Spesso, mi soffermo ad osservare i ruderi di qualche antica masseria, le facciate di vecchie chiesette, case e palazzi. Ogni volta mi chiedo di quanti e di quali episodi della nostra Storia, quei muri sono stati testimoni. Chi abitava la? Come si chiamava quella famiglia? Come vestivano? Come vivevano? Sovente, quando mi capita tra le mani qualche vecchia fotografia ottocentesca che ritragga i nostri antichi Sovrani, ufficiali e soldati, briganti o gente comune, il mio sguardo indugia soprattutto sui loro occhi. A cosa stavano pensando in quel preciso istante? Quanto dei loro pensieri è rimasto bloccato per sempre sulla carta ingiallita dal tempo? Quali erano state le loro azioni e le loro parole prima e dopo quel lampo al fosforo? Vorrei penetrare la profondità di quegli occhi, scavare nei sedimenti del tempo per rubare il segreto della loro composta fierezza, della loro dignità. Vorrei poter carpire un po’ di quella identità non ancora mortificata, repressa, strangolata dalla protervia, dall’ignoranza di chi si dichiarava “fratello” e alla fine si è rivelato solo un Caino. L’identità: un elemento raro e prezioso di cui siamo alla continua e disperata ricerca, che ci sfugge continuamente, proprio mentre crediamo di averne delineato i contorni ed averne assaporato l’essenza: la nostra identità più vera è lì da qualche parte, cristallizzata nel buio di quegli occhi. Chi oggi usa (o semplicemente abusa) della parola “identità” farebbe prima a richiamare in vita un fantasma, a produrre la materializzazione di un ectoplasma…Ho paura che la nostra identità sia purtroppo ridotta ad uno straccio, un vestito troppo liso per poter essere indossato. Molti ne parlano…spesso a sproposito, ma l’identità, così come sgorgava da quasi mille anni di Storia, è stata ferita mortalmente con la fine della nostra Nazione…Insieme alla cultura alla civiltà e alla dignità di un popolo essa è perita nei bombardamenti di Gaeta…con i migliori tra noi è emigrata in tutto il mondo, riposta in una valigia di cartone… E’ marcita nel fango di una trincea sul Carso, ridotta a brandelli su una concertina insanguinata da mille assalti…giace sotto la sabbia infuocata dell’Africa settentrionale, dispersa nelle immense pianure della Russia, solo per la gloria della croce savoiarda e la grandezza di un’Italia ingrata che non sa fare altro che disprezzare e bistrattare un Sud a cui invece deve praticamente tutto. Quel che resta della nostra identità, e con essa la nostra dignità, è ben poca cosa...Le vediamo svendute ogni giorno a quattro soldi da politicanti e camorristi….Oramai, nemmeno gli stereotipi di “sole, mare, pizza e mandolino” possono esserci d’aiuto. Guardiamoci in faccia, guardiamoci attorno, cosa siamo diventati? Cosa crediamo di essere? Come gli indiani delle riserve viviamo la modernità dei nostri giorni assorbendo solo la parte più deteriore del progresso, ingurgitando tutto quello che questa Italia da fallimento ritiene di poterci destinare. Nonostante tutto, siamo felici così, beati nella nostra inossidabile indifferenza, magari esibendo un cellulare di ultima generazione, mentre la nostra terra muore tra montagne di rifiuti e ettari di boschi ridotti in cenere…. Ritrovare la nostra identità? Dobbiamo prima imparare a provare rabbia e vergogna e poi chissà, forse un bel giorno….. Teodoro Neoborbonici di Terra di Lavoro |