L’autonomia istituzionale (la Macroregione) può favorire il turismo come uno dei fattori economici di crescita e di sviluppo
Come indicato dalle previsioni del Wttc (World travel and tourism council) nel 2007 il valore del settore viaggi e turismo nel mondo crescerà del 3,9% e in Europa l’incremento previsto è del 2,2%. In Italia purtroppo tale incremento sarà di appena l’1,4%, ben al di sotto rispetto al 7,8% della Croazia, al 4,0% della Grecia, al 2,8% della Spagna, al 2,5% dell’Austria ed all’1,8% della Francia. Tutti Paesi che, tranne l’Austria, si affacciano sul bacino del Mediterraneo dove si concentra buona parte degli arrivi del turismo mondiale: infatti, nel 2006, ben 163,7 milioni di vacanzieri si sono fermati nell’area mediterranea europea. Questi Paesi, inoltre, non hanno il primato italiano di ben 41 siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, ovvero migliaia di chilometri di coste, arte e cultura, storia, folklore e tradizioni gastronomiche uniche; però riescono a conquistare ospiti sulla base di un rapporto qualità-prezzo migliore. Lo Stato, inoltre, per quanto concerne il comparto “turismo”, ha, in questi Paesi, un ruolo assolutamente rilevante come si evince dai seguenti dati statistici:
Investimenti nel turismo su tot. investim. (in %) 1. Grecia 14,4 2. Spagna 14,1 3. Austria 12,8 4. Portogallo 10,8 5. Croazia 9,8 6. Regno Unito 8,5 7. Italia 8,3
Spesa Stato nel turismo sul tot. spesa Stato (in %) 1. Grecia 8,1 2. Spagna 6,5 3. Portogallo 6,0 4. Austria 4,7 5. Italia 3,5
Valore del turismo sul Pil (in %) 1. Croazia 8,5 2. Grecia 7,4 3. Spagna 6,8 4. Portogallo 6,5 5. Austria 6,1 6. Italia 4,2
Spesa turisti stranieri sul Pil (in %) 1. Croazia 19,38 2. Grecia 6,09 3. Austria 5,07 4. Portogallo 4,33 5. Spagna 4,25 6. Italia 2,03 uNegli anni Cinquanta l’Italia era la terza destinazione turistica al mondo dopo USA e Canada. Nel 1970 l’Italia risultava essere la principale destinazione turistica mondiale davanti a Canada, Francia, Spagna e USA. Nel 1990 l’Italia scendeva al quarto posto dopo Francia, USA e Spagna. Oggi la Francia è la prima con una quota del 9,4%, seguita da Spagna (6,9%), USA (6,1%), Cina (5,9%) e Italia (4,9%). Restando in Italia il Nord risulta essere l’area turistica per eccellenza e assorbe il 39,4% delle vacanze degli italiani. Il Sud si attesta, invece, solo intorno al 24%. L’Emilia-Romagna è la Regione più visitata dagli italiani seguita da Lombardia e Toscana. Per quanto concerne gli arrivi la prima destinazione risulta essere Roma con 9 milioni circa l’anno, seguita da Venezia con 7 milioni circa. Milano e Bolzano sono quasi alla pari con 5 milioni circa. Poi si posizionano Firenze (3,5 milioni), Trento (poco più di 3 milioni) e Rimini (3 milioni circa). Resta ancora bassa (14,8%) la quota di turisti stranieri che si recano per le vacanze nelle Regioni del Sud, invece il 52% di essi preferisce il Nord Italia. In Italia mancano le reti alberghiere low cost, i prezzi sono meno competitivi nello scenario internazionale e si attraggono ancora poco gli investitori stranieri. Dai dati summenzionati emerge che l’Italia è superata da Paesi come Grecia, Spagna e Portogallo dove lo Stato investe molto di più nel turismo; per quanto riguarda poi le nostre Due Sicilie il ritardo verso questi 3 Paesi del Sud Europa, verso la stessa Croazia (dove il turismo è l’8,5% del Pil e gli stranieri spendono quasi il 20% sul Pil) è inaccettabile considerando inoltre che gli stranieri preferiscono il Nord Italia rispetto al Sud. Come è possibile, inoltre, che Napoli, Palermo e le altre bellissime città del Sud non siano fra le prime? Anche questo è inaccettabile! Come si evince dal caso della Croazia il turismo potrebbe essere uno dei motori dello sviluppo delle Due Sicilie se le sette Regioni (otto con parte del Lazio) ed i 20 milioni di abitanti potessero godere di un grado autonomia tale da far valere i propri interessi rispetto a quelli del CentroNord. Priorità per lo sviluppo dovrebbero essere nell’ordine cronologico:
1) creazione di una nuova classe politica e dirigente che si indirizzi esclusivamente agli interessi del Sud (così come è già accaduto da decenni nel Nord) 2) creazione di una Macroregione Due Sicilie la cui classe governante, diversa da quella attuale, possa delineare e perseguire con decisione e fermezza le linee guida dello sviluppo ovvero: a) sicurezza, ovvero lotta alla criminalità organizzata; nessuno verrà ad investire nel Sud se ci sarà ancora questo senso di insicurezza palese b) infrastrutture; nessuno verrà ad investire nel Sud, anche nel turismo, se non troverà un sistema articolato di porti, aeroporti ed autostrade efficiente e moderno c) tassazione sui redditi che permetta di attrarre investimenti stranieri; anche dopo aver migliorato sicurezza ed infrastrutture nessuno verrà ad investire nel Sud se altri Paesi, vedi per esempio quelli citati in precedenza, saranno dal punto di vista fiscale, più convenienti
Il ritardo accumulato in 147 anni di storia è tanto, non siamo più il Terzo Paese al mondo per sviluppo industriale; però nulla è perduto, a mio parere, gli esempi che ho citato sono eloquenti. Cosa erano Spagna, Portogallo, Grecia ed anche la Croazia solo 10 o 20 anni fa. L’unico loro vantaggio rispetto alle Due Sicilie era l’autonomia politica ed economica. Dobbiamo tornare a guidare le nostre scelte. Le varie riforme sul federalismo fiscale possono, paradossalmente, darci una mano in questo senso. Bisogna però risvegliare nelle nostre coscienze il senso di appartenenza ad un Popolo glorioso che ha avuto, prima dell’unità d’Italia, 730 anni di storia anche gloriosa. Dobbiamo tornare ad avere, abruzzesi, molisani, (parte dei) laziali, campani, pugliesi, lucani, calabresi e siciliani, il senso identitario di appartenenza a questo Popolo. E questo il prima possibile!
Luca Longo |