Istituto Cervantes, Napoli, 14 febbraio 2004 Gennaro De Crescenzo Il 1799 oggi
Negli ultimi tempi, di fronte ad una Napoli e ad un Sud sempre meno rappresentati e sempre pi? dimenticati, avanzano la rabbia e la voglia di fare qualcosa, di far sentire e di creare, finalmente, una classe dirigente veramente napoletana, veramente meridionale. Tutte ambizioni e tutte tensioni condivisibili, giuste e logiche. Ma (e ce lo chiediamo da oltre dieci anni), ? possibile creare una classe dirigente, una nuova Napoli e un nuovo Sud senza una ricostruzione completa della nostra identit?? E' possibile fare "politica" nel senso etimologico e pi? pieno del termine con napoletani e meridionali privi di memoria storica, di una base culturale e di una consapevolezza profonda e autentica? E' possibile sfidare i vecchi nemici settentrionali, quelli che riconosciamo ormai da 140 anni, o i nuovi nemici di oggi, i nostri finti difensori, quelli che riconosciamo con pi? fatica perch? magari hanno il nostro stesso accento ma magari si sono svenduti il nostro Banco di Napoli (altro che Parmalat), tanto per fare un solo esempio? E allora il 1799 diventa sorprendentemente utile e attuale. Diventa un test importante per capire quante radici abbiamo recuperato o quanta verit? storica abbiamo ricostruito con la nostra battaglia delle idee per capire quanti nemici abbiamo ancora di fronte. E il filo rosso ? veramente chiaro e netto: pochi e contro il popolo i giacobini di ieri, pochi e contro il popolo i giacobini di oggi, a prescindere dal tempo (due secoli, un secolo fa o oggi), a prescindere da schieramenti di destra o di sinistra, sempre pi? virtuali e sempre meno legati alla vita reale che viviamo quotidianamente nelle nostre citt?.
E allora non c'? nessun dubbio che chi ancora oggi sostiene la bont? o l'eroismo dei giacobini del '99 ? giacobino ancora oggi e non ha nessun rapporto con il nostro popolo, lo ignora o lo disprezza.
Chi si rifiuta di farsi definire "borbonico" senza capire che non stiamo parlando di inutili nostalgie monarchiche non sar? mai in grado di rappresentare il Sud. Fatelo davvero questo test e di fronte ai primi dubbi, ai primi "se" e ai primi "ma", potete essere sicuri di trovarvi di fronte ad un napoletano o ad un meridionale nato qui ma non di qui: esattamente come i nostri politici o i nostri intellettuali ancora oggi impegnati a difendere i falsi eroi della repubblica o del cosiddetto "risorgimento". Nei prossimi anni lo scontro pi? significativo e delicato sar? quello tra una cultura sradicata e una cultura radicata.
Da una parte una cultura che piantava alberi della libert? al largo di Palazzo e continua a piantarli con miliardi pubblici sotto forma di "montagne di sale" o "labirinti" continuando ad offendere quella piazza e la memoria storica che rappresenta. Dall'altra parte una cultura che, senza finanziamenti e con un successo inaspettato organizza serate come questa o manifestazioni come quella presso la RAI qualche domenica fa,? pubblica libri come quello che presentiamo stasera (si tratta, ? bene sottolinearlo per capirne il successo, di una ristampa) continuando a difendere tradizioni, valori, memorie storiche, cose e luoghi che sono sacri per il passato che rappresentano e non come vuoti contenitori di culture lontane e senza legami con la nostra terra.
Da una parte una cultura "pronta a intrattenere i generali nemici "(come disse Mazzini in un momento di lucidit?) per ottenere favori e gratificazioni personali due secoli fa, a lamentarsi con questo o quel governo oggi per il finanziamento da richiedere (a proposito: dov'? il bilancio dei due miliardi spesi dal comitato per le celebrazioni del bicentenario?).
Qualche giorno fa il segretario degli Studi Filosofici, simbolo permanente di ci? che stiamo dicendo, rispondendo ad un articolo sul "Corriere", sottolineava la necessit? di continuare a finanziare le loro attivit? "perch? Napoli non ha classi dirigenti" e servono sempre di pi? i seminari, le mostre e i convegni di palazzo Serra di Cassano. In una mia risposta mai pubblicata io gli chiedevo di elencarci quante centinaia di seminari e mostre avevano organizzato da quasi vent'anni e quante decine di miliardi ci erano costati.
Gli chiedevo se e a chi erano servite le 300 lezioni su Campanella, che ricaduta reale avevano avuto le pubblicazioni sulla De Fonseca o quante classi dirigenti si erano formate con gli incontri "sulla filosofia pre-romantica in Romania".
Evidentemente sarebbe necessaria una semplice e sana autocritica: in tutti questi anni chi avrebbe dovuto formarla questa classe dirigente? E se loro non ci sono riusciti sperperando miliardi anche nostri, non sarebbe il caso di chiuderlo quell'istituto e di restituire le chiavi del famoso portone al portiere, invece di aprirlo e chiuderlo in presenza di questo o quel politico finanziatore di turno? Ma noi andiamo avanti sulla strada della ricostruzione di radici e orgoglio in quella che ormai ? diventata una vera e propria "guerra di posizione".
