Carissimi compatrioti,
I SITI BORBONICI IL REGNO DEI BORBONE
( Ultimo Aggiornamento: 13/08/06 )
I SITI BORBONICI Il Comune di Gaeta, esteso per 2847 ettari di terreno ( il più piccolo comune del Sud Pontino ) è solo una espressione geografica ormai. In effetti, oltre due terzi di questo territorio non è amministrabile da parte dei propri cittadini e dei propri rappresentanti nel Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione di altre entità ( Demanio dello Stato, Consorzio industriale, Regione Lazio, FF.SS, servitù militari ). Gaeta, la città che non c’è da oltre un secolo, non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti. Fino al 1.100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria dei piemontesi e della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie, Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio alla monarchia vincitrice che, a sua volta, lo ha consegnato alla Repubblica italiana con la fuga dei sovrani alla fine della seconda guerra mondiale. Gaeta è diventata la cenerentola della nostra provincia, non ha più nerbo politico, non è più il vanto del Sud, non è più la perla del Tirreno. Nel 1861 la città tirrenica fu devastata e rasa al suolo da 160 mila bombe; Cavour impartì ordini distruttivi, da vero criminale di guerra, ordini eseguiti alla lettera dal macellaio Cialdini al quale venne pure data l?onorificenza di Duca di Gaeta. Quelle bombe distrussero caserme, chiese (ve ne erano oltre cento all?interno delle mura), case civili, ospedali, strade, fogne e soprattutto la dignità e la memoria storica della gente. I gaetani sembrano amebe, sembrano aver dimenticato il glorioso passato, sembrano accettare un destino che li relegherà sempre più ai margini della società civile. Nel 1860 a Gaeta vi erano due rappresentanti di Stati esteri che controllavano i flussi commerciali tra il nostro circondario e i loro paesi; 300 navi di armatori locali (Leboffe, Matarazzo, ecc ecc) che davano lavoro a 2000 marinai; 64 paranze che davano lavoro e 500 pescatori; due camere di Assicurazioni marittime sorte con capitali locali; 6000 coltivatori diretti che producevano ogni ben di Dio; 300 frantoi che molivano le olive diventate famose in tutto il mondo ( le olive di Gaeta ); fabbriche di pasta, di cordame, di reti da pesca, di sapone, tutte fatte chiudere dalle leggi protezionistiche piemontesi allo scopo di favorire l?industria del Nord; cantieri navali rinomatissimi che davano lavoro a 2000 operai specializzati come mastri d?ascia, calafati, stipettai, falegnami; l?Agenzia del catasto, la Dogana principale; il Fondaco dei sali e dei tabacchi; l?Ufficio del Registro; la Delegazione di Pubblica Sicurezza; l?Ufficio delle verifiche dei Pesi e delle Misure; chiese architettonicamente e artisticamente tra le più belle; il campanile civico di una bellezza incomparabile; il Duomo che conserva lo Stendardo di Lepanto; la chiesa di San Francesco e quella della Trinità visitate da migliaia di credenti e non; reperti e ville romane lasciate oggi nel più completo abbandono; monasteri grandiosi come quelli di Santa Caterina, oggi trasformato in caserma intitolata a Cavour, massacratore della città; monasteri fuori le mura come quello di Zenone, dei Cappuccini e di Sant ’ Agata spropriati alla Chiesa e fatti morire di bombe e di incuria; un demanio pubblico e civico che dava lavoro a centinaia di persone; i bastioni borbonici famosi per la loro grandezza e struttura architettonica all?avanguardia, il castello Angioino - Aragonese famoso in tutto il mondo perché sede di un carcere punitivo voluto dai barbari del Nord per punire l?attaccamento dei gaetani a Casa Borbone. Per risanare il debito pubblico lo Stato ha pensato di vendere i gioielli che i Borbone avevano lasciato alla città tirrenica, e non solo. È in vendita l?oasi naturalistica di Palmarola, il carcere di Santo Stefano, terreni e siti di tutto il Meridione d?Italia che rappresentano il patrimonio storico nonché la materia prima per un turismo non stagionale, oltre che il recupero della propria identità storica e sociale che dovrebbe essere offerta ai turisti attraverso la loro praticabilità attiva, come cornice essenziale per rievocazioni di avvenimenti umani, capisaldi indispensabili per uno sviluppo culturale a cui tutti dovrebbero tendere. Tale sviluppo darebbe lavoro a migliaia di persone da impiegare nelle manifestazioni in costume d?epoca, a guide turistiche. Nascerebbero nuovi artigiani, nuovi commercianti, nuovi alberghi e pensioni e con essi migliaia di posti di lavoro se la città tutta pensasse al turismo come industria, al Comune come azienda guida del settore, che dovrebbe programmare e pianificare tale sviluppo a favore dei privati cittadini che volessero intraprendere tali attività. Affinché ciò avvenga, senza spese per questo Stato indebitato fino all?osso, c?è bisogno, per non gravare sulle tasche dei cittadini, di un Casinò interregionale da adibire nel Castello Angioino che, da luogo di pena, diventerebbe luogo di divertimento e di svago, i cui proventi sarebbero divisi a tutti i cittadini residenti. Gaeta è teatro e sito di beni dal valore inestimabile: tutta la cinta muraria del fronte di Terra è ancora intatta, bisognerebbe solo ?espropriarla ? a questo Stato inetto e colonizzatore dopodichè ripulirla dalle erbacce che l?infestano, e ciò darebbe splendore alla città e i turisti rimarrebbero abbagliati da tanta possanza e da tanta bellezza. Lo Stato piemontese, che molti si affannano a chiamare italiano, ha fatto crescere sui nostri bastioni rovi e spine per nascondere la sua vergogna, mentre ha inondato i beni demaniali torinesi con ben 605 miliardi per ristrutturarli. E non solo, per risanare il debito pubblico, questo Stato ha messo in vendita i nostri tesori: l?ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l?ex batteria di Santo Spirito per 6 milioni; l?ex fabbricato della polveriera Trinità per 600 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipstal per 300 milioni, i bastioni di Via trinità per 100 milioni. Ciò rappresenta un saccheggio di stampo coloniale operato da uno stato sempre più straniero, sempre sorretto dai partiti più disparati, sempre comunque filo nordisti. Questi barbari sono adusi a vendere la storia per il vile prezzo di una esistenza effimera e crapulonica. A noi il compito di abbattere la nuova barbarie. http://www.ventoteneturismo.it/default.asp?sezione=vis_news_edt&id_news=239
Sempre con fierezza e onore Alessandro
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