Arethusa, concessionaria dei servizi aggiuntivi al palazzo reale casertano, parlano chiaro. C’è stato un aumento del numero dei turisti, negli ultimi mesi, pari al 30%. Inoltre è anche accresciuta la richiesta di alcuni servizi, come quello della didattica museale, ad esempio, e della ristorazione. In sostanza si può dire che l’andamento generale della gestione della reggia attraversa un momento più che positivo, e quindi chi ha investito, sia privatamente che pubblicamente, nelle ricchezze economiche e culturali del palazzo può esser certo di aver fatto una buona operazione. Ma, come insegna il proverbio, non è tutto oro ciò che luccica. Il verificarsi di alcuni episodi, che non sto qui a ricordare, durante il periodo estivo, mi ha indotto a pensare che, ancora una volta, dietro i fasti borbonici della regal residenza casertana si nascondono le solite problematiche di indubbia risoluzione. Nonostante sia cambiata la gestione ai vertici, attualmente la carica di Soprintendente reggente è stata affidata all’architetto Enrico Guglielmo di Napoli, la cosiddetta “base” non sembra esser affatto mutata. Per “base” si intende anche quella parte vivente del museo composta da ambulanti e da persone di vario genere che, quotidianamente, propongono ai turisti qualsiasi prodotto non confacente a quello che dovrebbe essere il marchio di qualità della residenza vanvitelliana. I servizi sono inefficienti, il personale di custodia non assolve i propri compiti di vigilanza, alcune sale degli appartamenti storici sono chiuse per inspiegabili motivi, e purtroppo non sono solo questi i moventi che inducono a riflettere sulle mancate adempienze presenti nella amministrazione del palazzo borbonico. A tali tristi vicende ci sono da aggiungere anche i disagi che creano molti visitatori. Da una analisi psicologica fatta sugli utenti della reggia, pare che la maggior parte delle persone che vi accorrono siano spinti da esigenze tutt’altro che culturali. Generalmente la dimora vanvitelliana è percorsa da gente che vuole soltanto usufruire del parco per farvi delle scampagnate o per esercitare attività calcistiche e podistiche. E questo non è un dato relativo unicamente all’utenza casertana o della Terra di Lavoro, come pure non è un discorso afferente a chi proviene da Napoli o dal resto della Campania. Il complesso borbonico è invaso giornalmente da comitive provenienti da ogni parte d’Italia che hanno più o meno le stesse intenzioni su menzionate, e non è raro vedere gruppi di stranieri che si comportano allo stesso modo di quelli italiani. Tali atteggiamenti sono a dir poco nocivi per l’immagine del museo, ma anche per la sua sopravvivenza fisica. Il problema è che tutta questa gente agisce in maniera indisturbata, e forse si sente anche in diritto di comportarsi in maniera alquanto discutibile proprio perché non c’è nessuno all’interno del palazzo che faccia osservare i regolamenti vigenti. Ma la mancata fruizione culturale da parte dei visitatori non è una colpa da addossare solo a loro. I turisti che si accingono a “consumare” un museo sono, nella stragrande maggioranza dei casi, delle persone digiune di fatti o realtà prettamente culturali. Spesso si improvvisano turisti della domenica perché sospinti da semplici curiosità o perché sono stati invogliati da amici e parenti già fruitori di uno specifico edificio storico. E’ ovvio che il turista sprovvisto abbia bisogno di una serie di servizi che agevolino la sua permanenza nel complesso monumentale. La segnaletica, l’ufficio informazioni, la cordialità del personale impiegato, l’agibilità dei servizi igienici sono il fondamento per una corretta fruizione di un museo. A questi poi devono aggiungersi altre competenze quali: le visite guidate condotte da personale specializzato, la possibilità di effettuare percorsi differenziati, l’opportunità di acquistare prodotti culturali e “ricordi” di pregio che distinguano la tipicità del posto. Le voci suddette rientrano negli standard minimi di qualità previsti per tutti i musei nazionali. Ma se in uno specifico monumento vengono a mancare tali presupposti cessa l’esistenza stessa dell’istituzione museale. Purtroppo sembra che nella reggia casertana tali condizioni siano assenti da un bel po’ di tempo, sempre ammesso che siano mai esistiti. Il palazzo reale vanvitelliano ogni giorno che passa sembra divenire una struttura tutt’altro che culturale, ma un contenitore dove si può fare di tutto. Non ultime, e come sta accadendo già da un paio di anni, sono anche le manifestazioni che vi organizzano, gli enti pubblici e privati, a danneggiare la sua caratterizzazione storico-artistica. La reggia viene spesso scelta come set cinematografico, come sito per concerti musicali rock, vedi Elio e le Storie Tese o il prossimo evento di Springsteen, ma anche come locale per feste private; risale alla scorsa settimana la cerimonia, con tanto di balli e pregiatissime pietanze, organizzata dalla Finmec in onore dei suoi dirigenti aziendali prossimi al pensionamento. Tutto ciò è cronaca quotidiana, il presente contributo non vuole certo elencare tutti gli spettacoli già svolti e quelli previsti in calendario per i prossimi mesi. Il palazzo borbonico casertano sta divenendo quindi sempre più una realtà sovra-museale fruibile da tutti ed in qualsiasi modo. Del resto sembra che per poter usufruire della reggia nei modi più svariati non sia neanche tanto difficile dal punto di vista burocratico. Davanti a tale stato di cose credo bisogna porsi con una attenta riflessione che faccia luce anche sul mutamento sociale e culturale dei nostri tempi, e che possa spinger chi crede ancora in certi valori ad attivarsi in modo da far cambiare le attuali condizioni di direzione dei musei nostrani e nazionali. A tal proposito è d’obbligo ricordare negativamente le proposte del passato governo di centro-destra, quando, con l’avallo del ministro Tremonti, si ipotizzavano la stima e la vendita di alcuni beni culturali italiani. E ancora come non considerare le barbarie dei Negromonte, personaggi del romanzo “Di questa vita menzognera” di Giuseppe Montesano, scellerati saccheggiatori, per fini capitalistici, dei musei e delle chiese di Napoli. Le vicende quotidiane e l’attuale letteratura sono piene di queste nefande cronache. La storia, la cultura, l’arte sono in continuo pericolo, forse solo la “ragione”, come durante l’età illuminata, della odierna umanità sensibilizzata potrà sventare il pericolo della sopraffazione delle “divinità dell’ignoranza”. Arcangelo Cocozza |