E se usiamo il '99 come specchio chiaro di questa situazione (ancora pi? chiaro, forse, dell'unificazione), ci rendiamo conto dei passi avanti che abbiamo fatto, colpo su colpo, manifestazione su manifestazione, libro su libro.
Nell'ultimo eclatante caso della Sanfelice televisiva, ad esempio, sono capitate alcune cose che ? giusto sottolineare: abbiamo costretto i nostri avversari ad arretrare. Si trattava di un brutto film, lento e recitato male, un flop televisivo, tra l'altro, finanziato con denaro pubblico e spacciato come "prodotto di interesse artistico e culturale" e ogni napoletano che si rispetti e che almeno un po' ami la sua citt? non pu? non essersi sentito offeso, a meno che non si chiami Marotta, Gerardo Marotta... Il popolaccio cattivo, il Borbone che non sa leggere e che lascia tutto e va a caccia, la Sanfelice santa e martire... tutto il repertorio da libro di scuola materna che conosciamo bene: e peccato solo che l'avv. Marotta non abbia fatto in tempo a fornire una sua consulenza in merito quando ha riferito ad un giornalista che Maria Carolina era una tangentista e Ferdinando "rovesciava sui diplomatici stranieri i suoi vasi da notte". Indifendibile, patologico e indifendibile.
E i nostri avversari arretrano. Hanno dovuto dire bugie anche esagerate: parlano di 8000 morti di parte franco-giacobina in una risposta ad una bella lettera di una nostra amica e utilizzando cos? una nostra cifra riportata da Thiebault a proposito dei massacri operati a Napoli in tre giorni; "la cifra di ottomila morti di parte repubblicana ? molto probabile", dichiara Gargano, "ma i nostri ricercatori stanno ancora ricercando"... dopo tutti questi anni e tutti questi miliardi.
I nostri avversari rinnegano quanto affermato appena qualche anno fa scaricando i francesi (ma Marotta non aveva ricevuto, mi pare, la "legion d'onore" da Mitterand?) e attribuendo solo a loro le colpe di massacri e saccheggi e..."frutto di una vanteria di qualche generale... cifre inventate di sana pianta dai traditori francesi....", dichiarano quando noi li incalziamo con il diario del generale Thiebault: quello che aveva definito Napoli "un immenso campo di carneficine" provando piet? per quello che aveva compiuto (aveva dato ordine di bruciare case, palazzi e persone...), quello che dichiara di aver passato "a fil di spada non meno di sessantamila napoletani sulle ceneri delle loro capanne"...
Tutte vanterie, tutte bugie: come se non esistessero decine di cronache tutte ugualmente tragiche o decine di incisioni e quadri o dei precedenti in tutto il mondo per i criminali francesi. "Si vede che non hanno conoscenza della nostra rivoluzione nei suoi precisi particolari perch? prendono per moneta contante tutte le belle cose che noi scriviamo..." scrive Jullien, segretario della Repubblica.
E non ci sono dubbi: o i nostri giacobini erano in buona fede ed (usando un eufemismo) erano davvero stupidi per non capire tutto questo oppure erano consapevoli e complici e le condanne a morte dei Borbone furono fin troppo poche per quello che, per loro colpa, soffr? il popolo napoletano. Certo ? che per la prima volta dopo due secoli i nostri avversari hanno dovuto riconoscere, comunque e solo grazie al nostro lavoro e a libri puntuali e appassionati come quello di Di Giovine (l'hanno letto in tanti, in tantissimi, anche nei loro istituti), che ci furono massacri e saccheggi.
Ora tocca ancora a noi continuare a raccontarle queste storie perch? le conclusioni sono fin troppo facili: altro che Sanfelice "da riabilitare". Qui c'? tutto un popolo da riabilitare e da salvare. Una memoria storica non si costruisce basandola sulle prostitute o sui criminali, sui traditori o sulle bugie e (ci dispiace molto per Ciampi) l'identit? nazionale non ? stata mai costruita e non sar? mai costruita con queste basi.
E allora tocca a noi e sappiamo che il cammino ? lungo ma utile e necessario. Qui non si parla di delfini o di foche, di "societ? civili" o di "campagne per la legalit?": ? tutto pi? difficile perch? parliamo di orgoglio, di radici, di identit?, di riscatto ma i risultati raggiunti fino ad oggi nonostante tutto e tutti ci fanno capire che la nostra strada, quella della verit?, ? l'unica possibile ed ? quella giusta.
? ??Nei pressi dell'entrata del?Molo Angioino del?porto di Napoli, completamente dimenticato, si trova questo obelisco realizzato nel 1799 a?ricordo dell'eroica impresa del Cardinale F.Ruffo.?
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