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Borsellino e i nodi che vengono al pettine PDF Stampa E-mail
Aperto un fascicolo dalla procura di Caltanissetta

Borsellino, indagine su servizi segreti

Per gli inquirenti persone legate agli apparati deviati dei servizi potrebbero aver ricoperto un ruolo nella strage di via D'Amelio
 
ROMA - Potrebbero esserci i servizi segreti dietro alla strage di via D'Amelio in cui morirono il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Questo, almeno, quanto sta cercando di accertare la procura della Repubblica di Caltanissetta che ha aperto un fascicolo d'indagine sulla questione. Secondo l'ipotesi degli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto, Renato di Natale, qualcuno degli apparati deviati dei servizi segreti potrebbe aver ricoperto un ruolo nell'attentato.

NUOVA DOCUMENTAZIONE - In particolare gli inquirenti stanno valutando una serie di documenti acquisiti dalla procura di Palermo e che riguardano il telecomando che potrebbe essere stato utilizzato dagli attentatori. A questo apparecchio è collegato un imprenditore palermitano. I processi che si sono svolti in passato hanno solo condannato gli esecutori materiali della strage, ma nulla si è mai saputo su chi ha premuto il pulsante che ha fatto saltare in aria Borsellino e gli agenti di scorta. Un altro elemento sul quale è puntata l'attenzione degli inquirenti, è «la presenza anomala» di un agente di polizia in via d'Amelio subito dopo l'esplosione. Si tratta di un poliziotto - già identificato dai magistrati - che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano scoperto da una intercettazione che aveva riferito «all'esterno» i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava a San Lorenzo su un traffico di droga.
17 luglio 2007
 

 

Dichiarazione di Borsellino:

"Di quante altre stragi, di quanti altri morti avremo ancora bisogno perché da parte dello Stato ci sia finalmente quella reazione decisa e soprattutto duratura, come finora non è mai stata, che porti alla sconfitta delle criminalità mafiosa e soprattutto dei poteri, sempre meno occulti, a essa legati?". "Di quante altre stragi avremo bisogno - aggiunge - perché venga finalmente rotto quel patto scellerato di non belligeranza che, come disse il giudice Di Lello il 20 Luglio del 1992, pezzi dello Stato hanno da decenni stretto con la mafia e che ha permesso e continua a permettere non solo la passata decennale latitanza di boss famosi come Riina e Provenzano ma la latitanza e l'impunità di decine di 'capi mandamento' che sono i veri padroni sia di Palermo che delle altre città della Sicilia". 

http://www.lasicilia.it/articoli.nsf/%28ArticoliLaSiciliait%29/CC711EDF640ED601C125731A003A5C79?OpenDocument

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